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Il network antisociale (New York Times 14 aprile 2013)

 

The Antisocial Network

By PAUL KRUGMAN

Published: April 14,

 

Bitcoin’s wild ride may not have been the biggest business story of the past few weeks, but it was surely the most entertaining. Over the course of less than two weeks the price of the “digital currency” more than tripled. Then it fell more than 50 percent in a few hours. Suddenly, it felt as if we were back in the dot-com era.

 

The economic significance of this roller coaster was basically nil. But the furor over bitcoin was a useful lesson in the ways people misunderstand money — and in particular how they are misled by the desire to divorce the value of money from the society it serves.

 

What is bitcoin? It’s sometimes described as a way to make transactions online — but that in itself would be nothing new in a world of online credit-card and PayPal transactions. In fact, the Commerce Department estimates that by 2010 about 16 percent of total sales in America already took the form of e-commerce.

So how is bitcoin different? Unlike credit card transactions, which leave a digital trail, bitcoin transactions are designed to be anonymous and untraceable. When you transfer bitcoins to someone else, it’s as if you handed over a paper bag filled with $100 bills in a dark alley. And sure enough, as best as anyone can tell the main use of bitcoin so far, other than as a target for speculation, has been for online versions of those dark-alley exchanges, with bitcoins traded for narcotics and other illegal items.

 

 

But bitcoin evangelists insist that it’s about much more than greasing the path for illicit transactions. The biggest declared investors in bitcoins are the Winklevoss brothers, wealthy twins who successfully sued for a share of Facebook and were made famous by the movie “The Social Network” — and they make claims for the digital product similar to those made by goldbugs for their favorite metal. “We have elected,” declared Tyler Winklevoss recently, “to put our money and faith in a mathematical framework that is free of politics and human error.”

 

The similarity to goldbug rhetoric isn’t a coincidence, since goldbugs and bitcoin enthusiasts — bitbugs? — tend to share both libertarian politics and the belief that governments are vastly abusing their power to print money. At the same time, it’s very peculiar, since bitcoins are in a sense the ultimate fiat currency, with a value conjured out of thin air. Gold’s value comes in part because it has nonmonetary uses, such as filling teeth and making jewelry; paper currencies have value because they’re backed by the power of the state, which defines them as legal tender and accepts them as payment for taxes. Bitcoins, however, derive their value, if any, purely from self-fulfilling prophecy, the belief that other people will accept them as payment.

 

 

However, let’s leave that strangeness on one side, along with the peculiar “mining” process — actually a process of complex calculation — used to add to the bitcoin stock. Instead, let’s focus on the two huge misconceptions — one practical, one philosophical — that underlie both goldbugism and bitbugism.

 

The practical misconception here — and it’s a big one — is the notion that we live in an era of wildly irresponsible money printing, with runaway inflation just around the corner. It’s true that the Federal Reserve and other central banks have greatly expanded their balance sheets — but they’ve done that explicitly as a temporary measure in response to economic crisis. I know, government officials are not to be trusted and all that, but the truth is that Ben Bernanke’s promises that his actions wouldn’t be inflationary have been vindicated year after year, while goldbugs’ dire warnings of inflation keep not coming true.

 

The philosophical misconception, however, seems to me to be even bigger. Goldbugs and bitbugs alike seem to long for a pristine monetary standard, untouched by human frailty. But that’s an impossible dream. Money is, as Paul Samuelson once declared, a “social contrivance,” not something that stands outside society. Even when people relied on gold and silver coins, what made those coins useful wasn’t the precious metals they contained, it was the expectation that other people would accept them as payment.

Actually, you’d expect the Winklevosses, of all people, to get this, because in a way money is like a social network, which is useful only to the extent that other people use it. But I guess some people are just bothered by the notion that money is a human thing, and want the benefits of the monetary network without the social part. Sorry, it can’t be done.

So do we need a new form of money? I guess you could make that case if the money we actually have were misbehaving. But it isn’t. We have huge economic problems, but green pieces of paper are doing fine — and we should let them alone.

 

Il network antisociale, di Paul Krugman

New York Times 14 aprile 2013

 

 

Le ‘montagne russe’ [1] di Bitcoin [2]non saranno state la maggiore vicenda affaristica delle settimane passate, ma sono state sicuramente la più interessante. Nel corso di meno di due settimane il prezzo della “moneta digitale” era più che triplicato. Poi è caduto per più del 50 per cento nel giro di poche ore. Improvvisamente è sembrato che si fosse tornati al periodo della bolla dei titoli informatici.

