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Il grande borbottio sul bilancio (New York Times 2 dicembre 2012)

 

The Big Budget Mumble

By PAUL KRUGMAN
Published: December 2, 2012

 

In the ongoing battle of the budget, President Obama has done something very cruel. Declaring that this time he won’t negotiate with himself, he has refused to lay out a proposal reflecting what he thinks Republicans want. Instead, he has demanded that Republicans themselves say, explicitly, what they want. And guess what: They can’t or won’t do it.

No, really. While there has been a lot of bluster from the G.O.P. about how we should reduce the deficit with spending cuts, not tax increases, no leading figures on the Republican side have been able or willing to specify what, exactly, they want to cut.

 

And there’s a reason for this reticence. The fact is that Republican posturing on the deficit has always been a con game, a play on the innumeracy of voters and reporters. Now Mr. Obama has demanded that the G.O.P. put up or shut up — and the response is an aggrieved mumble.

 

Here’s where we are right now: As his opening bid in negotiations, Mr. Obama has proposed raising about $1.6 trillion in additional revenue over the next decade, with the majority coming from letting the high-end Bush tax cuts expire and the rest from measures to limit tax deductions. He would also cut spending by about $400 billion, through such measures as giving Medicare the ability to bargain for lower drug prices.

Republicans have howled in outrage. Senator Orrin Hatch, delivering the G.O.P. reply to the president’s weekly address, denounced the offer as a case of “bait and switch,” bearing no relationship to what Mr. Obama ran on in the election. In fact, however, the offer is more or less the same as Mr. Obama’s original 2013 budget proposal and also closely tracks his campaign literature.

So what are Republicans offering as an alternative? They say they want to rely mainly on spending cuts instead. Which spending cuts? Ah, that’s a mystery. In fact, until late last week, as far as I can tell, no leading Republican had been willing to say anything specific at all about how spending should be cut.

 

The veil lifted a bit when Senator Mitch McConnell, in an interview with The Wall Street Journal, finally mentioned a few things — raising the Medicare eligibility age, increasing Medicare premiums for high-income beneficiaries and changing the inflation adjustment for Social Security. But it’s not clear whether these represent an official negotiating position — and in any case, the arithmetic just doesn’t work.

 

Start with raising the Medicare age. This is, as I’ve argued in the past, a terrible policy idea. But even aside from that, it’s just not a big money saver, largely because 65- and 66-year-olds have much lower health costs than the average Medicare recipient. When the Congressional Budget Office analyzed the likely fiscal effects of a rise in the eligibility age, it found that it would save only $113 billion over the next decade and have little effect on the longer-run trajectory of Medicare costs.

 

Increasing premiums for the affluent would yield even less; a 2010 study by the budget office put the 10-year savings at only about $20 billion.

Changing the inflation adjustment for Social Security would save a bit more — by my estimate, about $185 billion over the next decade. But put it all together, and the things Mr. McConnell was talking about would amount to only a bit over $300 billion in budget savings — a fifth of what Mr. Obama proposes in revenue gains.

 

The point is that when you put Republicans on the spot and demand specifics about how they’re going to make good on their posturing about spending and deficits, they come up empty. There’s no there there.

And there never was. Republicans claim to be for much smaller government, but as a political matter they have always attacked government spending in the abstract, never coming clean with voters about the reality that big cuts in government spending can happen only if we sharply curtail very popular programs. In fact, less than a month ago the Romney/Ryan campaign was attacking Mr. Obama for, yes, cutting Medicare.

 

Now Republicans find themselves boxed in. With taxes scheduled to rise on Jan. 1 in the absence of an agreement, they can’t play their usual game of just saying no to tax increases and pretending that they have a deficit reduction plan. And the president, by refusing to help them out by proposing G.O.P.-friendly spending cuts, has deprived them of political cover. If Republicans really want to slash popular programs, they will have to propose those cuts themselves.

So while the fiscal cliff — still a bad name for the looming austerity bomb, but I guess we’re stuck with it — is a bad thing from an economic point of view, it has had at least one salutary political effect. For it has finally laid bare the con that has always been at the core of the G.O.P.’s political strategy.

 

Il grande borbottio sul bilancio, di Paul Krugman

New York Times 2 dicembre 2012

 

Nella perdurante battaglia sul bilancio, il Presidente Obama ha fatto qualcosa di veramente perfido. Dichiarando che questa volta non intende negoziare con se stesso [1], si è rifiutato di esporre una proposta che rifletta quello che lui pensa che i repubblicani vogliano. Piuttosto ha chiesto che i repubblicani dicano essi stessi esplicitamente cosa vogliono. E, indovinate un po’: non possono o non vogliono farlo.

Proprio no. Nel mentre c’erano state da parte del Partito repubblicano una quantità di smargiassate su come avrebbero ridotto il deficit attraverso tagli alla spesa pubblica, nessun dirigente repubblicano è stato capace o ha avuto voglia di specificare con esattezza cosa vogliano tagliare.

E c’è una ragione per questa reticenza. Il fatto è che l’atteggiamento repubblicano sul deficit è sempre stato un gioco truccato, un modo per beffarsi della mancanza di predisposizione ai numeri da parte degli elettori e dei giornalisti. Ora Obama ha chiesto al Partito Repubblicano cosa intenda proporre o far cessare, e la risposta è un malinconico borbottio.

