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Il segreto del nostro mancato successo (New York Times 21 ottobre 2012)

 

The Secret of Our Non-Success

By PAUL KRUGMAN
Published: October 21, 2012

 

The U.S. economy finally seems to be recovering in earnest, with housing on the rebound and job creation outpacing growth in the working-age population. But the news is good, not great — it will still take years to restore full employment — and it has been a very long time coming. Why has the slump been so protracted?

 

The answer — backed by overwhelming evidence — is that this is what normally happens after a severe financial crisis. But Mitt Romney’s economic team rejects that evidence. And this denialism bodes ill for policy if Mr. Romney wins next month.

About the evidence: The most famous study is by Harvard’s Carmen Reinhart and Kenneth Rogoff, who looked at past financial crises and found that such crises are typically followed by years of high unemployment and weak growth. Later work by economists at the International Monetary Fund and elsewhere confirmed this analysis: crises that followed a sharp run-up in private-sector debt, from the U.S. Panic of 1893 to the Swedish banking crisis of the early 1990s, cast long shadows over the economy’s future. There was no reason to believe that this time would be different.

 

This isn’t an after-the-fact rationalization. The Reinhart-Rogoff “aftermath” paper was released almost four years ago. And a number of other economists, including, well, me, issued similar warnings. In early 2008 I was already pointing out the distinction between recessions like 1973-5 or 1981-2, brought on by high interest rates, and “postmodern” recessions brought on by private-sector overreach. And I suggested that the recession we were then entering would be followed by a prolonged “jobless recovery” that would feel like a continuing recession.

 

 

Why is recovery from a financial crisis slow? Financial crises are preceded by credit bubbles; when those bubbles burst, many families and/or companies are left with high levels of debt, which force them to slash their spending. This slashed spending, in turn, depresses the economy as a whole.

And the usual response to recession, cutting interest rates to encourage spending, isn’t adequate. Many families simply can’t spend more, and interest rates can be cut only so far — namely, to zero but not below.

 

Does this mean that nothing can be done to avoid a protracted slump after a financial crisis? No, it just means that you have to do more than just cut interest rates. In particular, what the economy really needs after a financial crisis is a temporary increase in government spending, to sustain employment while the private sector repairs its balance sheet. And the Obama administration did some of that, blunting the severity of the financial crisis. Unfortunately, the stimulus was both too small and too short-lived, partly because of administration errors but mainly because of scorched-earth Republican obstruction.

Which brings us to the politics.

Over the past few months advisers to the Romney campaign have mounted a furious assault on the notion that financial-crisis recessions are different. For example, in July former Senator Phil Gramm and Columbia’s R. Glenn Hubbard published an op-ed article claiming that we should be having a recovery comparable to the bounceback from the 1981-2 recession, while a white paper from Romney advisers argues that the only thing preventing a rip-roaring boom is the uncertainty created by President Obama.

 

 

Obviously, Republicans like claiming that it’s all Mr. Obama’s fault, and that electing Mr. Romney would magically make everything better. But nobody should believe them.

 

For one thing, these people have a track record: back in 2008, when serious students of history were already predicting a prolonged slump, Mr. Gramm was dismissing America as a “nation of whiners” experiencing a mere “mental recession.” For another, if Mr. Obama is the problem, why is the United States actually doing better than most other advanced countries?

The main point, however, is that the Romney team is willfully, nakedly, distorting the record, leading Ms. Reinhart and Mr. Rogoff — who aren’t affiliated with either campaign — to protest against “gross misinterpretations of the facts.” And this should worry you.

 

 

Look, economics isn’t as much of a science as we’d like. But when there’s overwhelming evidence for an economic proposition — as there is for the proposition that financial-crisis recessions are different — we have the right to expect politicians and their advisers to respect that evidence. Otherwise, they’ll end up making policy based on fantasies rather than grappling with reality.

And once politicians start refusing to acknowledge inconvenient facts, where does it stop? Why, the next thing you know Republicans will start rejecting the overwhelming evidence for man-made climate change. Oh, wait.

 

Il segreto del nostro mancato successo, di Paul Krugman

New York Times 21 ottobre 2012

 

L’economia americana sembra che alla fine stia sul serio migliorando, con il settore delle costruzioni che riprende quota e la crescita dei nuovi posti di lavoro che sopravanza quella della popolazione in età lavorativa. Ma la notizia è buona, non eccezionale – ci vorranno ancora anni per recuperare la piena occupazione – e c’è voluto un tempo assai lungo per arrivare a questo punto. Perché la crisi è stata così prolungata?

La risposta – sostenuta da prove evidenti – è che questo è quanto normalmente accade dopo gravi crisi finanziarie. Ma la squadra di economisti di Mitt Romney rifiuta quelle evidenze. E questa ‘negazionismo’ è una cattivo presagio per la politica, se il signor Romney il prossimo mese vincerà.

A proposito delle prove: la ricerca più famosa è quella di Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff di Harvard, cha hanno analizzata le crisi finanziarie del passato ed hanno scoperto che tali crisi sono state normalmente seguite da anni di elevata disoccupazione e da debole crescita. Studi più recenti da parte di economisti presso il Fondo Monetario Internazionale ed altre sedi hanno confermato questa analisi: le crisi che sono seguite a bruschi rientri dal debito nel settore privato, dal “Panico” negli Stati Uniti del 1893 alla crisi bancaria svedese dei primi anno ’90, hanno proiettato lunghe ombre sul futuro dell’economia. Non c’era motivo per credere che questa volta sarebbe stato altrimenti.

