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Offshoring ed outsourcing con Mitt Romney (New York Times 5 luglio 2012)

 

Off and Out With Mitt Romney

By PAUL KRUGMAN
Published: July 5, 2012

 

In a better America, Mitt Romney would be running for president on the strength of his major achievement as governor of Massachusetts: a health reform that was identical in all important respects to the health reform enacted by President Obama. By the way, the Massachusetts reform is working pretty well and has overwhelming popular support.

In reality, however, Mr. Romney is doing no such thing, bitterly denouncing the Supreme Court for upholding the constitutionality of his own health care plan. His case for becoming president relies, instead, on his claim that, having been a successful businessman, he knows how to create jobs.

 

This, in turn, means that however much the Romney campaign may wish otherwise, the nature of that business career is fair game. How did Mr. Romney make all that money? Was it in ways suggesting that what was good for Bain Capital, the private equity firm that made him rich, would also be good for America?

And the answer is no.

 

The truth is that even if Mr. Romney had been a classic captain of industry, a present-day Andrew Carnegie, his career wouldn’t have prepared him to manage the economy. A country is not a company (despite globalization, America still sells 86 percent of what it makes to itself), and the tools of macroeconomic policy — interest rates, tax rates, spending programs — have no counterparts on a corporate organization chart. Did I mention that Herbert Hoover actually was a great businessman in the classic mold?

 

In any case, however, Mr. Romney wasn’t that kind of businessman. Bain didn’t build businesses; it bought and sold them. Sometimes its takeovers led to new hiring; often they led to layoffs, wage cuts and lost benefits. On some occasions, Bain made a profit even as its takeover target was driven out of business. None of this sounds like the kind of record that should reassure American workers looking for an economic savior.

And then there’s the business about outsourcing.

Two weeks ago, The Washington Post reported that Bain had invested in companies whose specialty was helping other companies move jobs overseas. The Romney campaign went ballistic, demanding — unsuccessfully — that The Post retract the report on the basis of an unconvincing “fact sheet” consisting largely of executive testimonials.

 

 

What was more interesting was the campaign’s insistence that The Post had misled readers by failing to distinguish between “offshoring” — moving jobs abroad — and “outsourcing,” which simply means having an external contractor perform services that could have been performed in-house.

Now, if the Romney campaign really believed in its own alleged free-market principles, it would have defended the right of corporations to do whatever maximizes their profits, even if that means shipping jobs overseas. Instead, however, the campaign effectively conceded that offshoring is bad but insisted that outsourcing is O.K. as long as the contractor is another American firm.

That is, however, a very dubious assertion.

 

 

Consider one of Mr. Romney’s most famous remarks: “Corporations are people, my friend.” When the audience jeered, he elaborated: “Everything corporations earn ultimately goes to people. Where do you think it goes? Whose pockets? Whose pockets? People’s pockets.” This is undoubtedly true, once you take into account the pockets of, say, partners at Bain Capital (who, I hasten to add, are, indeed, people). But one of the main points of outsourcing is to ensure that as little as possible of what corporations earn goes into the pockets of the people who actually work for those corporations.

 

Why, for example, do many large companies now outsource cleaning and security to outside contractors? Surely the answer is, in large part, that outside contractors can hire cheap labor that isn’t represented by the union and can’t participate in the company health and retirement plans. And, sure enough, recent academic research finds that outsourced janitors and guards receive substantially lower wages and worse benefits than their in-house counterparts.

Just to be clear, outsourcing is only one source of the huge disconnect between a tiny elite and ordinary American workers, a disconnect that has been growing for more than 30 years. And Bain, in turn, was only one player in the growth of outsourcing. So Mitt Romney didn’t personally, single-handedly, destroy the middle-class society we used to have. He was, however, an enthusiastic and very well remunerated participant in the process of destruction; if Bain got involved with your company, one way or another, the odds were pretty good that even if your job survived you ended up with lower pay and diminished benefits.

 

In short, what was good for Bain Capital definitely wasn’t good for America. And, as I said at the beginning, the Obama campaign has every right to point that out.

 

Offshoring ed outsourcing con Mitt Romney [1], di Paul Krugman

New York Times 5 luglio 2012

In un’America migliore, Mitt Romney correrebbe per la Presidenza con l’argomento del suo risultato più importante come Governatore del Massachusetts: una riforma sanitaria che era identica per tutti gli aspetti significativi a quella promulgata dal Presidente Obama.  Per inciso, la riforma del Massachusetts sta funzionando abbastanza bene ed ha un sostegno completo da parte della gente.

Nella realtà, invece, Romney non fa niente del genere e denuncia con asprezza la Corte Suprema per aver confermato la costituzionalità di un programma di riforma della sanità identico al suo. Piuttosto il suo argomento per la Presidenza consiste nella pretesa che, avendo avuto successo come uomo d’affari, saprebbe come creare posti di lavoro.

Questo a sua volta comporta, per quanto Romney nella sua campagna possa volere altrimenti, che la natura della sua carriera di imprenditore divenga oggetto della curiosità di tutti [2]. In che modo Romney ha fatto tutti quei soldi? E’ accaduto in modi che ci suggeriscono che quello che fu positivo per Bain Capital, l’impresa di private equity [3] che lo rese ricco, sarebbe positivo anche per l’America?

E la risposta è no.

