Blog di Krugman

Spesa di consumo e negazionismo dell’ineguaglianza (25 gennaio 2013)

 

January 25, 2013, 10:36 am

Consumer Spending and Inequality Denial

I’ve been debating rising inequality with the usual suspects for a couple of decades (despite what it says on this piece, it was actually published in 1992). And what you always encounter from the right is a sort of defense in depth: claims, based on tortured statistics, that it isn’t happening; claims, based on similarly tortured statistics, that it doesn’t matter; and claims that anyway it’s a good thing. You might think that people would have to choose one of these lines: you can’t simultaneously say that inequality isn’t rising and that the rise is a good thing, can you? Well, yes you can; we’re engaged in a political defense of the 1% here, not research.

So, the latest is a piece by Donald Boudreaux and Mark Perry purporting to debunk the notion of middle-class stagnation. Their key piece of evidence is the claim that spending on “basics” has been steadily falling as a share of income, showing that people are finding it ever easier to meet the essential demands of middle-class life.

Jim Tankersley at Wonkblog does a partial debunking of the debunking, pointing out that the Boudreaux-Perry definition of “basics” is more than a bit dubious:

According to the Bureau of Economic Analysis, spending by households on many of modern life’s “basics”—food at home, automobiles, clothing and footwear, household furnishings and equipment, and housing and utilities—fell from 53% of disposable income in 1950 to 44% in 1970 to 32% today.

So, as Tankersley notes, autos but not gas to drive them; only food at home, in a two-earner-family society where at least some eating out has become a necessity; no mention of medical care or education.

 

 

But there’s a much bigger bait and switch here. Remember, the question is what’s happening to the middle class. Nobody questions the fact that America has grown richer over the past several decades. The question is whether that growing wealth has trickled down to ordinary families, or gone mainly to a small elite. Yet when Boudreaux and Perry invoke consumer data, it’s data for all households — in effect, mixing the top quintile (and the top 1 percent) with the middle class.

 

Does this make a difference? I’ve done a quick and dirty cut at the Consumer Expenditure Survey data, which unfortunately run only back to 1984, but which do give us spending patterns by income quintile. If you define “basics” as food, shelter, clothing, and transportation, it turns out that these basics accounted for 70.9 percent of overall spending in 1984, but fell to 67.0 percent in 2011 — suggesting some progress. But what’s driving that decline is the top quintile, whose spending on basics fell from 67.5 percent to 62.2 percent. The middle quintile’s spending share on basics was basically unchanged, going from 69.7 percent to 69.8 percent.

I’m sure that others can do a more careful and better cut here. But just consider what’s going on here: Boudreaux and Perry deny that the middle class is facing stagnation, and then they offer evidence that, on the face of it, is really telling us only that a growing share of income is going to the very affluent, who — surprise! — spend only a relatively small share of their high incomes on necessities.

I mean, if we had data for Ancien Regime France, I’d bet we’d find a relatively large share of total income going to things that weren’t necessities — wigs, formal gowns, servants, chateaux. Clearly, the French middle class was thriving in the 1780s!

The BR piece is, in short, a complete non sequitur — which, given the way the inequality debate has run all along, should come as no surprise.

 

Spesa di consumo e negazionismo  dell’ineguaglianza

 

Ho discusso con i ‘soliti noti’ sulla crescente ineguaglianza da una ventina d’anni (nonostante quello che si dice nell’articolo connesso, venne in effetti pubblicato nel 1992 [1]). E quello che sempre si incontra da parte della destra è una sorta di difesa ‘a riccio’ [2]; la pretesa, basata su statistiche stiracchiate, che non ci sia stata ineguaglianza crescente; la pretesa, basata su statistiche altrettanto contorte, che non sia una cosa importante; e la pretesa che in ogni caso sia stato un bene. Si potrebbe pensare che quelle persone avrebbero dovuto scegliere una di queste linee; non si può contemporaneamente dire che l’ineguaglianza non sta crescendo e che la crescita di essa sia una buona cosa, non è così? Ebbene, si può: noi siamo impegnati nelle difesa politica dell’1 per cento dei più ricchi, non in una ricerca.