Questa non è una razionalizzazione col senno di poi. La ricerca sulle “conseguenze” di Reinhart-Rogoff venne pubblicata quasi quattro anni orsono. Ed un certo numero di altri economisti [1], compreso (se non vi dispiace) il sottoscritto, avevano lanciato simili avvertimenti. Agli inizi del 2008 io già venivo indicando la differenza tra recessioni quali quelle del 1973-5 o del 1981-2, provocate da alti tassi di interesse, e recessioni “post-moderne” [2] provocate da eccessi nel settore privato. Suggerivo allora che la recessione nella quale stavamo entrando sarebbe stata seguita da una prolungata “ripresa senza lavoro”, che sarebbe stata percepita come una recessione ininterrotta.

Perché è lenta la ripresa dopo crisi finanziarie? Le crisi finanziarie sono precedute da bolle creditizie; quando quello bolle esplodono, molte famiglie o imprese si ritrovano con alti livelli di debito, che le costringono a tagliare le loro spese. Questi tagli della spesa, a loro volta, deprimono l’economia nel suo complesso.

E la risposta consueta alla recessione, il taglio dei tassi di interesse per incoraggiare la spesa, non è adeguata. Molte famiglie semplicemente non possono spendere di più, e i tassi di interesse possono essere tagliati sino a un certo punto – precisamente sino allo zero, non oltre.

Significa questo che non può essere fatto niente per evitare una caduta prolungata dopo una crisi finanziaria? No, significa soltanto che si deve fare di più che il solo taglio dei tassi di interesse. In particolare, quello di cui l’economia ha bisogno dopo una crisi finanziaria è un temporaneo incremento della spesa pubblica, in modo da sostenere l’occupazione mentre il settore privato mette ordine nei suoi conti. E l’Amministrazione Obama fece qualcosa del genere, attenuando l’asprezza della crisi finanziaria. Sfortunatamente, lo stimolo fu sia troppo piccolo che di troppo breve durata, in parte per errori della Amministrazione ma principalmente a causa dell’ostruzionismo da “terra-bruciata” dei Repubblicani.

Il che ci riporta alla politica.

 

Nei mesi passati i consiglieri della campagna elettorale di Romney hanno allestito un assalto furibondo all’idea stessa che le crisi finanziarie siano diverse l’una dall’altra. Per esempio, nel mese di luglio l’ex Senatore Phil Gramm e R. Glenn Hubbard dell’Università di Columbia, hanno pubblicato un intervento nella pagina dei commenti [3] che sosteneva che avremmo dovuto avere una ripresa comparabile al ‘rimbalzo’ che aveva seguito la recessione del 1981-2, mentre un rapporto da parte dei consiglieri di Romney [4] ha affermato che l’unica cosa sta impedendo lo scatenarsi di un boom economico è l’insicurezza provocata dal Presidente Obama.

Naturalmente, ai Repubblicani fa piacere sostenere che sia tutta colpa di Obama e che con l’elezione di Romney tutto andrebbe magicamente a posto. Ma nessuno dovrebbe prenderli sul serio.

Da una parte, queste persone hanno vari precedenti: nel passato 2008,  quando seri ricercatori stavano già prevedendo una crisi prolungata, il signor Gramm liquidava l’America come un paese di “piagnoni”, alle prese semplicemente con una “recessione mentale”. D’altra parte, se il problema fosse Obama, perché gli Stati Uniti starebbero andando effettivamente meglio di gran parte degli altri paesi avanzati?

Il punto principale, tuttavia, è che la squadra di Romney sta ostinatamente, scopertamente distorcendo i dati, inducendo Reinhart e Rogoff – che non sono assoldati alla loro campagna – a protestare contro una “grossolana mistificazione dei fatti”. E questo dovrebbe preoccupare.

 

Si veda, l’economia non è una scienza come vorremmo che fosse. Ma quando ci sono prove evidenti per un concetto di economia – ad esempio il concetto secondo il quale le recessioni derivanti da crisi finanziarie sono differenti dalle altre – abbiamo il diritto di attenderci che gli uomini politici ed i loro consiglieri rispettino quelle prove. Altrimenti, finiranno col far dipendere la politica dalle loro fantasie, anziché farla misurare con la realtà.

E, una volta che gli uomini politici cominciano a non voler più riconoscere i fatti scomodi, dove si va a finire? Sapete, il punto è che la prossima cosa che i Repubblicani cominceranno ad escludere saranno le prove schiaccianti del cambiamento del clima provocato dall’uomo. Aspettate e vedrete.



[1] La connessione, in particolare, è con uno studio recente degli economisti Moritz Schularick ed Alan Taylor.

[2] In questo caso la connessione è con un breve articolo di Krugman stesso, del 10 febbraio del 2008.

[3] L’articolo fu pubblicato sul Wall Street Journal.

[4] A cura degli economisti: R. Glenn Hubbard, N. Gregory Mankiw, John B. Taylor e Kevin A. Hassett.

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