Il significato economico di queste ‘montagne russe’ è stato fondamentalmente nullo. Ma il furore attorno a bitcoin è stato una utile lezione sui modi nei quali la gente fraintende il denaro – e in particolare sul modo in cui essa è tratta in inganno dal desiderio di separare il valore della moneta dalla società della quale essa è al servizio.

Che cosa è bitcoin? E’ qualcosa che viene descritto come un modo per fare transazioni on-line – ma questo in sé non sarebbe niente di nuovo in un mondo di transazioni on-line tramite carte di credito e PayPal. Di fatto, il Dipartimento del Commercio stima che nel 2010 circa il 16 per cento del totale delle vendite in America aveva già preso la forma del commercio elettronico.

In che senso, dunque, bitcoin è differente? Diversamente dalle transazioni con la carta di credito, che lascia una traccia digitale, le transazioni con bitcoin sono progettate per essere anonime e  prive di traccia. Quando trasferite bitcoins a qualcun altro, è come se allungaste un sacchetto di carta con banconote da 100 dollari in una stradina buia. E di fatto, oltre che un obbiettivo per speculazioni, le versioni on-line di quegli scambi clandestini sono state il meglio che si poteva dire sull’uso principale di quello strumento sino a questo punto, con i bitcoins scambiati con droghe ed altri articoli del genere.

Ma gli evangelisti del bitcoin insistono a dire che esso è molto di più che un lubrificante nei percorsi delle transazioni illecite. I più grandi investitori dichiarati in bitcoins sono i fratelli Winklevoss, i ricchi gemelli protagonisti di una causa di successo per una partecipazione a Facebook che sono stati resi famosi dal film “The social network” – ed essi avanzano pretese per il prodotto digitale simili a quelle che avanzano i fanatici dell’oro [3] per il loro metallo preferito. “Abbiamo scelto”, ha dichiarato di recente Tyler Winklevoss, “di mettere i nostri soldi e la nostra fiducia in una struttura matematica che è immune dagli errori umani e dalla politica”.

La somiglianza con la retorica dei fanatici dell’oro non è casuale, visto che questi ultimi e gli entusiasti dei bitcoins – fanatici del “bit”? [4] – tendono a condividere la stessa politica liberista [5] ed il convincimento che gli Stati stiano grandemente abusando del loro potere di stampare moneta. Nello stesso tempo, si tratta di qualcosa di peculiare, dal momento che i bitcoins sono in un certo senso l’ultima valuta corrente [6], con un valore fatto apparire dal nulla. Il valore dell’oro in parte deriva dal fatto che esso ha utilizzi non monetari, in odontoiatria e nella produzione di gioielli; le banconote hanno un valore perché gli deriva dal potere statale, che le definisce come valuta legale e le accetta nel pagamento delle tasse. I bitcoins, tuttavia, derivano il loro valore, ammesso che di questo si tratti, meramente da una profezia che si autoavvera, il convincimento che le altre persone li accetteranno come mezzi di pagamento.

Tuttavia lasciamo da parte quella stranezza, assieme al particolare meccanismo di “estrazione” – in effetti un complicato processo di calcolo – utilizzato per accrescere la riserva di bitcoin. Concentriamoci piuttosto sui due grandi equivoci – uno pratico ed uno filosofico – che sono impliciti nel fanatismo aureo come in quello dei “bit”.

In questo caso l’equivoco pratico – ed è di prima grandezza – consiste nel concetto secondo il quale staremmo  vivendo un periodo di valuta prodotta in modo totalmente irresponsabile, con un inflazione galoppante alle porte. E’ vero che la Federal Reserve ed altre banche centrali hanno grandemente ampliato i loro bilanci contabili – ma lo hanno fatto esplicitamente e come misura temporanea per rispondere alla crisi economica. Sono al corrente del fatto che sui dirigenti dello Stato non c’è gran fiducia, e tutto il resto, ma la verità è che le promesse di Ben Bernanke che le proprie iniziative non sarebbero state inflazionistiche sono state confermate anno dopo anno, mentre i fanatici ammonimenti sull’inflazione da parte dei fanatici dell’oro continuano ad essere smentiti.

