March 19, 2013, 8:25 am
Ugh. And I say that advisedly. John Cogan and John Taylor have a piece in the WSJ (where else) arguing that the latest Ryan budget would actually be expansionary, because confidence! It’s as if all the experience of recent years, in which the confidence fairy has yet to make an appearance, hasn’t happened.
But this is fairly standard; why the ugh?
Partly because the Ryan budget is so obviously ludicrous; it’s distressing to see credentialed economists lending support to the thing.
But also because Cogan and Taylor make a basically dishonest claim about the state of research. Reading them, you’d think that anyone who believes that contractionary policy is contractionary is just a simpleton who doesn’t know about expectations:
Our assessment is based on a modern macroeconomic model (developed with Volker Wieland of the University of Frankfurt and Maik Wolters of the University of Kiel) whose features include a recognition that the resources to finance government expenditures aren’t free—they withdraw resources from the private economy. The model provides for other essential attributes of the economy—that consumers, businesses and workers respond to incentives, and they are influenced by their expectation of future economic conditions when making decisions today. None of these features is provided for in old-style Keynesian models.
Actually, in a depressed economy the resources to finance government expenditures are free, because they would otherwise be unemployed. Mainly, however, the notion that Keynesians don’t believe that expectations of future conditions affect decisions today is … strange. Both old Keynesian and new Keynesian models — like Mike Woodford, whom they appear never to have read — are very much about expectations.
In fact, the only interesting question here is why their results are so different from Woodford’s. My guess is that they have slipped in some assumption that won’t stand scrutiny, like the notion that the Fed will raise rates even with the economy deeply below capacity. (They’ve done that before).
Anyway, sad stuff to see, and a disservice to readers.
Cogan, Taylor e la fata della fiducia
Ohibò! E lo dico a buona ragione. John Cogan e John Taylor pubblicano un articolo sul Wall Street Journal (dove, altrimenti?) sostenendo che l’ultimissimo bilancio di Ryan sarebbe effettivamente espansivo, per via della fiducia! E’ come se tutta l’esperienza degli anni recenti, nel corso dei quali la fata turchina della fiducia deve ancora fare una apparizione, non ci fosse stata.
Ma questo è abbastanza regolare: perché il disappunto?
In parte perché il piano di Ryan è così evidentemente ridicolo; si fa fatica a vedere economisti accreditati che concedono sostegno ad una cosa simile.
Ma anche perché Cogan e Taylor fanno una affermazione fondamentalmente disonesta sullo stato della ricerca. Leggendoli, credereste che tutti coloro che credono che una politica restrittiva sia restrittiva siano sempliciotti che non conoscono l’esistenza delle ‘aspettative’:
“Il nostro giudizio è basato su un modello macroeconomico moderno (sviluppato da Volker Wieland dell’Università di Francoforte e da Maik Wolters della Università di Kiel) le cui peculiarità comprendono il riconoscimento secondo il quale le risorse per finanziare le spese dello Stato non sono libere – esse sottraggono risorse all’economia privata. Il modello tiene conto di altri essenziali attributi dell’economia – che i consumatori, le imprese ed i lavoratori rispondono agli incentivi, e che sono influenzati dalla aspettativa delle condizioni economiche future quando prendono decisioni nel presente. I modelli nel vecchio stile keynesiano non tengono conto di nessuna di queste peculiarità”.
In realtà, in una economia depressa le risorse per finanziare le spese dello Stato sono libere, giacché altrimenti sarebbero inutilizzate. Fondamentalmente, tuttavia, il concetto per il quale i Keynesiani non ritengono che le aspettative delle condizioni future influenzino le decisioni presenti è …. strano. Sia i vecchi modelli Keynesiani che quelli recenti – come quello di Mike Woodford, che sembra essi non abbiano mai letto – riguardano molto le aspettative.
Di fatto, l’unica domanda interessante in questo caso è perché i loro risultati siano così differenti da quelli di Woodford. La mia impressione è che abbiano preso un abbaglio in qualche assunto che non resterebbe in piedi ad un esame minuzioso, come l’idea secondo la quale la Fed aumenterebbe i tassi di interesse anche con un’economia profondamente al di sotto delle sue potenzialità (l’hanno fatto in precedenza).
In ogni caso, roba triste da guardare, e un disservizio per chi la legge.
By mm
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