Dunque, l’ultima è un articolo di Donald Boudreaux e di Mark Perry che pretende di togliere di mezzo l’idea di una stagnazione della classe media. La loro prova fondamentale consiste nella pretesa che la spesa sulle cose ‘essenziali’ sia costantemente diminuita come quota del reddito, mostrando che le persone trovano sempre più semplice esaudire le domande essenziali della classe media.

Jim Tankersley su Wonkblog liquida la liquidazione, sottolineando che la definizione di Boudreaux-Perry di “cose essenziali” è quantomeno dubbia:

“Secondo il Bureau of Economic Analysis, la spesa delle famiglie su molte delle cose “essenziali” della vita – il cibo casalingo, le automobili, gli abiti e le calzature, i mobili e gli elettrodomestici nonché le spese per le abitazioni e per i servizi relativi – è caduta dal 53% del reddito disponibile nel 1950, al 44% nel 1970, al 32% di oggi.”

Dunque, come dice Tankersley, automobili ma non carburante per viaggiare; solo cibo nelle abitazioni, in una società di famiglie con due redditi nelle quali almeno qualche cena al ristorante è diventata una necessità; per non parlare delle cure mediche o dell’istruzione.

Ma qua c’è molto di più che un trucco per le allodole [3]. Si ricordi, la domanda è quello che sta accadendo alla classe media. Nessuno mette in dubbio il fatto che l’America sia diventata più ricca ne corso dei passati decenni. La domanda è se quella ricchezza crescente sia ricaduta sino alle normali famiglie, o se sia finita solo ad una piccola élite. Tuttavia, quando Boudreaux e Perry invocano le statistiche sui consumi, esse riguardano tutte le famiglie – mescolando il quintile superiore (e la vetta dei ricchissimi dell’1 per cento) con la classe media.

Questa fa una differenza? Ho fatto una rapida e sommaria selezione  sulle statistiche del Consumer Expenditure Survey, che sfortunatamente arrivano solo al 1984, ma che ci forniscono proprio i modelli di spesa per quintili di reddito. Se si definiscono “essenziali” il cibo, l’alloggio, il vestiario ed i trasporti, viene fuori che queste cose essenziali contavano il 70,9 per cento della spesa complessiva nel 1984, ma sono cadute al 67 % nel 2011, suggerendo un qualche progresso. Ma quello che sta guidando quel declino è il quintile superiore, le cui spese sulle cose essenziali sono cadute dal 67,5% al 62,2%. La percentuale di spesa sulle cose essenziali del quintile intermedio è rimasta praticamente immutata, andando dal 69,7 per cento al 69,8 per cento.

Sono sicuro che altri potranno fare a questo proposito una selezione più accurata e migliore. Ma ci si limiti a considerare quello che sta succedendo in questo caso: Boudreaux e Perry negano che la classe media sia di fronte ad una stagnazione, dopo di che offrono una prova che, di per sé, ci dice soltanto che una quota crescente di reddito sta andando ai benestanti, i quali – sorpresa! – spendono solo una parte relativamente piccola dei loro alti redditi   sulle cose necessarie.

Voglio dire, se avessimo le statistiche dell’ Ancien Regime in Francia, scommetterei che troveremmo una parte relativamente ampia del reddito totale che andava su oggetti non necessari – parrucche, abiti da cerimonia, servi e castelli. Chiaramente, l classe media francese se la passava bene negli anni attorno al 1780!

L’articolo di Boudreaux-Perry, in breve, è una deduzione completamente illogica – che, dato il modo in cui procede il dibattito sull’ineguaglianza, non dovrebbe sembrare una sorpresa.



[1] L’articolo nel link apparve nella rivista “The American Prospect” nel dicembre del 2001, ma probabilmente si basava su materiale assai precedente.

[2] In effetti “in depth” sarebbe più “meticolosa, dettagliata, onnicomprensiva”, ma il senso mi pare più quello.

[3] Per il dizionario la tecnica del “bait and switch” è traducibile con l’italiano “prodotto civetta”, o “tecnica di adescamento commerciale”.

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