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Denaro in cambio di niente (New York Times 26 luglio 2012)

 

Money for Nothing

By PAUL KRUGMAN
Published: July 26, 2012

 

For years, allegedly serious people have been issuing dire warnings about the consequences of large budget deficits — deficits that are overwhelmingly the result of our ongoing economic crisis. In May 2009, Niall Ferguson of Harvard declared that the “tidal wave of debt issuance” would cause U.S. interest rates to soar. In March 2011, Erskine Bowles, the co-chairman of President Obama’s ill-fated deficit commission, warned that unless action was taken on the deficit soon, “the markets will devastate us,” probably within two years. And so on.

 

Well, I guess Mr. Bowles has a few months left. But a funny thing happened on the way to the predicted fiscal crisis: instead of soaring, U.S. borrowing costs have fallen to their lowest level in the nation’s history. And it’s not just America. At this point, every advanced country that borrows in its own currency is able to borrow very cheaply.

 

The failure of deficits to produce the predicted rise in interest rates is telling us something important about the nature of our economic troubles (and the wisdom, or lack thereof, of the self-appointed guardians of our fiscal virtue). Before I get there, however, let’s talk about those low, low borrowing costs — so low that, in some cases, investors are actually paying governments to hold their money.

For the most part, this is happening with “inflation-protected securities” — bonds whose future repayments are linked to consumer prices so that investors need not fear that their investment will be eroded by inflation. Even with this protection, investors used to demand substantial additional payment. Before the crisis, U.S. 10-year inflation-protected bonds generally paid around 2 percent. Recently, however, the rate on those bonds has been minus-0.6 percent. Investors are willing to pay more to buy these bonds than the amount, adjusted for inflation, that the government will eventually pay in interest and principal.

So investors are, in a sense, offering governments free money for the next 10 years; in fact, they’re willing to pay governments a modest fee for keeping their wealth safe.

 

Now, those with a vested interest in the fiscal crisis story have made various attempts to explain away the failure of that crisis to materialize. One favorite is the claim that the Federal Reserve is keeping interest rates artificially low by buying government bonds. But that theory was put to the test last summer when the Fed temporarily suspended bond purchases. Many people — including Bill Gross of the giant bond fund Pimco — predicted a rate spike. Nothing happened.

Oh, and pay no attention to the warnings that any day now we’ll turn into Greece, Greece I tell you. Countries like Greece, and for that matter Spain, are suffering from their ill-advised decision to give up their own currencies for the euro, which has left them vulnerable in a way that America just isn’t.

 

So what is going on? The main answer is that this is what happens when you have a “deleveraging shock,” in which everyone is trying to pay down debt at the same time. Household borrowing has plunged; businesses are sitting on cash because there’s no reason to expand capacity when the sales aren’t there; and the result is that investors are all dressed up with nowhere to go, or rather no place to put their money. So they’re buying government debt, even at very low returns, for lack of alternatives. Moreover, by making money available so cheaply, they are in effect begging governments to issue more debt.

 

And governments should be granting their wish, not obsessing over short-term deficits.

Obligatory caveat: yes, we have a long-run budget problem, and we should be taking steps to address that problem, mainly by reining in health care costs. But it’s simply crazy to be laying off schoolteachers and canceling infrastructure projects at a time when investors are offering zero- or negative-interest financing.

 

You don’t even have to make a Keynesian argument about jobs to see that. All you have to do is note that when money is cheap, that’s a good time to invest. And both education and infrastructure are investments in America’s future; we’ll eventually pay a large and completely gratuitous price for the way they’re being savaged.

 

That said, you should be a Keynesian, too. The experience of the past few years — above all, the spectacular failure of austerity policies in Europe — has been a dramatic demonstration of Keynes’s basic point: slashing spending in a depressed economy depresses that economy further.

So it’s time to stop paying attention to the alleged wise men who hijacked our policy discussion and made the deficit the center of conversation. They’ve been wrong about everything — and these days even the financial markets are telling us that we should be focused on jobs and growth.

 

Denaro in cambio di niente, di Paul Krugman

New York Times 26 luglio 2012

 

Per anni, persone ritenute serie hanno rilasciato terribili ammonimenti sulle conseguenze di grandi deficit di bilancio – deficit che sono in modo preponderante conseguenze della nostra prolungata crisi economica. Nel maggio del 2009, Niall Ferguson di Harvard dichiarò che “l’onda montante della emissione del debito” avrebbe portato alle stelle i tassi di interesse statunitensi. Nel marzo del 2011, Erskine Bowles, il copresidente della infelice commissione sul deficit del Presidente Obama, mise in guardia che se non si fosse presa rapidamente una iniziativa sul deficit “i mercati ci (avrebbero) mandato in rovina”, probabilmente entro due anni. E così via.

Ebbene, suppongo che al signor Bowles siano rimasti pochi mesi. Ma, sulla strada della pronosticata crisi finanziaria, è accaduta una cosa curiosa: invece di schizzare alle stelle, i costi del debito americano sono caduti al livello più basso della storia della nazione. E non solo in America. A questo punto, ogni nazione avanzata che si indebita nella propria valuta è nelle condizioni di prendere denaro a prestito molto economicamente.

