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Aumenta la confusione (New York Times 30 dicembre 2012)

 

Brewing Up Confusion

By PAUL KRUGMAN
Published: December 30, 2012

 

Howard Schultz, the C.E.O. of Starbucks, has a reputation as a good guy, a man who supports worthy causes. And he presumably thought he would add to that reputation when he posted an open letter urging his employees to promote fiscal bipartisanship by writing “Come together” on coffee cups.

 

In reality, however, all he did was make himself part of the problem. And his letter was actually a very good illustration of the forces that created the current mess.

In the letter, Mr. Schultz warned that elected officials “have been unable to come together and compromise to solve the tremendously important, time-sensitive issue to fix the national debt,” and suggested that readers further inform themselves at the Web site of the organization Fix the Debt. Let’s parse that, shall we?

First of all, it’s true that we face a time-sensitive issue in the form of the fiscal cliff: unless a deal is reached, we will soon experience a combination of tax increases and spending cuts that might push the nation back into recession. But that prospect doesn’t reflect a failure to “fix the debt” by reducing the budget deficit — on the contrary, the danger is that we’ll cut the deficit too fast.

 

 

How could someone as well connected as Mr. Schultz get such a basic point wrong? By talking to the wrong people — in particular, the people at Fix the Debt, who’ve been doing their best to muddle the issue. For example, in a new fund-raising letter Maya MacGuineas, the organization’s public face, writes of the need to “make hard decisions when it comes to averting the ‘fiscal cliff’ and stabilizing our national debt” — even though the problem with the fiscal cliff is precisely that it stabilizes the debt too soon. Clearly, Ms. MacGuineas was trying to confuse readers on that point, and she apparently confused Mr. Schultz too.

More about Fix the Debt in a moment. Before I get there, however, let’s move on to Mr. Schultz’s misdiagnosis of the political problem we face.

Look, it’s true that elected politicians have been unable to “come together and compromise.” But saying that in generic form, and implying a symmetry between Republicans and Democrats, isn’t just misleading, it’s actively harmful.

The reality is that President Obama has made huge concessions. He has already cut spending sharply, and has now offered additional big spending cuts, including a cut in Social Security benefits, while signaling his willingness to retain many of the Bush tax cuts, even for people with very high incomes. Taken as a whole, the president’s proposals are arguably to the right of those made by Erskine Bowles and Alan Simpson, the co-chairmen of his deficit commission, in 2010.

 

In return, the Republicans have offered essentially nothing. Oh, they say they’re willing to increase revenue by closing loopholes — but they’ve refused to specify a single loophole they’re willing to close. So if there’s a breakdown in negotiations, the blame rests entirely with one side of the political divide.

 

 

Given that reality, think about the effect when people like Mr. Schultz respond by blaming both sides equally. They may sound virtuously nonpartisan, but what they’re actually doing is rewarding intransigence and extremism — which, in the current context, means siding with the G.O.P.

I’m willing to believe that Mr. Schultz doesn’t know what he’s doing. The same can’t be said, however, about Fix the Debt.

You might not know it reading some credulous reporting, but Fix the Debt isn’t some kind of new gathering of concerned citizens. On the contrary, it’s just the latest addition to a group of deficit-scold shops supported by billionaire Peter Peterson, a group ranging from think tanks like the Committee for a Responsible Federal Budget to the newspaper The Fiscal Times. The main difference seems to be that this gathering of the usual suspects is backed by an impressive amount of corporate cash.

 

Like all the Peterson-funded groups, Fix the Debt seems much more concerned with cutting Social Security and Medicare than with fighting deficits in general — and also not nearly as nonpartisan as it pretends to be. In its list of “core principles,” it actually calls for lower tax rates — a very peculiar position for people supposedly horrified by the budget deficit. True, the group calls for revenue increases via unspecified base broadening, that is, closing loopholes. But that’s unrealistic. And it’s also, as you may have noticed, the Republican position.

 

 

What’s happening now is that all the Peterson-funded groups are trying to exploit the fiscal cliff to push a benefit-cutting agenda that has nothing to do with the current crisis, using artfully deceptive language — as in that MacGuineas letter — to hide the bait and switch.

Mr. Schultz apparently fell for the con. But the rest of us shouldn’t.

 

Aumenta la confusione, di Paul Krugman

New York Times 30 dicembre 2012

 

Howard Schultz, l’amministratore delegato di Starbucks ha una reputazione di brava persona, un uomo che sostiene cause che meritano. E presumibilmente aveva pensato di aumentare tale reputazione quando ha indirizzato una lettera aperta ai suoi dipendenti per promuovere la campagna fiscale bipartizan, scrivendo “Uniamoci” sulle tazze di caffè.

In realtà, tuttavia, tutto ciò che ha fatto è diventare un aspetto del problema. E la sua lettera è effettivamente una ottima rappresentazione delle forze che hanno creato la confusione attuale.

Nella lettera, il signor Schultz metteva in guardia che i legislatori eletti “sono stati incapaci di mettersi assieme e trovare un compromesso per risolvere la tremendamente importante ed urgente questione di riformare il debito nazionale”, e suggeriva ai lettori di informarsi meglio presso il sito web dell’organizzazione Fix the Debt [1]. Andiamo con ordine.

