Blog di Krugman

La non-crescita della spesa pubblica statale (22 gennaio 2013)

 

January 22, 2013, 5:00 pm

The Non-Surge in Government Spending

The fiscal debate in Washington is dominated by things everyone knows that happen not to be true. One of those things is the notion that we have a fiscal crisis, an assertion belied both by the low interest rates at which the Feds can borrow and by the fact that medium-term deficit projections really aren’t that alarming. Another is the notion that our current deficit is driven by a surge in government spending.

I’ve written on various occasions about that latter point, but we’re further along in the business cycle now, so it’s time for an update.

 

The crucial thing to understand here is that you do need to take the state of the business cycle into account; it’s not enough simply to do what Nate Silver, for example, does, and look at spending as a share of GDP — a calculation that can be deeply misleading in the aftermath of a severe recession followed by a slow recovery.

 

Why does this matter? First, if the economy is depressed — if GDP is low relative to potential — the share of spending in GDP will correspondingly look high. Suppose that you have commitments to defense, to Social Security, to Medicare that are growing at rates consistent with the long-run growth in the economy; if the economy plunges and then takes a long time to get back to trend, those spending programs will temporarily account for a larger share of GDP, even if there hasn’t been any acceleration in their growth.

 

Second, there are some programs — unemployment benefits, food stamps, to some extent Medicaid — that tend to spend more when the economy is depressed and more people are in distress. And rightly so! You don’t want to take a temporary spike in UI payments after a deep slump as a sign of runaway spending.

So how can we get a better picture? First, express spending as a share of potential rather than actual GDP; we can use the CBO estimates of potential for that purpose. Second, keep your eye on the business cycle — and, in particular, on how spending is evolving now that a gradual recovery is underway.

 

So, let’s look first at a longish time series of total government spending as a share of potential GDP:

giu 23 19

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ratio of government spending to potential GDP.

What you see is not a sustained upward trend: there’s actually a considerable fall during the Clinton years, reflecting in part falling defense spending, then a more modest rise in the Bush years, mainly reflecting spending on the War on Terror (TM), and finally a temporary surge associated with the financial crisis — but much of that surge has already been reversed.

Here’s a closeup on Bush’s last two years and Obama’s first four:

giu 23 4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

That was the spending surge that was.

Now, there’s still stuff out there that will, under current law, lead to rising spending: mainly an aging population plus rising health care costs. And some of that is already affecting spending trends. But the idea that we’ve had some kind of spending surge, and that current deficits reflect that surge, is just wrong, and distorts public discussion.

 

La non-crescita della spesa pubblica statale

 

Il dibattito sulla finanza pubblica a Washington è dominato da cose che tutti sanno, alla prova dei fatti, non esser vere. Una di esse è la nozione che abbiamo di crisi finanziaria pubblica, una idea smentita sia dai bassi tassi di interesse ai quali la Fed può indebitarsi, sia dal fatto che le proiezioni del deficit nel medio termine non sono così allarmanti. Un’altra è il concetto secondo il quale il deficit attuale sia guidato da un crescita della spesa pubblica.

Ho scritto in varie occasioni su questo secondo aspetto, ma oggi siamo ulteriormente avanti nel ciclo economico, dunque è il momento di un aggiornamento.

La cosa cruciale da comprendere in questo caso è che si deve mettere nel conto la situazione del ciclo economico; è semplicemente insufficiente fare quello che fa Nate Silver, per esempio, e guardare alla spesa pubblica come percentuale del PIL  – un calcolo che può essere profondamente fuorviante all’indomani di una grave recessione seguita da una lenta ripresa.

Perché questo è importante? In primo luogo, se l’economia è depressa – se il PIL è basso in relazione al suo potenziale – la quota della spesa pubblica sul PIL sembrerà corrispondentemente elevata.  Supponete di avere impegni nel confronti della difesa, dell Previdenza Sociale, di Medicare che stanno crescendo a ritmi coerenti con la crescita di lungo periodo dell’economia; se l’economia crolla e poi occorre un lungo periodo per  tornare alle tendenze precedenti, quei programmi di spesa temporaneamente avranno il valore di un quota superiore di PIL, anche se non c’è stata alcuna accelerazione nella loro crescita.

In secondo luogo, ci sono alcuni programmi  – i sussidi di disoccupazione, gli aiuti alimentari [1], in qualche misura Medicaid – che tendono a spendere maggiormente quando l’economia è depressa e un numero maggiore di persone sono in difficoltà. E’ chiaro che è così! E non dovete considerare un picco nei pagamenti dell’indennità di disoccupazione dopo una profonda crisi come il segno di una spesa pubblica fuori controllo.

Come possiamo, dunque, avere una rappresentazione migliore? In primo luogo, si deve esprimere la spesa come percentuale del PIL potenziale anziché di quello in corso; a questo scopo possiamo utilizzare le stime del PIL potenziale del Congressional Budget Office. In secondo luogo, fare attenzione al ciclo economico – e, in particolare, a come la spesa si sta evolvendo ora che una graduale ripresa è in atto.

Si guardi, dunque, in primo luogo ad una sequenza temporale sufficientemente lunga della spesa come quota del PIL potenziale:

giu 23 19

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quella che osservate non è una pronunciata tendenza verso l’alto; durante gli anni di Clinton ci fu in effetti una considerevole caduta durante gli anni di Clinton, che in parte rifletteva una caduta nelle spese per la difesa, poi una crescita più modesta negli anni di Bush, che principalmente rifletteva la spesa per  la cosiddetta Guerra al Terrorismo, finalmente una crescita associata alla crisi finanziaria – gran parte della quale, però, è già stata invertita.

Ecco un primo piano degli ultimi due anni di Bush e dei primi quattro anni di Obama:

giu 23 4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa è stata la crescita della spesa pubblica che c’è stata.

Ora, ci sono ancora cose, oltre a queste, che, a legislazione costante, porteranno ad aumenti della spesa: principalmente una popolazione che invecchia in aggiunta a costi crescenti di assistenza sanitaria. E alcune di queste stanno già influenzando i trends di crescita. Ma l’idea secondo la quale abbiamo avuto una qualche genere di impennata nella spesa, e che i deficit attuali riflettano tale aumento, è del tutto sbagliata e distorce il dibattito pubblico.



[1] I “food stamps” sono effettivamente le “carte per gli alimenti/buoni pasto”. Essi provengono da programmi assistenziali federali, soprattutto a favori dei bambini poveri più piccoli e della madri povere partorienti. Si consideri che in America le condizioni di miseria riguardano – secondo dati ricordati recentemente da Stiglitz – un quinto della popolazione infantile; peggio che il Grecia ed in Bulgaria.

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