February 24, 2013, 8:43 am
Binyamin Applebaum reports on a new paper by Greenlaw et al alleging that bad things will happen to America, because debt over 80 percent of GDP leads to high interest rates, and is skeptical – but not skeptical enough. I found the paper amazing, and not in a good way.
As Applebaum says, Japan poses a big problem for this kind of analysis. So the question is whether Japan is a special case. The argument that it isn’t revolves around the suggestion that what really matters is borrowing in your own currency – in which case the US and the UK are, in terms of borrowing costs, like Japan rather than Greece. That’s certainly what the De Grauwe (pdf) analysis suggests.
Even the quickest look at the data suggests that there’s something to this argument; for example, taking data from the paper itself, and dividing the countries into euro and non-euro, we get a scatterplot like this:
It’s not just Japan, off at the far right, that looks different; Canada, the UK and the US, the three red squares along the middle bottom, also seem to have borrowing costs well below what euro-area experience might have suggested.
Furthermore, the experience since mid-2012, in which the ECB drove spreads down sharply after it signaled its willingness to head off self-fulfilling liquidity crises — which can’t happen to countries with their own currencies – also suggests that the own-currency issue is crucial.
So how do Greenlaw et al respond to this issue? Well, they don’t – not at all. They don’t even cite De Grauwe. So as far as I can tell this paper isn’t helpful at all; it ignores the key question in the whole debate.
Debito, spreads e misteriose omissioni
Binyamin Applebaum ha un resoconto di un nuovo studio di Greenlaw ed altri che sostengono i guai che verranno all’America a causa del fatto che il debito superiore all’80 per cento del PIL porterà ad alti tassi di interesse, ed è scettico – ma non scettico abbastanza.
Come dice Applebaum, il Giappone costituisce un grande problema per questo genere di analisi. Dunque, la domanda è se il Giappone sia un caso speciale. L’argomento che non appare ruota attorno alla impressione che quello che realmente conti sia avere debito nella propria valuta – per la quale ragione gli Stati Uniti e l’Inghilterra sono, in termini di costi dell’indebitamento, come il Giappone piuttosto che come la Grecia. Questo è sicuramente quanto suggerisce l’analisi di De Grauwe (disponibile in pdf).
Anche un’occhiata rapidissima suggerisce che c’è qualcosa a favore di quest’argomento; per esempio, si prendano i dati dallo stesso saggio e si dividano i paesi tra appartenenti all’euro e non appartenenti [1], si ottiene una grafico a diffusione come il seguente:
Non è solo il Giappone, in fondo a destra, ad essere diverso; il Canada, l’Inghilterra e gli Stati Uniti, i tre quadratini rossi in fondo sulla metà, sembrano anch’essi avere costi di indebitamento ben al di sotto di quelli che l’esperienza dell’area euro potrebbe aver suggerito.
Inoltre, l’esperienza dalla metà del 2012, quando la BCE spinse bruscamente in basso gli spreads dopo aver manifestato la sua volontà di sbarrare la strada a crisi di liquidità che si autoavverano – cosa che non accade ai paesi che sono dotati di valuta propria – suggerisce anch’essa che il tema della valuta propria è cruciale.
Come rispondono, dunque, Greenlaw e gli altri si questo tema? Ebbene, non lo fanno, non rispondono affatto. Neppure citano De Grauwe. Dunque, per quello che posso dire, quel saggio non è affatto di aiuto; ignora la questione fondamentale dell’intero dibattito.
[1] Nel grafico successivo i paesi dell’area euro sono indicati con quadratini blu, quelli di aree non euro – e quindi con proprie valute nazionali . con quadratini rossi.
By mm
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