March 10, 2013, 7:05 am
The IMF has just released a new paper on austerity that is kind of heavy going (unnecessarily, I think), but ends up making a simple but important point.
Suppose that a government imposes fiscal austerity in a realistic fashion, with spending cuts getting steadily deeper relative to baseline over a period of several years. If the negative impact of these cuts is fairly large — which all the evidence coming in suggests is the case under current liquidity-trap conditions — and if the country starts from a fairly high level of debt — as the austerity countries do — something alarming is likely to happen. Instead of falling, the ratio of debt to GDP is likely to rise for years.
In part this is because a weaker economy shrinks revenues, offsetting a large part of the direct austerity. What pushes it over the top is the weakening of GDP, which increases the ratio.
I ran my own version of their simulations for a hypothetical country — call it Osbornia — which starts with debt at 100 percent of GDP and a budget deficit that would, left to itself, be consistent with a stable debt ratio thanks to 2 percent growth and 2 percent inflation. On this economy I impose 5 years of tightening at the rate of 1 percent of potential GDP each year, with a multiplier of 1.3 (which is about where recent estimates have been converging). Output ends up 6.5 percent below the baseline; debt looks like this:
Why does this matter? As the paper says,
Although this effect is not long-lasting and debt eventually declines, it could be an issue if financial markets focus on the short-term behavior of the debt ratio, or if country authorities engage in repeated rounds of tightening in an effort to get the debt ratio to converge to the official target.
(My emphasis).
And, of course, this destructive behavior is especially likely if said country authorities are firm believers in the notion that austerity does not depress output; they’ll see the weak performance either as “structural” or as showing the need for more confidence. Either way, they’ll see it as a reason to tighten even more.
Sound like anyone you know?
Il FMI sulla trappola dell’austerità
Il FMI ha appena pubblicato un nuovo studio sull’austerità che è un po’ ostico (non necessariamente, secondo me), ma che finisce con l’avanzare un punto semplice ma importante.
Si supponga che un Governo imponga una politica di austerità della finanza pubblica in un modo realistico, con tagli alle spese che diventano regolarmente più profondi in rapporto al punto di partenza per un certo numero di anni. Se l’impatto negativo di questi tagli è discretamente ampio – che tutte le prove in arrivo suggeriscono essere il nostro caso, nelle condizioni di trappola della liquidità – e se il paese parte da un alto livello del debito (come nella situazione dei paesi in austerità) è probabile che stia accadendo qualcosa di allarmante. Invece di ridursi, la percentuale del debito sul PIL è probabile che cresca nel corso del tempo.
In parte questo dipende dal fatto che un’economia più debole riduce le entrate, compensando larga parte degli effetti diretti dell’austerità. Quello che agisce in modo sproporzionato è l’indebolimento del PIL, che accresce il rapporto.
Ho fatto girare la mia propria versione delle simulazioni (del FMI) nel caso di un paese ipotetico – chiamiamolo Osbornia [1]– che parte con un debito al 100 per cento del PIL e con un deficit di bilancio che, lasciato a se stesso, sarebbe coerente con una percentuale stabile di debito, grazie ad un 2 per cento di crescita ed a un 2 per cento di inflazione. Su questa economia io impongo 5 anni di restrizione ad un ritmo dell’1 per cento di PIL potenziale ogni anno, con un moltiplicatore [2] di 1,3 (che è la misura sulla quale grosso modo le stime recenti convergono). La produzione finisce al 6,5 per cento al di sotto del punto di partenza; il debito appare in questo modo:
Perché questo è importante? Come dice lo studio:
“Sebbene questo effetto non sia duraturo ed alla fine il debito diminuisca, potrebbe essere un problema se i mercati finanziari si concentrassero sulla condotta di breve periodo della percentuale del debito, o se le autorità del paese si impegnassero in serie ripetute di restrizione nello sforzo di ottenere che la percentuale del debito converga con l’obbiettivo ufficiale.”
(sottolineatura mia.)
E, naturalmente, questa condotta distruttiva è particolarmente probabile se le suddette autorità del paese credono fermamente nell’idea che l’austerità non deprima la produzione; esse considereranno la debole prestazione come “strutturale” ed anche come la dimostrazione della necessità di una maggiore fiducia. In ogni modo, la considereranno come una ragione per una restrizione anche maggiore.
Vi fa venire in mente qualcuno di vostra conoscenza?
[1] Chiaramente il nome del paese è maliziosamente inventato sulla base del cognome del Cancelliere britannico dello Scacchiere, George Osborne, attualmente il secondo “crociato” della politica inglese di austerità (qua sotto). In effetti, i dati che Krugman assume nella sua simulazione sono più o meno quelli dell’Inghilterra.
[2] In questo caso, per moltiplicatore si intende l’effetto di riduzione aggiuntiva della produzione che deriva dalla sottrazione di ogni punto di domanda interna conseguente alle politiche di austerità. E’ lo stesso moltiplicatore, in forma inversa, che Keynes aveva – sulla base di una intuizione del suo collaboratore Richard Kahn – messo in evidenza nella sua Teoria Generale, mostrando come un incremento della spesa pubblica avrebbe comportato un incremento relativamente maggiore nella produzione e dunque nell’occupazione. In quel caso era un moltiplicatore che accresceva la forza dell’economia, in questo caso è un fattore di ulteriore riduzione entro una politica di restringimento della domanda.
Di recente il FMI ha, in modo abbastanza sensazionale, ammesso che le sue stime su questo ‘moltiplicatore negativo’ delle politiche di austerità erano troppo ottimistiche. Il moltiplicatore negativo ha indebolito le economie in austerità assai di più di quanto non fosse stato inizialmente previsto.
By mm
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