Bernanke, Blower of Bubbles?
By PAUL KRUGMAN
Published: May 9,
Bubbles can be bad for your financial health — and bad for the health of the economy, too. The dot-com bubble of the late 1990s left behind many vacant buildings and many more failed dreams. When the housing bubble of the next decade burst, the result was the greatest economic crisis since the 1930s — a crisis from which we have yet to emerge.
So when people talk about bubbles, you should listen carefully and evaluate their claims — not scornfully dismiss them, which was the way many self-proclaimed experts reacted to warnings about housing.
And there’s a lot of bubble talk out there right now. Much of it is about an alleged bond bubble that is supposedly keeping bond prices unrealistically high and interest rates — which move in the opposite direction from bond prices — unrealistically low. But the rising Dow has raised fears of a stock bubble, too.
So do we have a major bond and/or stock bubble? On bonds, I’d say definitely not. On stocks, probably not, although I’m not as certain.
What is a bubble, anyway? Surprisingly, there’s no standard definition. But I’d define it as a situation in which asset prices appear to be based on implausible or inconsistent views about the future. Dot-com prices in 1999 made sense only if you believed that many companies would all turn out to be a Microsoft; housing prices in 2006 only made sense if you believed that home prices could keep rising much faster than buyers’ incomes for years to come.
Is there anything comparable going on in today’s bond market? Well, the interest rate on long-term bonds depends mainly on the expected path of short-term interest rates, which are controlled by the Federal Reserve. You don’t want to buy a 10-year bond at less than 2 percent, the current going rate, if you believe that the Fed will be raising short-term rates to 4 percent or 5 percent in the not-too-distant future.
But why, exactly, should you believe any such thing? The Fed normally cuts rates when unemployment is high and inflation is low — which is the situation today. True, it can’t cut rates any further because they’re already near zero and can’t go lower. (Otherwise investors would just sit on cash.) But it’s hard to see why the Fed should raise rates until unemployment falls a lot and/or inflation surges, and there’s no hint in the data that anything like that is going to happen for years to come.
Why, then, all the talk of a bond bubble? Partly it reflects the correct observation that interest rates are very low by historical standards. What you need to bear in mind, however, is that the economy is also in especially terrible shape by historical standards — once-in-three-generations terrible. The usual rules about what constitutes a reasonable level of interest rates don’t apply.
There’s also, one has to say, an element of wishful thinking here. For whatever reason, many people in the financial industry have developed a deep hatred for Ben Bernanke, the Fed chairman, and everything he does; they want his easy-money policies ended, and they also want to see those policies fail in some spectacular fashion. As it turns out, however, dislike for bearded Princeton professors is not a good basis for investment strategy.
And one should never forget the example of Japan, where bets against government bonds — justified by more or less the same arguments currently made to justify claims of a U.S. bond bubble — ended in grief so often that the whole trade came to be known as the “widow maker.” At this point, Japan’s debt is well over twice its G.D.P., its budget deficit remains large, and the interest rate on 10-year bonds is 0.6 percent. No, that’s not a misprint.
O.K., what about stocks? Major stock indexes are now higher than they were at the end of the 1990s, which can sound ominous. It sounds a lot less ominous, however, when you learn that corporate profits — which are, after all, what stocks are shares in — are more than two-and-a-half times higher than they were when the 1990s bubble burst. Also, with bond yields so low, you would expect investors to move into stocks, driving their prices higher.
All in all, the case for significant bubbles in stocks or, especially, bonds is weak. And that conclusion matters for policy as well as investment.
For one important subtext of all the recent bubble rhetoric is the demand that Mr. Bernanke and his colleagues stop trying to fight mass unemployment, that they must cease and desist their efforts to boost the economy or dire consequences will follow. In fact, however, there isn’t any case for believing that we face any broad bubble problem, let alone that worrying about hypothetical bubbles should take precedence over the task of getting Americans back to work. Mr. Bernanke should brush aside the babbling barons of bubbleism, and get on with doing his job.