L’equivoco filosofico, tuttavia, mi sembra persino maggiore. I fanatici dell’oro e allo stesso modo quelli dei “bit”  sembrano desiderare fortemente il ripristino di una normalità monetaria, al riparo dalla fragilità degli uomini. Ma è un sogno irrealizzabile. Il denaro, come dichiarò una volta Paul Samuelson,  è un “espediente sociale”, non qualcosa che esiste fuori dalla società [7]. Persino quando le persone si affidano alle monete d’oro e di argento, quello che rende utili quelle monete non è il valore del metallo prezioso che contengono, ma l’aspettativa che altre persone le accetteranno come mezzo di pagamento.

In effetti, ci si aspetterebbe che i fratelli Winklevoss, tra tutti, lo comprendessero, giacché in un certo senso il denaro è come un social network, che è utile solo nella misura in cui gli altri lo usano. Ma ho l’impressione che alcune persone siano proprio preoccupate dall’idea che il denaro sia una cosa degli uomini, e vogliano i benefici di una rete monetaria, senza la componente della socialità. Spiacente, non si può fare.

Abbiamo dunque bisogno di una nuova forma di moneta? Penso si potrebbe avanzare una tesi del genere se il denaro di cui disponiamo si comportasse male. Ma non è così. Abbiamo grandi problemi economici, ma i fogli di carta verdi funzionano bene – e faremmo bene a non aggiungerci altro.

 



[1] La Disney, anni fa, vendeva biglietti per i giochi e gli spettacoli nei suoi parchi divertimenti, dalla lettera A alla lettera E. Lo E-ticket era il biglietto con i quale si entrava nei giochi più spettacolari, come le ‘montagne russe’ o ‘Space Mountain’. E quelli erano i giochi dei “wild ride”, che letteralmente sarebbe ‘corsa selvaggia’. Il termine più specifico per ‘montagne russe’ (o per ‘Ottovolante’) sarebbe “roller-coaster” ed è usato di seguito.

[2] “Bitcoin” è la moneta virtuale che si acquista su internet. E’ stata vittima di una bolla, che prima ha fatto esplodere il suo valore, per poi subire un vero e proprio crollo. Creata nel 2009, la moneta digitale era rimasta nell’ombra per buona parte della sua breve esistenza. L’aggravarsi dell’eurocrisi ha però spinto un numero di investitori a cercare valide alternative ai pericolanti “rifugi” dell’unione monetaria, e Bitcoin ha iniziato a incasellare record su record negli ultimi mesi. Il prelievo forzoso imposto ai risparmiatori di Cipro ne ha aumentato ancora di più la capacità di attirare investimenti, ma negli ultimi giorni tutto è cambiato.  A cominciare dal 10 aprile Bitcoin ha perso gran parte del suo valore, cresciuto a dismisura come capita con tutte le bolle. Prima della caduta Bitcoin era arrivata a quotare 266 dollari, mentre ora la valuta è scambiata intorno agli 80 dollari.

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[3] A proposito di “goldbugs” vedi la nota all’articolo precedente dell’11 aprile (“La brama dell’oro”).

[4] Come è noto, “bit” sta per  “basic data unit”, ovvero per l’unità di misura dei sistemi informatici.

[5] Il termine “liberista” è una traduzione piuttosto semplicistica per “libertarian”, che è in ultima analisi un fenomeno culturale tipicamente americano (e contiene elementi di quello che noi definiremmo liberismo, elementi di radicalismo e ad altro ancora). Per una idea sul movimento “libertariano” si vedano alcune note in varie traduzioni precedenti a proposito di Ayn Rand, singolare figura di scrittrice e filosofa russo-americana (1905-1982) molto in voga tra i conservatori americani ed icona del “libertarianismo”.

[6] “fiat currency” normalmente si traduce con “valuta legale”, giacché “fiat” significa “decreto”. Ma in questo contesto ha più il significato di una “valuta di fatto”, come si capisce dal seguito.

[7] Paul Anthony Samuelson (Gary, 15 maggio 1915Belmont, 13 dicembre 2009) è stato un economista statunitense, vincitore della John Bates Clark Medal nel 1947 e del premio Nobel per l’economia nel 1970, “per l’opera scientifica attraverso la quale ha sviluppato la teoria economica statica e dinamica, e contribuito attivamente ad aumentare il livello dell’analisi nella scienza economica” (Wikipedia).

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