Altri Economisti

Niente discussioni, per piacere, siamo europei, di Jonathan Portes (15 febbraio 2013)

 

 

No debate please, we’re Europeans

portes

 

 

 

 

 

By Jonathan Portes

 

I pointed out late last year that European Commission Vice President Olli Rehn has been predicting for at least two years that, thanks to the excellent policies recommended by the Commission and the European Central Bank, economic recovery in the crisis economies of the eurozone is imminent. However, this week – perhaps noting that outside the financial markets, the light at the end of the tunnel that he is fond of referring to appears to be receding – he’s tried a different tack. Blame the economists – and in particular, economists who want actually to use proper, theoretically based and empirically grounded analysis to critique the Commission’s policies. Mr Rehn, in a letter to European Finance Ministers, copied to other international financial luminaries like Christine Lagarde, says:

“I would like to make a few points about a debate which has not been helpful and which has risked to erode the confidence we have painstakingly built up over the last years in late night meetings. I refer to the debate about fiscal multipliers, ie the marginal impact that a change in fiscal policy has on economic growth. The debate in general has not brought us much new insight.”

Much of the rest of the letter is devoted to Mr Rehn’s (and presumably the Commission’s economists) attempt to debunk the findings of IMF Chief Economist Olivier Blanchard, who found, to no-one’s great surprise, that the adverse impacts of fiscal consolidation were indeed much greater than that forecast by the Fund or the Commission.
I won’t attempt a point by point rebuttal, but would note the following:

 

  • as I said here, it is quite true that on its own the Fund analysis doesn’t demonstrate that the Commission and Mr Rehn (and here the Treasury, Bank and OBR) are wrong. But the whole weight of the evidence, both theoretical and empirical, does. Our estimates of the impact of self-defeating austerity are here.

 

 

  • while Blanchard’s analysis is far from the end of the story, it is a professional piece of work by one of the world’s leading empirical macroeconomists. The Commission’s rebuttal, by contrast, would, as I say here, shame a first-year Masters’ student. [Briefly, for nerds, including sovereign yields as a “control variable” for growth outcomes is so obviously misspecified – yields are an outcome, not an exogeneous independent variable – as to be a straight fail.]

 

But of course the really surprising thing is that Mr Rehn should be writing to Finance Ministers, and the IMF Managing Director, complaining that an academic paper on a very policy-relevant, but highly technical issue of empirical macroeconomics, represented “debate which has not been helpful”. I’m not trying to get on any high horse about academic freedom; it just seems bizarre.
The optimistic conclusion is that Mr Rehn recognises that the economic justification, tenuous at the best of times, for the self-defeating austerity policies pursued by eurozone policymakers is crumbling – and that, if authored by the IMF Chief Economist, even quite a technical paper (and, who knows, even blogs like mine) can make a major contribution to undermining it and, maybe, lead to pressure for more sensible policies. Let’s hope so.

 

 

 Niente discussioni per piacere, siamo europei

portes

 

 

 

 

 

di Jonathan Portes

 

Avevo notato l’anno passato che il VicePresidente della Commissione Europea Olli Rehn aveva previsto per almeno due anni che, grazie alle eccellenti politiche raccomandate dalla Commissione e dalla Banca Centrale Europea, la ripresa economica dei paesi in crisi dell’eurozona sarebbe stata imminente. Tuttavia, questa settimana – forse accorgendosi che all’esterno dei mercati finanziari, la luce in fondo al tunnel alla quale egli ama fare riferimento sembra stia regredendo – ha provato una diversa modalità. Dar la colpa agli economisti –  e in particolare agli economisti che intendono utilizzare una analisi appropriata, teoricamente fondata ed empiricamente con i piedi per terra, per criticare le politiche della Commissione. Il signor Rehn, in una lettera ai Ministri europei delle Finanze, inviata in copia agli altri luminari come Christine Lagarde, dice: “Mi piace indicare pochi punti di un dibattito che non è stato di aiuto e che ha rischiato di erodere la fiducia che avevamo con attenzione costruito nel corso degli ultimi anni in incontri notturni. Mi riferisco al dibattito sui moltiplicatori fiscali,, ovvero sull’impatto marginale che una cambiamento della politica della finanza pubblica ha sulla crescita economica. In generale, quel dibattito non ci ha portato alcun nuovo elemento di comprensione”. Il resto della lettera è in gran parte rivolto ad un tentativo del signor Rehn (e presumibilmente degli economisti della Commissione) di sfatare le scoperte del principale economista (del FMI) Olivier Blanchard, che ha trovato, con particolare sorpresa da parte di nessuno, che gli impatti negativi del consolidamento delle finanze pubbliche erano stati in effetti molto maggiori di quanto previsto dal FMI e dalla Commissione.

Non mi proporrò una contestazione punto per punto, vorrei piuttosto notare le cose seguenti:

 

  • Come dissi in questo post (connessione con un articolo di Portes del 13 ottobre 2012) è abbastanza vero che l’analisi del Fondo non dimostra che la Commissione ed il signor Rehn (e qua da noi Il tesoro la Banca di Inghilterra e l’Office of Budget Responsability) abbiano torto. Ma lo dimostra il peso complessivo delle prove, sia teoriche che empiriche. Le nostre stime sull’impatto della controproducente austerità sono in questo articolo  (post del 31 ottobre).
  • Se l’analisi di Blanchard è lungi da costituire la parola definitiva sulla vicenda, essa è parte del lavoro professionale di uno dei principali economisti empirici del mondo. Al contrario, la confutazione della Commissione, come scrissi in questa occasione (connessione), farebbe vergogna ad un dottorando del primo anno. [Brevemente, per I cultori, includere I rendimenti sui debiti sovrani tra le “variabili di controllo’” sui risultati della crescita è così ovviamente inappropriato – i rendimenti sono un risultato, non una variabile indipendente esogena – da comportare una bocciatura immediata.]

 

Ma naturalmente la cosa davvero sorprendente è che il signor Rehn abbia dovuto scrivere ai Ministri delle Finanze, ed al Direttore responsabile del FMI, per lamentarsi che un saggio accademico su una tematica di macroeconomia empirica certamente rilevante da un punto di vista politico, ma squisitamente tecnica, abbia rappresentato “un dibattito che non è stato d’aiuto”. Non è il mio stile montare in cattedra sul tema della libertà accademica; solo mi sembra bizzarro.

La conclusione ottimistica è che il signor Rehn si stia rendendo conto che la giustificazione economica, il più delle volte esile, per le politiche di austerità autodistruttiva perseguite dagli uomini politici dell’eurozona stia andando in frantumi – se persino uno studio tecnico prodotto dal principale economista del FMI (e. chi lo sa, magari anche blogs come il mio) possono dare un importante contributo a metterla in crisi e, forse, a spingere per politiche più sensibili.  Speriamo sia così.

 

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