La verità è che anche se Mitt Romney fosse stato un classico capitano d’industria, un Andrew Carnegie dei giorni nostri, la sua carriera non l’avrebbe disposto a governare l’economia. Un paese non è un’impresa (a dispetto della globalizzazione, l’America ancora vende l’86 per cento di quello che produce a se stessa), e gli strumenti della politica macroeconomica – i tassi di interesse, le aliquote fiscali, i programmi della spesa pubblica – non corrispondono a niente di simile nei diagrammi di organizzazione di una impresa. Devo ricordare che Herbert Hoover fu un grande uomo d’affari di stampo classico?

In ogni caso, poi, Romney non è stato quel genere di uomo di impresa. La Bain non ha costruito aziende; le ha comprate e le ha vendute. Talvolta i suoi rilevamenti hanno portato a nuove assunzioni; spesso hanno portato a licenziamenti, a tagli salariali ed a perdite di sussidi [4]. In qualche occasione la Bain ha tratto profitti persino quando il suo obbiettivo da rilevare era stato condotto fuori mercato. Niente di questo assomiglia a quel genere di prestazioni che dovrebbero rassicurare i lavoratori americani che sono alla ricerca della salvezza economica.

E poi c’è la attività delle esternalizzazioni.

Due settimane orsono, The Washington Post ha informato che la Bain aveva investito in società specializzate nell’aiutare altre imprese a spostare i posti di lavoro all’estero. C’è stata una campagna furiosa da parte di Romney, con la richiesta – senza esito – che The Post   ritrattasse l’informazione sulla base di “schede informative” che consistevano in gran parte di testimonianze di dirigenti.

Quello che è apparso più interessante è stata l’insistenza di tale campagna sul fatto che The Post avesse fuorviato i lettori non distinguendo tra attività di “offshoring” – ovvero di spostamento di posti di lavoro all’estero – e di “outsourcing”, che significa semplicemente affidare servizi che potrebbero essere svolti internamente  alla esecuzione di  appaltatori esterni.

Ora, se Romney nella sua campagna davvero avesse creduto nei suoi stessi presunti principi del libero mercato, avrebbe dovuto difendere il diritto delle imprese a fare tutto quello che massimizza i loro profitti, anche se questo significa spedire posti di lavoro oltreoceano. Invece, per quanto con quella propaganda si sia ammesso che l’ offshoring è negativo, si è anche insistito che l’ outsourcing sarebbe una buona cosa, nella misura in cui l’appaltatore è un’altra ditta americana.

Tuttavia, questo è un giudizio assai dubbio.

Si consideri uno dei più famosi aforismi del signor Romney: “Amico mio, le imprese sono come persone”. Quando il pubblico fischiò, egli precisò: “Tutto quello che le imprese guadagnano va alla gente. Dove pensate che vada? In tasca di chi? Nelle tasche della gente.” Questo è indubbiamente vero, una volta che si considerino anche le tasche, si fa per dire, dei soci della Bain Capital (i quali, mi precipito ad aggiungere, sono anch’essi indubitabilmente persone). Ma uno dei principali aspetti dell’ esternalizzazione consiste nell’assicurare che il minimo possibile di quello che le imprese guadagnano finisca nelle tasche delle persone che affettivamente lavorano per quelle imprese.

 

Perché, ad esempio, al giorno d’oggi molte grandi imprese danno ad appaltatori esterni i lavori delle pulizie e della sicurezza? Senza dubbio, la risposta in gran parte è che gli appaltatori esterni possono assumere forza lavoro meno costosa, che non è rappresentata da sindacati ed è esclusa dai programmi sanitari e previdenziali delle società. E, di fatto, una recente ricerca universitaria ha scoperto che i guardiani ed i vigili ‘esternalizzati’ ricevono salari più bassi e peggiori sussidi dei loro omologhi interni alle imprese.

Per esser chiari, l’esternalizzazione è solo una fonte dell’abisso tra una piccola élite e i normali lavoratori americani,  un abisso che è venuto crescendo negli ultimi trenta anni. E la Bain, a sua volta, è solo uno degli attori sulla scena delle esternalizzazioni. Dunque, Mitt Romney non ha distrutto da solo, con le sole sue forze, la middle class a cui eravamo abituati. E’ stato, tuttavia, un componente entusiasta ed assai ben remunerato del processo di distruzione: se la Bain avesse avuto a che fare con la vostra azienda, in un modo o nell’altro, avreste avuto ottime probabilità, ammesso di conservarvi il posto di lavoro, di finire con uno stipendio più basso e con sussidi minori.

 

In breve, quello che era buono per la Bain senza dubbio alcuno non era buono per l’America. E, come ho detto all’inizio, la campagna elettorale di Obama ha ottime ragioni per sottolinearlo.



[1] Mi pare che in questo caso “off” e “out” siano solo diminuitivi dei sostantivi dei quali si parla nell’articolo, ovvero dei due casi di politica aziendale che consistono nel trasferire all’estero attività o semplicemente nel darle in appalto.

[2] “Fair game” sta anche per “caccia libera”.

[3] Ovvero, quel genere di imprese specializzate nel rilevamento di aziende in difficoltà per una migliore capitalizzazione e successivo riavvio o, più frequentemente, per operazioni di forte ristrutturazione e/o di messa in liquidazione degli assets.

[4] Per “benefits” si intendono varie voci che compongono il salario lordo, che includono anche i diversi modi nei quali le aziende possono partecipare al pagamento di assicurazioni sanitarie e previdenziali.

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