Cosicché siamo a questo punto: come prima offerta nei negoziati, Obama ha proposto un incremento di 1.600 miliardi di dollari di entrate aggiuntive nel prossimo decennio, la maggioranza dei quali verrebbe dal lasciar estinguere gli sgravi fiscali di Bush ed il resto da misure per limitare le deduzioni fiscali. Inoltre egli vorrebbe tagli alla spesa pubblica per circa 400 miliardi di dollari, attraverso misure quali l’abilitare Medicare a negoziare prezzi dei medicinali più bassi.

I repubblicani hanno gridato all’oltraggio. Il Senatore Orrin Hatch, nel trasmettere la replica dei repubblicani al discorso settimanale del Presidente, ha denunciato l’offerta come un “prodotto civetta”, che non avrebbe alcuna relazione con le posizioni espressa da Obama durante le elezioni. Di fatto, tuttavia, l’offerta è più o meno la stessa della originale proposta di bilancio del Presidente per il 2013 e peraltro ricalca da vicino i temi della sua campagna elettorale.

Dunque, cosa stanno offrendo in alternativa i repubblicani? Essi dicono di volersi piuttosto affidare principalmente ai tagli della spesa. Quali tagli alla spesa? Beh, questo è un mistero. Di fatto, sino alla scorsa settimana, per quanto posso dire, nessun dirigente repubblicano aveva assolutamente voglia di proporre niente di preciso su come la spesa pubblica dovrebbe essere tagliata.

Il velo si è un po’ alzato allorquando il Senatore Mitch McConnell, in una intervista con The Wall Street Journal, alla fine ha fatto riferimento a poche cose – innalzare l’età di ammissione a Medicare, accrescere i contributi per i beneficiari di Medicare con alti redditi e modificare i meccanismi di adeguamento all’Inflazione della Previdenza Sociale. Ma non è chiaro se questa sia la posizione ufficiale al negoziato – e, in ogni caso, l’aritmetica è proprio difettosa.

Cominciamo con l’elevamento dell’età per Medicare. Come ho sostenuto in passato, si tratta di una idea terribile. Ma persino a prescindere da ciò, non sarebbe affatto un grande risparmio di denaro, in gran parte perché gli anziani sessantacinquenni e sessantaseienni hanno costi sanitari molto più bassi della media dei destinatari del servizio. Quando il Congressional Budget Office analizzò i probabili effetti finanziari di un incremento dell’età di ammissione, scoprì che si sarebbero risparmiati soltanto 113 miliardi di dollari nel corso del prossimo decennio e che in tal modo si sarebbe avuto un effetto modesto sulla traiettoria dei costi di Medicare nel lungo termine. 

Aumentare i contributi sui benestanti renderebbe anche di meno: uno studio del 2010 dell’Ufficio del Bilancio individuava i risparmi di un decennio all’incirca in solo 20 miliardi di dollari.

Modificare l’adeguamento all’inflazione per la Previdenza Sociale farebbe risparmiare un po’ di più – secondo una mia stima, circa 185 miliardi di dollari nel prossimo decennio. Ma mettete tutto insieme, e quanto detto dal signor Mitch McConnell ammonterebbe soltanto a un po’ di più di 300 miliardi di dollari di risparmi sul bilancio – un quinto di quanto Obama propone come aumento delle entrate.

Il punto è che quando si mettono i repubblicani alle strette e si chiedono i dettagli su come se la caveranno con le loro posizioni sulla spesa pubblica e sul deficit, viene fuori la loro inconsistenza. Non c’è niente di niente.

Né c’è mai stato. I repubblicani pretendono di essere a favore di una amministrazione pubblica più ristretta, ma nella realtà politica essi hanno sempre attaccato la spesa pubblica in astratto, non essendo mai chiari con gli elettori sul fatto che grandi tagli nella spesa pubblica possono aver luogo soltanto se riduciamo radicalmente programmi di interesse generale. Di fatto, meno di un mese fa la campagna elettorale di Romney/Ryan attaccava Obama perché tagliasse, appunto, Medicare.

Ora i repubblicani si scoprono incastrati. Con gli aumenti delle tasse che sono previsti per il primo di gennaio, non possono continuare col loro gioco di dire soltanto no agli aumenti delle tasse e di fingere di avere un programma di riduzione del deficit. E il Presidente, rifiutando di aiutarli con la proposta di tagli alla spesa favorevoli ai repubblicani, ha tolto loro ogni copertura politica. Se i repubblicani vogliono tagliare programmi di interesse generale, quei tagli li devono proporre loro stessi.

Dunque, se il ‘precipizio fiscale’ – che resta un pessimo modo per definire la bomba di austerità che si sta profilando, ma suppongo che ormai non se ne possa fare a meno – è una cosa negativa da un punto di vista economico, ha almeno avuto effetti politici salutari. Perché ha definitivamente messo a nudo l’imbroglio che è sempre stato al centro della strategia politica del Partito Repubblicano.



[1] E’ un modo di dire simpatico, che non vale la pena di tradurre con altre parole. Indica la situazione nella quale una persona, in un negoziato, si fa anzitutto carico della possibile posizione altrui, mediando anzitutto con se stesso, ovvero immaginandosi un terreno di compromessi prima ancora che il negoziato sia cominciato.

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