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Odio su Ben Bernanke (16 settembre 2012 New York Times)

 

Hating on Ben Bernanke

By PAUL KRUGMAN
Published: September 16, 2012

Last week Ben Bernanke, the Federal Reserve chairman, announced a change in his institution’s recession-fighting strategies. In so doing he seemed to be responding to the arguments of critics who have said the Fed can and should be doing more. And Republicans went wild.

 

Now, many people on the right have long been obsessed with the notion that we’ll be facing runaway inflation any day now. The surprise was how readily Mitt Romney joined in the craziness.

So what did Mr. Bernanke announce, and why?

The Fed normally responds to a weak economy by buying short-term U.S. government debt from banks. This adds to bank reserves; the banks go out and lend more; and the economy perks up.

Unfortunately, the scale of the financial crisis, which left behind a huge overhang of consumer debt, depressed the economy so severely that the usual channels of monetary policy don’t work. The Fed can bulk up bank reserves, but the banks have little incentive to lend the money out, because short-term interest rates are near zero. So the reserves just sit there.

 

The Fed’s response to this problem has been “quantitative easing,” a confusing term for buying assets other than Treasury bills, such as long-term U.S. debt. The hope has been that such purchases will drive down the cost of borrowing, and boost the economy even though conventional monetary policy has reached its limit.

Sure enough, last week’s Fed announcement included another round of quantitative easing, this time involving mortgage-backed securities. The big news, however, was the Fed’s declaration that “a highly accommodative stance of monetary policy will remain appropriate for a considerable time after the economic recovery strengthens.” In plain English, the Fed is more or less promising that it won’t start raising interest rates as soon as the economy looks better, that it will hold off until the economy is actually booming and (perhaps) until inflation has gone significantly higher.

 

 

The idea here is that by indicating its willingness to let the economy rip for a while, the Fed can encourage more private-sector spending right away. Potential home buyers will be encouraged by the prospect of moderately higher inflation that will make their debt easier to repay; corporations will be encouraged by the prospect of higher future sales; stocks will rise, increasing wealth, and the dollar will fall, making U.S. exports more competitive.

 

This is very much the kind of action Fed critics have advocated — and that Mr. Bernanke himself used to advocate before he became Fed chairman. True, it’s a lot less explicit than the critics would have liked. But it’s still a welcome move, although far from being a panacea for the economy’s troubles (a point Mr. Bernanke himself emphasized).

 

And Republicans, as I said, have gone wild, with Mr. Romney joining in the craziness. His campaign issued a news release denouncing the Fed’s move as giving the economy an “artificial” boost — he later described it as a “sugar high” — and declaring that “we should be creating wealth, not printing dollars.”

 

Mr. Romney’s language echoed that of the “liquidationists” of the 1930s, who argued against doing anything to mitigate the Great Depression. Until recently, the verdict on liquidationism seemed clear: it has been rejected and ridiculed not just by liberals and Keynesians but by conservatives too, including none other than Milton Friedman. “Aggressive monetary policy can reduce the depth of a recession,” declared the George W. Bush administration in its 2004 Economic Report of the President. And the author of that report, Harvard’s N. Gregory Mankiw, has actually advocated a much more aggressive Fed policy than the one announced last week.

 

Now Mr. Mankiw is allegedly a Romney adviser — but the candidate’s position on economic policy is evidently being dictated by extremists who warn that any effort to fight this slump will turn us into Zimbabwe, Zimbabwe I tell you.

 

Oh, and what about Mr. Romney’s ideas for “creating wealth”? The Romney economic “plan” offers no specifics about what he would actually do. The thrust of it, however, is that what America needs is less environmental protection and lower taxes on the wealthy. Surprise!

Indeed, as Mike Konczal of the Roosevelt Institute points out, the Romney plan of 2012 is almost identical — and with the same turns of phrase — to John McCain’s plan in 2008, not to mention the plans laid out by George W. Bush in 2004 and 2006. The situation changes, but the song remains the same.

So last week we learned that Ben Bernanke is willing to listen to sensible critics and change course. But we also learned that on economic policy, as on foreign policy, Mitt Romney has abandoned any pose of moderation and taken up residence in the right’s intellectual fever swamps.

 

Odio su Ben Bernanke, di Paul Krugman

16 settembre 2012 New York Times

 

La scorsa settimana Ben Bernanke, il Presidente della Federal Reserve, ha annunciato un cambiamento nelle strategie di lotta alla recessione del suo istituto. Così facendo egli è sembrato rispondere alle critiche di coloro che avevano sostenuto che la Fed è nelle condizioni di fare di più e dovrebbe farlo. E i Repubblicani si sono infuriati.

Ora, sono molte le persone che a destra sono state ossessionate a lungo dall’idea che prima o poi avremmo dovuto fare i conti con un’inflazione galoppante. La sorpresa è con quanta prontezza Mitt Romney si sia unito a quel coro pazzesco.

E così, cosa ha annunciato Ben Bernanke, e perché?

La Fed normalmente risponde ad una economia debole acquistando obbligazioni a breve termine sul debito degli Stati Uniti. Queste si aggiungono alle riserve delle banche; le banche provvedono a dare più prestiti e l’economia si riprende.

