February 27, 2013, 1:12 pm
In discussing fiscal policy, I’ve been fond of quoting St. Augustine: “Grant me chastity and continence, but not yet”. Trying to slash the deficit while the economy is still up against the zero lower bound is a really bad idea, because it will depress the economy further and hurt both growth and revenue.
What’s more, there really isn’t any huge urgency about deficit reduction. Borrowing costs are low, and current projections show only a modest rise in the debt-GDP ratio over the next decade. Beyond that there are bigger issues — but these issues don’t have to be solved right away, and should not be used to justify growth-killing austerity now.
But hey, I’m a crazy economic hippie, whom nobody agrees with — except, well, the chairman of the Federal Reserve. Allowing for the constraints of rhetoric that come with his position, Ben Bernanke’s testimony today was highly Krugmanesque:
Significant progress has been made recently toward reducing the federal budget deficit over the next few years. The projections released earlier this month by the Congressional Budget Office (CBO) indicate that, under current law, the federal deficit will narrow from 7 percent of GDP last year to 2-1/2 percent in fiscal year 2015.8 As a result, the federal debt held by the public (including that held by the Federal Reserve) is projected to remain roughly 75 percent of GDP through much of the current decade.
However, a substantial portion of the recent progress in lowering the deficit has been concentrated in near-term budget changes, which, taken together, could create a significant headwind for the economic recovery … Moreover, besides having adverse effects on jobs and incomes, a slower recovery would lead to less actual deficit reduction in the short run for any given set of fiscal actions.
…
To address both the near- and longer-term issues, the Congress and the Administration should consider replacing the sharp, frontloaded spending cuts required by the sequestration with policies that reduce the federal deficit more gradually in the near term but more substantially in the longer run.
Of course, credentials aren’t dispositive here; Bernanke could be all wrong, failing to understand that if we don’t slash spending now now now we’ll turn into Greece, Greece I tell you. But these remarks should give pause to all the people who imagine that “nobody” except me and a couple of other crazies think that we’re paying far too much attention to short-term deficits.
Bernanke di Ippona [1]
Quando discuto di politica della finanza pubblica, sono affezionato ad una citazione di S. Agostino: “Concedimi la castità e la continenza, ma non ancora”. Cercare di abbattere il debito mentre l’economia è ancora alle prese con il limite inferiore di zero è davvero una cattiva idea, giacché deprimerà maggiormente l’economia e comprometterà sia la crescita che le entrate.
Quello che c’è in più, è che non esiste realmente alcuna generale urgenza di riduzione del deficit. I costi dell’indebitamento sono bassi e le attuali previsioni mostrano soltanto una modesta crescita nel rapporto debito-PIL nel prossimo decennio. Oltre a ciò, ci sono altri temi più importanti – ma questi temi non devono essere risolti immediatamente, e non dovrebbero essere usati per giustificare adesso una austerità che ammazza la crescita.
Ma, sapete, io sono un bizzarro ragazzaccio dell’economia, con il quale nessuno va d’accordo – ad eccezione, beh, del Presidente della Federal Reserve. In coerenza con i limiti di linguaggio consoni alla sua posizione, la testimonianza odierna di Ben Bernanke è stata del tutto “krugmanesca”:
“E’ stato di recente compiuto un significativo progresso verso una riduzione del deficit del bilancio federale per i prossimi anni. Le previsioni rilasciate agli inizi del mese dal Congressional Budget Office (CBO) indicano che, a legislazione vigente, il deficit federale si restringerà dal 7 per cento del PIL dell’anno passato al 2,5 per cento degli anni finanziari 2015 – 2018. Di conseguenza, il debito federale in mano allo Stato (incluso quello detenuto dalla Federal Reserve) si prevede che resti grosso modo attorno al 75 per cento del PIL per gran parte del decennio in corso.
Tuttavia, una parte sostanziale dei progressi recenti nell’abbassamento del deficit sono stati concentrati in cambiamenti di bilancio a breve termine, i quali, considerati nel loro complesso, potrebbero provocare un significativo movimento avverso alla ripresa economica … Inoltre, oltre ad avere effetti negativi sui posti di lavoro e sui redditi, una ripresa più lenta porterebbe, nel breve periodo e per ogni settore considerato di iniziative finanziarie, ad una riduzione del deficit minore di quella in corso.
…
Rivolgendosi sia al breve che al più lungo termine, il Congresso e la Amministrazione dovrebbero prendere in considerazione di sostituire i tagli alla spesa pubblica bruschi e frontali imposti dal cosiddetto “sequestro” [2] con politiche che riducano il deficit federale più gradualmente nel breve periodo e più sostanzialmente nel lungo.”
Naturalmente, in questo caso le credenziali non sono in sé risolutive: Bernanke potrebbe sbagliare tutto, non riuscendo a capire che se non si abbatte la spesa immediatissimamente, finiremo assolutamente come la Grecia. Ma queste osservazioni dovrebbero frenare tutti quelli che si immaginano che “nessuno”, ad eccezione del sottoscritto e di altri due pazzi, pensi che stiamo prestando una attenzione esageratamente grande ai deficit di breve periodo.
[1] [1] Sant’Agostino viene consacrato vescovo di Ippona nel 396. Ippona (in latino Hippo Regius) è un’antica città del nord Africa, l’odierna Algeria. Sorge non molto distante dalla foce del fiume Ubi. Sant’Agostino parlando di Ippona descrive la bellezza della baia con le seguenti parole: “il mare si copre di un manto iridato dalle sfumature di porpora e azzurro”.
[2] “Sequestro” è l’espressione coniata per quello che potremmo definire il terzo periodo della ‘trilogia’ del dibattito politico americano degli anni recenti. Si è passati dallo psicodramma del “debt ceiling” (“tetto del debito”) del 2011, a quello del “fiscal cliff” (“precipizio fiscale”) della parte finale del 2012, infine all’attuale “sequester”. In modi diversi, esprimono tutti e tre il confuso scontro aperto nel Congresso sui temi delle politiche fiscali e di contenimento della spesa pubblica.
Quanto al termine “sequestro” il significato mi pare questo: il bilancio è come messo sotto sequestro, nel senso che è ipotecato dalle scadenze fissate in precedenza, nella logica dei rinvii.
By mm
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