Blog di Krugman

Il grande declino del dollaro (18 febbraio 2013)

 

February 18, 2013, 8:45 am

The Great Dollar Decline

Matt O’Brien is covering the continuing Scarborough freakout over bearded prophets of non-doom; better him than me. I would say that JoScar is making progress. He seems to have graduated from frantic appeals to imagined authority — nobody else is saying what that guy says! — to efforts to make his case with actual data. Unfortunately, you really need some background knowledge — actually, quite a lot of background knowledge — before you try using economic data to tell stories, a point O’Brien makes abundantly clear.

 

But this particular episode jogged me into doing something I’ve been meaning to do for a while: talk about the causes of the big decline in the dollar during the Bush years. As O’Brien says, it’s ludicrous to blame this pre-crisis decline on deficits that only ballooned after the crisis struck; it’s also bizarre to think of the dollar’s decline as a tragedy, when it actually took place in the context of mostly low inflation and a growing economy. Still, what was actually going on?

First, we need some perspective. Here’s the 40-year history of the real dollar:

 

 

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What you see right away is that the dollar fluctuates a lot, so impressions of big decline depend a lot on your starting point. Think of it this way: maybe the question isn’t why the dollar fell so much during the Bush years, but rather why it was so strong during the late Clinton years. (The tech boom/bubble is an obvious answer).

It’s also interesting to ask who the dollar declined against. And the main answer is Canada and Europe, which together account for more than a third of the overall dollar index. Here’s the exchange rate against the euro and the exchange rate against the loonie; both are nominal, not real rates, but since Canadian and European inflation rates are low and close to ours, that’s not a problem:

So: the euro was extraordinarily weak in the early 2000s (which I remember from a wonderful bike trip in Burgundy), reflecting teething troubles with the new currency. It recovered, and has stayed strong despite the crisis because of the refusal of the European Central Bank to match the easing of other central banks. Canada, meanwhile, saw its currency rise along with a great commodity boom.

In short, it’s not me, it’s you — the decline in the dollar under Bush probably had more to do with what was going on in our trading partners than with what was going on here. And in any case, again, it was not a problem for America.

 

Il grande declino del dollaro

 

Matt O’Brien dà notizia dei perduranti attacchi di ansia da parte di Scarborough per i profeti barbuti della non-sventura [1]: meglio lui di me. Direi che Joscar sta facendo progressi. Sembra che stia passando da convulsi appelli ad una autorità immaginaria – “nessun altro sostiene quello che sostiene quell’individuo” – agli sforzi di sostenere la sua posizione con dati effettivi. Sfortunatamente, c’è proprio bisogno di qualche conoscenza pregressa – in effetti, almeno un po’ – prima di provare ad utilizzare le statistiche economiche per raccontare storie, punto questo che O’Brien chiarisce esaurientemente.

Ma questo episodio particolare mi ha spinto a fare una cosa che avevo intenzione di fare da un po’ di tempo: parlare del grande declino del dollaro negli anni di Bush. Come dice O’Brien, è grottesco dare la colpa di questo declino precedente alla crisi ai deficit che sono cresciuti a vista d’occhio solo dopo lo scoppio della crisi; è anche bizzarro pensare alla crisi del dollaro come ad una tragedia, quando esso effettivamente prese piede nel contesto di una inflazione per lo più bassa e di una economia in crescita. Tuttavia, cosa accadde  effettivamente?

 

In primo luogo, abbiamo bisogno di un po’ di prospettiva. Ecco 40 anni di storia effettiva del dollaro:

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Quello che subito si nota è che il dollaro fluttua ampiamente, cosicché l’impressione di una grande declino dipende molto dal vostro punto di partenza. Diciamo così: forse la domanda non è perché il dollaro cadde così tanto durante gli anni di Bush, ma piuttosto perché era così forte durante gli anni di Clinton (e la risposta ovvia è il boom e poi la bolla dell’industria tecnologica avanzata [2]).

E’ anche interessante chiedersi a danno di chi declinò il dollaro. E la risposta principale è il Canada e l’Europa, che realizzarono assieme più di un terzo dell’indice complessivo del dollaro. Ecco il tasso di cambio nei confronti dell’euro e del loonie [3]; sono entrambi tassi di cambio nominali, non reali, ma dal momento i tassi canadesi ed europei di inflazione non sono molto diversi dai nostri, quello non è un problema:

Dunque: l’euro fu straordinariamente debole nei primi anni 2000 (cosa della quale ho memoria per un meraviglioso viaggio in bicicletta in Borgogna), riflettendo difficoltà iniziali con la nuova valuta. Esso si riprese, e rimase forte nonostante la crisi a causa del rifiuto della Banca Centrale Europea a compensare gli interventi di mitigazione da parte delle altre banche centrali. Il Canada, nel frattempo, vedeva la propria valuta risalire a seguito di un grande boom delle materia prime.

In breve, sono argomenti a favore mio, non vostro – il declino del dollaro negli anni di Bush ebbe probabilmente più a che fare con quello che stava accadendo ai nostri partners commerciali che con quello che stava succedendo qua. E, in ogni caso, ancora una volta, quello non fu un problema per l’America.


 

 


[1] Nel senso che la posizione di Krugman (e ormai di tanti) è che non esiste un rovinoso problema di debito negli Stati Uniti, e contro questa posizione il conduttore televisivo e politico conservatore Joe Scarborough ha intrapreso una specie di crociata. Krugman lo chiama spesso “JoScar”.

[2] Per “tech boom/bubble” si intende in generale una grande crescita/bolla speculativa dell’economia derivante dagli effetti di tecnologie innovative. In questo contesto, il riferimento è alla “Dot-com boom” (o “Internet bubble” o “Information Technology bubble”), ovvero alla bolla speculativa che durò all’incirca tra il 1997 ed il 2000. Durante quel periodo i mercati azionari dei paesi industrializzati videro i titoli del settore di Internet e delle attività collegate, particolarmente del commercio on-line, salire rapidamente. Il collasso della bolla avvenne negli anni 2000 – 2001, con il fallimento di alcune importanti imprese come Pets.com, e la perdita di capitalizzazione sui mercati di altre, come Cisco. Avvenne anche che alcune imprese riuscirono a riprendersi ed a conquistare posizioni più elevate che in precedenza, come Amazon.com.

[3] Il dollaro canadese. Si chiama “loonie” perché si un lato presenta l’immagine di un uccello acquatico, strolaga o tuffetto, in inglese “loon”:

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