Prima di tutto, è vero che nella forma del cosiddetto ‘precipizio fiscale’ stiamo fronteggiando una questione urgente: se un accordo non viene raggiunto, faremo i conti con una combinazione di aumenti delle tasse e tagli alla spesa pubblica che potrebbero spingere nuovamente la nazione nella recessione. Ma quella prospettiva non dipenderà da un insuccesso nel “mettere ordine nel debito” riducendo il deficit di bilancio – al contrario, il pericolo è che si tagli quel debito troppo velocemente.

Come ha potuto una persona bene informata come il signor Schultz prendere un abbaglio su un aspetto così importante? Ha parlato con le persone sbagliate –  in particolare con quelli di “Fix the Debt”, che stanno facendo del loro meglio per intorbidare la faccenda. Ad esempio, in un nuovo appello di raccolta dei fondi, il portavoce dell’organizzazione Maya MacGuineas scrive sulla necessità di “prendere decisioni difficili quando si tratta di evitare il ‘precipizio fiscale’ e di stabilizzare il nostro debito nazionale” – anche se il problema con il precipizio fiscale è che esso stabilizza troppo alla svelta il debito. E’ chiaro che la signora MacGuineas in quel modo stava cercando di confondere i lettori, e pare abbia confuso anche il signor Schultz.

Tornerò tra un attimo su Fix the Debt. Prima di quello, tuttavia, occupiamoci della errata diagnosi di Schultz del problema politico che abbiamo di fronte.

Si veda, è vero che gli uomini politici eletti sono stati incapaci di “mettersi assieme e trovare un compromesso”. Ma dirlo in forma generica, implicando per altro una simmetria tra i Repubblicani ed i Democratici, non è solo fuorviante, è apertamente dannoso.

La verità è che il Presidente Obama ha fatto ampie concessioni. Egli ha già tagliato la spesa bruscamente, ed ora ha offerto grandi tagli aggiuntivi alla spesa pubblica, compreso un taglio ai sussidi della Previdenza Sociale, al tempo stesso segnalando la sua disponibilità a mantenere molti degli sgravi fiscali di Bush, persino per le persone con i redditi molto alti. Prese nel loro complesso, le proposte del Presidente si collocano verosimilmente a destra di quelle avanzate da Erskine Bowles ed Alan Simpson, i due copresidenti della commissione sul deficit del 2010.

In cambio, i Repubblicani non hanno offerto sostanzialmente niente. E’ vero, dicono di voler aumentare le entrate eliminando le scappatoie fiscali – ma si sono rifiutati di indicare una singola elusione che vorrebbero interrompere. Dunque, se c’è una responsabilità nel blocco delle trattative, essa sta interamente su un versante dello scontro politico.

Se così stanno le cose, si pensi all’effetto di affermazioni come quelle di Schultz, che incolpano entrambi gli schieramenti. Possono sembrare virtuosamente non partigiane, ma quello che effettivamente fanno è premiare l’intransigenza è l’estremismo – la qualcosa, nel contesto attuale, è come stare dalla parte del Partito Repubblicano.

Voglio credere che il signor Schultz non comprenda cosa sta facendo. Tuttavia, non si può dire lo stesso per “Fix the Debt”.

Si può non capirlo dalla lettura di qualche ingenuo resoconto, ma Fix the Debt  non è una qualche fattispecie di nuovo punto di incontro di cittadini pensosi. Al contrario, è semplicemente l’ultima arrivata in un gruppo di  laboratori di allarmisti del deficit sostenuti dal miliardario Peter Peterson, un gruppo che spazia da movimenti di opinione come il “Comitato per un Bilancio federale Responsabile” al giornale “The Fiscal Times”. La principale differenza sembra essere che queste nuove associazioni dei soliti noti sono sostenute da un impressionante finanziamento da parte delle imprese.

Come tutti i gruppi finanziati da Peterson, “Fix the Debt” sembra molto più interessata ai tagli alla Previdenza Sociale ed a Medicare che alla più generale lotta contro i deficit – ed anche niente affatto non faziosa come si dipinge. Nella sua lista di “principi cardine”, in effetti essa si pronuncia per aliquote fiscali più basse – posizione questa abbastanza singolare per persone che si dicono terrorizzate dal deficit di bilancio. E’ vero, il gruppo chiede aumenti delle entrate attraverso un non specificato ampliamento della base fiscale, ovvero attraverso la eliminazione delle scappatoie, Ma questo non è realistico ed è, se non si fosse notato, la posizione repubblicana.

  

Quello che ora sta accadendo è che tutti i gruppi finanziari da Peterson stanno cercando di sfruttare il ‘precipizio fiscale’ per far posto ad una agenda di tagli ai sussidi pubblici che non ha niente a che fare con la crisi in corso, usando ad arte un linguaggio ingannevole – come nella lettere della MacGuineas – per nascondere il ‘richiamo’ dell’allodola.

Sembra che il signor Schultz si sia fatto ingannare dai conservatori. Ma noi dovremmo evitarlo.



[1] Una associazione nata recentemente, appositamente sul tema del cosiddetto ‘precipizio fiscale’. Il termine significa “riformare/mettere ordine al debito”.

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