Daron Acemoglu and James Robinson
Allan Meltzer’s article raises a lot of interesting issues. The main argument is that top one percent has increased its share of national income pretty much everywhere, and this underscores that the causes of this trend should be sought in global trends. It is true that there have been important global trends — in particular, skill-biased technological change and growing international trade — increasing the demand for skills. See for example Claudia Goldin and Larry Katz’s magnum opus on this, or this discussion of their book, or this article on technology and inequality. None of this is (very) controversial.
But Meltzer claims more than this — that these trends account for the increase in share of the top one percent in the US. This is much more controversial. First, the book on the share of the top one percent, has been written by Anthony Atkinson, Thomas Piketty and Emmanuel Saez’s careful and painstaking work, see here. They show that the US — to some degree together with the UK — stands apart from others in terms of the extent of the increase in the share of the top one percent in national income. The next chart, which uses their data, summarizes this pattern and shows that the top one percent’s share increased little or not at all in several European countries (but caution: one has to be careful about how capital income, which is not available in every country; so it is definitely useful to read their paper carefully).
Data from Anthony Atkinson, Thomas Piketty and Emmanuel Saez (source).
Second, cross-country differences are even more jarring when one looks at the bottom of the income distribution. Here is the US picture:
There seems to be no equivalent of the 40-year stagnation of median wages in Europe.
Third, it is not clear how the changes in the demand for skills explain the pay explosion for the very very rich. Have technological change and trade with China really increased the demand for the skills uniquely possessed by bond traders and Enron executives all that much?
In summary, there are significant cross-country differences in the trends in inequality, and it is far from obvious that all of these changes are explained by global trends. There is therefore a prima facie case that other factors — and yes, domestic and political ones — have also played a major role in increase in top inequality in the US. This theme is discussed in this interview, and we’ll return to it in another blog soon.
Il reddito dell’uno per cento è lo stesso dappertutto?
di Daron Acemoglu e James Robinson
L’articolo di Allan Meltzer solleva molti temi interessanti. Il principale argomento è che l’uno per cento dei più ricchi avrebbe visto crescere la propria quota di reddito nazionale quasi dappertutto, e questo metterebbe in evidenza che le cause di quella tendenza dovrebbero essere cercate in trends globali. E’ vero che si sono stati importanti trends globali – in particolare, un mutamento tecnologico orientato alla competenza ed un commercio internazionale crescente – che accrescono la richiesta di competenze. Si guardi ad esempio il grande lavoro di Claudia Goldin e Larry Katz su tali temi, o questo dibattito sul loro libro, o questo articolo su tecnologia ed eguaglianza. Sono tutti sostanzialmente concordi.
Ma Meltzer afferma più di questo – ovvero che quelle tendenze spiegano la crescita della quota di reddito dell’1 per cento dei più ricchi negli Stati Uniti. Questo è molto più discutibile. In primo luogo, il libro sulla quota dell’1 per cento dei più ricchi, è stato scritto da Anthony Atkinson, Thomas Piketty ed Emmanuel Saez sulla base di un lavoro accurato e scrupoloso, che si può consultare in questa connessione. Essi dimostrano che gli Stati Uniti – in qualche misura assieme con la Gran Bretagna – si differenziano dagli altri paesi quanto alle dimensioni della crescita della quota dell’1 per cento dei più ricchi del reddito nazionale. Il diagramma successivo, che utilizza i loro dati, sintetizza questo modello e mostra che la quota dell’1 per cento dei più ricchi è cresciuta poco o niente in parecchi paesi europei (ma attenzione: si deve essere scrupolosi a proposito dei redditi da capitale, che non sono disponibili per ogni paese; dunque è certamente utile leggere il loro saggio con attenzione).
Dati da Anthony Atkinson, Thomas Piketty and Emmanuel Saez (fonte).
In secondo luogo, differenze nei confronti dei vari paesi sono anche più stridenti quando si guarda alle parti basse della distribuzione del reddito. Questo è il quadro relativo agli Stati Uniti:
Non sembra esserci niente di simile ai 40 anni di stagnazione dei salari intermedi in Europa.
In terzo luogo, non è chiaro in che senso i cambiamenti nella domanda di più elevate competenze spieghino l’esplosione dei guadagni della categoria dei ricchissimi. Avere mutamenti tecnologici e nel commercio con la Cina accresce realmente di così tanto la domanda per le competenze che sono unicamente possedute da coloro che operano sui bonds o dagli amministratori delegati della Enron?
In conclusione, ci sono significative differenze nel confronto tra i vari paesi quanto a tendenze dell’ineguaglianza, ed è tutt’altro che certo che tutte queste differenze possano essere spiegate con le tendenze globali. Pertanto, ad una prima impressione, parrebbe che altri fattori – in effetti, quelli di natura interna e politica – abbiano giocato un ruolo importante nella crescita dell’ineguaglianze a favore dei più ricchi negli Stati Uniti. E’ un tema discusso nella intervista in questa connessione, e ci torneremo sopra presto in un altro blog.
By mm
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