January 30, 2013, 8:01 am
Aha. In his latest op-ed, John Taylor comes out as a full-fledged monetary Calvinist. No, not a disciple of John Calvin, the preacher — a disciple of Calvin of Calvin and Hobbes.
Way back when, Mike Konczal felicitously made that analogy to discuss the people who were calling for a rise in interest rates despite high unemployment and low inflation — a group at the time exemplified by Raghuram Rajan. For those who don’t read the classics, Calvinball is a sport in which you change the rules whenever you feel like it, very much including in the middle of games.
Back then the tight-money types were inventing new and peculiar principles of monetary policy on the fly; it was obvious that they were looking for some reason, any reason, to justify a rise in rates, because, well, because.
Now Taylor is doing the same thing. He claims that he can show that the Fed’s low-rate policy is actually contractionary, using “basic microeconomic analysis”. Actually, as Miles Kimball points out, he’s committing a basic microeconomic fallacy — a fallacy you usually identify with Econ 101 freshmen early in the semester (and as it happens the same fallacy committed by Rajan).
For Taylor argues that low rates engineered by the Fed are just like a price ceiling that reduces the supply of loans, and therefore reduces overall lending.
Wow. No, the Fed’s interest rate target isn’t a price control; there is no legal or other restraint on the rates lenders can charge. The Fed is driving down interest rates, or equivalently driving up the price of bonds, by buying bonds; I can’t think of any kind of economic analysis in which that would reduce the quantity of bonds sellers end up issuing, that is, the amount of borrowing (and lending) in the economy.
It’s just bizarre, and bears no resemblance to anything a clearly-thinking economist would say.
All I can make of this is that Taylor, like Rajan, has some visceral dislike of easy-money policies, and is grasping at anything to justify his gut feelings. And that, ladies and gentlemen, is not how you do economics.
Economia monetaria calvinista
Ma guarda! Nel suo ultimo commento, John Taylor [1] viene fuori come un monetarista calvinista di sana pianta. No, non un discepolo di Giovanni Calvino, il predicatore – un discepolo di Calvino, del fumetto “Calvin and Hobbes” [2].
Molto tempo fa, Mike Konczal felicemente avanzò quella analogia per discutere le persone che chiedevano una crescita nei tassi di interesse nonostante l’elevata disoccupazione e la bassa inflazione – una gruppo che a quel tempo era rappresentato da Raghuram Rajan. Per quelli che non leggono i classici, il Calvinball è uno sport nel quale si cambiano le regole tutte le volte che ci fa piacere, compreso in particolar modo quando si è nel mezzo di una partita.
A quell’epoca i soggetti del caro-denaro si venivano inventando di sana pianta nuovi e particolari principi di politica monetaria; era ovvia che stavano cercando qualche ragione, una ragione qualsiasi, per giustificare una crescita dei tassi, poiché … beh, non si sa.
Ora Taylor sta facendo la stessa cosa. Egli sostiene di poter dimostrare che la politica dei bassi tassi della Fed è nei fatti restrittiva, utilizzando “analisi microeconomiche elementari”. In effetti, come mette in evidenza Miles Kimball, egli sta commettendo un errore microeconomico elementare – un errore che normalmente si ritrova negli studenti del primo anno delle facoltà di economia, agli inizi del semestre (e guarda caso era lo stesso errore commesso da Rajan).
Perché Taylor sostiene che i bassi tassi congegnati dalla Fed sono proprio come un tetto del prezzo che riduce l’offerta di mutui, e di conseguenza riduce in generale il credito.
Oddio! No, il tasso di interesse programmato dalla Fed non è un controllo del prezzo; non c’è alcun limite legale o di altra natura che i creditori possano caricare sui tassi. La Fed sta spingendo verso il basso i tassi di interesse, o spingendo verso l’alto i prezzi dei bonds (che è la stessa cosa), acquistando i bonds; non posso pensare ad una analisi economica di nessun genere nella quale i venditori si ritrovino ad emettere ciò che ridurrebbe la quantità dei bonds, vale a dire la somma dei prestiti (e dei crediti) nell’economia.
Si tratta solo di una stranezza, e non ha alcuna somiglianza con niente che un economista che ragioni in modo lineare direbbe.
Tutto quello che posso intendere a questo punto è che Taylor, come Rajan, hanno una sorta di antipatia viscerale con le politiche del denaro-facile, e si aggrappano a tutto pur di giustificare le loro intime sensazioni. Ed anche che, signore e signori, non è questo il modo di fare economia.
[1] L’articolo in questione è su Wall Street Journal del 28 gennaio.
[2] Calvin & Hobbes (Calvin and Hobbes) è una striscia a fumetti ideata e disegnata dal disegnatore statunitense Bill Watterson centrata sulle avventure di Calvin, un bambino di sei anni dall’immaginazione inarrestabile, e di Hobbes, la sua tigre di pezza. La striscia è stata pubblicata sui quotidiani statunitensi dal 18 novembre 1985 al 31 dicembre 1995 comparendo nel momento di massima popolarità su 2.400 pubblicazioni diverse. Alla pubblicazione di The Complete Calvin and Hobbes, i 17 volumi dedicati a questa striscia hanno venduto più di 30 milioni di copie.
L’ironico paragone tra l’economista Taylor ed il fumetto dipende, come si spiega in seguito, dalla tendenza di ambedue ad inventarsi le regole a gioco in corso. A parte, naturalmente, il possibile ‘qui pro quo’ del termine ‘calvinista’.
By mm
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