Il fatto che i deficit non abbiano provocato la crescita prevista nei tassi di interesse ci dice qualcosa di importante sulla natura dei guai della nostra economia (e sul buon senso, o sul difetto di buonsenso, dei sedicenti guardiani delle nostre virtù fiscali). Prima di arrivare a quel punto, tuttavia, fatemi dire qualcosa su questi costi dell’indebitamento davvero bassi – così bassi che, in qualche caso, gli investitori stanno effettivamente pagando i Governi perché tengano i loro soldi.

Per la maggior parte, questo sta avvenendo con i “titoli protetti dall’inflazione” – obbligazioni i cui futuri rendimenti sono collegati con i prezzi al consumo, cosicché gli investitori non debbono preoccuparsi che il loro investimento sia eroso dall’inflazione. Persino con questa protezione, gli investitori erano soliti chiedere un ulteriore sostanziale compenso. Prima della crisi, i bonds decennali americani protetti dall’inflazione pagavano circa un 2 per cento. Recentemente, tuttavia, su questi bonds si ha un meno 0,6 per cento. Gli investitori sono disposti ad acquistare questi bonds ad un costo maggiore rispetto alla somma, corretta per l’inflazione, che il Governo alla fine pagherà in interessi e capitale.

Dunque, gli investitori, in un certo senso, stanno offrendo al Governo denaro gratis per i prossimi dieci anni; di fatto, essi sono disposti a pagare ai Governi un modesto compenso perché tengano la loro ricchezza al sicuro.

Ora, coloro che hanno un legittimo interesse in questa storia delle crisi fiscale hanno tentato in vari modi di spiegare il suo mancato accadimento. Un modo favorito è la pretesa che la Federal Reserve stia tenendo gli interessi artificialmente bassi acquistando obbligazioni del Governo. Ma questa teoria venne messa alla prova la scorsa estate quando la Fed provvisoriamente sospese gli acquisti di bonds. Molte persone – compreso Bill Gross del gigantesco fondo obbligazionario Pimco – pronosticarono un picco dei tassi. Non avvenne niente del genere.

Ed anche non vi dovete curare della solfa quotidiana secondo la quale “finiremo come la Grecia, come la Grecia vi dico!”. Paesi come la Grecia, e per questo aspetto come la Spagna, stanno soffrendo a seguito della imprudente decisione di rinunciare alle loro valute per l’euro, la qualcosa li ha lasciati vulnerabili in un modo che davvero non ha a che fare con l’America.

Cosa sta dunque accadendo? La risposta principale è che questo è quanto accade quando si ha uno “shock da riduzione improvvisa dell’indebitamento”, nel quale tutti cercano di restituire il loro debito contemporaneamente. L’indebitamento delle famiglie è crollato; le imprese si limitano all’ordinario perché non c’è ragione di espandere la capacità produttiva quando le vendite non crescono; ed il risultato è che gli investitori, pur con le migliori intenzioni, non sanno dove andare, o meglio non hanno un posto dove mettere i soldi. Dunque, acquistano il debito del Governo, anche con rendimenti molto bassi, per mancanza di alternative. Inoltre, rendendo disponibile il denaro a costi così modesti,  è come se supplicassero i Governi ad emettere maggiore debito.

Ed i Governi dovrebbero acconsentire ai loro desideri, anziché essere ossessionati dai deficit nel breve periodo.

Un avvertimento è obbligatorio: è vero, noi abbiamo problemi di bilancio nel lungo periodo, e dovremmo in questo momento far passi per affrontare quel problema, principalmente tenendo sotto controllo i costi della assistenza sanitaria. Ma è semplicemente pazzesco licenziare gli insegnanti e cancellare i progetti di infrastrutture in un momento in cui gli investitori stanno offrendo finanziamenti ad interessi pari a zero, o negativi.

Non c’è bisogno neppure di avanzare l’argomento keynesiano sui posti di lavoro, per rendersene conto. Tutto quello che c’è da fare è osservare che quando il denaro è economico, quello è un buon momento per investire. E sia l’istruzione che le infrastrutture sono  investimenti sul futuro dell’America; alla fine pagheremo un prezzo salato e completamente ingiustificato per il modo in cui quei settori sono stati devastati.

Ciò detto, in aggiunta, vi converrebbe essere keynesiani. L’esperienza degli anni trascorsi – soprattutto, lo spettacolare fallimento delle politiche di austerità in Europa – ha rappresentato una dimostrazione drammatica dell’argomento cruciale del keynesismo: restringere la spesa pubblica in un’economia depressa deprime ulteriormente quell’economia.

E’ dunque il tempo di smettere di prestare attenzione alle presunte persone sagge che hanno sequestrato il nostro confronto politico mettendo il deficit al centro del dibattito. Hanno sbagliato su tutto – e in questi giorni persino i mercati finanziari ci stanno dicendo che dovremmo concentrarci sui posti di lavoro e sulla crescita.

  

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