Sfortunatamente, la dimensione della crisi finanziaria, che si è lasciata dietro un eccesso di debito dei consumatori, ha depresso l’economia in modo talmente pesante che i normali canali della politica monetaria non funzionano. La Fed può innalzare le riserve delle banche, la le banche hanno scarsi incentivi a dare in prestito denaro, perché i tassi di interesse a breve termine sono prossimi a zero. Così le riserve restano inutilizzate.

La risposta della Fed a questo problema è stata la “facilitazione quantitativa” [1], espressione confusa con la quale si indica l’acquisto di assets diversi dai buoni del Tesoro, come le obbligazioni a lungo termine sul debito degli Stati Uniti. La speranza era che tali acquisti avrebbero spinto in basso il costo dell’indebitamento ed incoraggiato l’economia, anche se la politica monetaria convenzionale aveva raggiunto i suoi limiti.

E’ abbastanza chiaro che l’annuncio della Fed della scorsa settimana includeva un altro  giro di ‘facilitazione quantitativa’, questa volta includendo titoli garantiti da ipoteche. La grande novità, tuttavia, è stata la dichiarazione della Fed secondo la quale “una posizione di forte facilitazione della politica monetaria resterà opportuna per un periodo di tempo non trascurabile, anche dopo che la ripresa economica si sarà rafforzata”. In inglese comprensibile, la Fed sta più o meno promettendo che non comincerà a rialzare i tassi di interesse appena l’economia sembrerà andar meglio, che essa se ne asterrà finché l’economia non conoscerà una  effettiva forte espansione e (forse) finché l’inflazione non sarà risalita in modo significativo.

L’idea è che indicando la sua volontà di consentire all’economia fare uno strappo per un certo periodo, la Fed possa in questo momento incoraggiare il settore privato a spendere maggiormente. I potenziali acquirenti di abitazioni saranno incoraggiati dalla prospettiva di una inflazione moderatamente più alta, che renderà un po’ più semplice la restituzione del debito; le imprese saranno incoraggiate dalla prospettive di maggiori future vendite; le azioni saliranno, incrementando la ricchezza, e il dollaro ridurrà il suo valore, rendendo le esportazioni degli Stati Uniti più competitive.

Questo è proprio il genere di azione che i critici avevano difeso – e che lo stesso  Bernanke era solito sostenere prima di diventare Presidente della Fed. E’ vero, essa è assai meno esplicita di quanto i critici avrebbero gradito. Ma è comunque un mossa da salutare con favore, pur essendo lontana dal rappresentare una panacea per i guai dell’economia (un aspetto che lo stesso Bernanke ha sottolineato).

Ed i Repubblicani, come ho detto, sono andati su tutte le furie, con il signor Romney che si è unito al coro. Il suo comitato elettorale ha distribuito un comunicato per la stampa che denuncia la mossa della Fed come se fornisse all’economia una spinta “artificiale” – che lui successivamente ha definito una “botta di zuccheri” – e dichiara che “dovremmo creare ricchezza, non stampare dollari”.

Il linguaggio del signor Romney fa venire in mente quello dei “liquidazionisti” degli anni Trenta, che avversavano qualunque cosa mitigasse la Grande Depressione. Sino a non molto tempo fa, il giudizio sul liquidazionismo sembrava chiaro: esso veniva respinto e ridicolizzato non solo dai Keynesiani ma anche dai conservatori, compreso nientedimeno che Milton Friedman. “Una politica monetaria aggressiva può ridurre la profondità di una recessione”, dichiaro la Amministrazione di George W. Bush nel suo Resoconto economico del Presidente del 2004. E l’autore di quel rapporto, Gregor Mankiw dell’Università di Harvard, aveva in effetti sostenuto una politica della Fed molto più aggressiva di quella annunciata la settimana scorsa.

Oggi il signor Mankiw si presume che sia un consigliere di Romney – ma la posizione di politica economica del candidato è evidentemente stata dettata da estremisti che mettono in guardia contro ogni sforzo per contrastare questa depressione. Sforzi che ci farebbero diventare come lo Zimbabwe, nientedimeno che come lo Zimbabwe.

Che dire, infine, delle idee del signor Romney a proposito del “creare ricchezza”? Il “piano” economico di Romney non offre alcun dettaglio su ciò che egli vorrebbe effettivamente mettere in atto.  Il suo senso, tuttavia, è che quello di cui l’America ha bisogno è una minore protezione ambientale e tasse più basse sui ricchi. Vi sorprende?

In effetti, come Mike Konczal del Roosevelt Institute mette in evidenza, il piano di Romney del 2012 è quasi identico – e con gli stessi giri di parole – del piano di John McCain del 2008, per non dire dei piani messi in circolazione da George W. Bush nel 2004 e nel 2006. La situazione cambia, ma la musica resta la stessa.

Così, la scorsa settimana abbiamo appreso che Ben Bernanke ha la volontà di dare ascolto alle critiche sensate e di cambiare indirizzo. Ma abbiamo anche appreso che sulla politica economica, come sulla politica estera, Mitt Romney ha abbandonato ogni atteggiamento di moderazione ed ha deciso di metter su casa nella palude dei deliri intellettuali della destra.

 



[1] Vedi “quantitative easing” alle note della traduzione.

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