Bernanke, fabbricatore di bolle? Di Paul Krugman
New York Times 9 maggio 2013
Le bolle possono far danni alla salute delle vostre finanze e farne anche alla salute dell’economia. La bolla delle aziende di servizi che operano su Internet della fine degli anni ’90 si lasciò alle spalle molti capannoni vuoti e ancor più sogni infranti. Quando la bolla immobiliare del passato decennio scoppiò, il risultato fu la più grande crisi economica dagli anni Trenta – una crisi dalla quale dobbiamo ancora venir fuori.
Dunque, quando le persone parlano di bolle, si dovrebbe ascoltarle con attenzione e valutare i loro argomenti – non liquidarli in modo sprezzante, che è il modo in cui molti sedicenti esperti reagirono a quella delle abitazioni.
E in questo momento c’è una quantità di bolle delle quali si parla. In gran parte si tratta di una pretesa bolla delle obbligazioni che si suppone tenga i prezzi dei bonds irrealisticamente elevati ed i tassi di interesse – che si muovono nella direzione opposta dei prezzi dei bonds – irrealisticamente bassi. Ma il crescente indice del Dow [1] ha accresciuto le paure anche per una bolla dei valori azionari.
Abbiamo dunque bolle importanti nei casi dei bonds e/o delle azioni? Sui bonds direi no, con certezza. Sulle azioni, probabilmente no, sebbene non ne sia sicuro.
Che cos’è una bolla, in ogni caso? Sorprendentemente, non esiste una definizione standard. Ma la definirei una situazione nella quale i prezzi dei beni appaiono essere basati su punti di vista sul futuro non plausibili o inconsistenti. I prezzi delle aziende di servizi che facevano affari attraverso Internet negli anni ’90 avevano senso se credevate che molte imprese si sarebbero tutte rivelate pari a Microsoft; i prezzi delle abitazioni nel 2006 avevano senso solo se credevate che i prezzi della casa avrebbero continuato a crescere molto più velocemente dei redditi degli acquirenti, negli anni avvenire.
Sta accadendo qualcosa di simile nell’odierno mercato dei bonds? Ebbene, il tasso di interesse sui bonds a lungo termine dipende principalmente dall’andamento atteso dei tassi di interesse a breve termine, che sono controllati dalla Federal Reserve. Non dovete acquistare un bond decennale a meno del 2 per cento, il tasso che attualmente è in vigore, se credete che la Fed aumenterà i tassi a breve termine sino al 4, 5 per cento in un futuro non lontano.
Ma perché dovreste mai credere una cosa del genere? La Fed normalmente taglia i tassi quando la disoccupazione è elevata e l’inflazione è bassa – che è la situazione odierna. E’ vero, essa non può tagliare i tassi ulteriormente perché sono già vicini allo zero e non possono scendere ancora (altrimenti gli investitori si terrebbero i soldi in mano). Ma è difficile capire perché la Fed dovrebbe alzare i tassi finché la disoccupazione non cala di molto e/o l’inflazione non si impenna, e non c’è segno nelle statistiche che accadrà qualcosa del genere nei prossimi anni.
Perché, dunque, parlano tutti della bolla dei bonds? In parte questo riflette l’osservazione corretta secondo la quale i tassi di interesse sono molto bassi rispetto alle serie storiche. Quello che si deve tenere a mente, tuttavia, è che anche l’economia è in una condizione terribile rispetto alle serie storiche – terribile come accade una volta ogni tre generazioni. Le normali regole su quello che costituisce un livello ragionevole di tassi di interesse non si applicano.
C’è anche, va detto, un po’ di confusione tra ragionamenti e desideri, in questo caso. Per una qualche ragione, molte persone nel sistema finanziario hanno concepito un odio profondo per Ben Bernanke, il Presidente della Fed, e per tutto quello che fa; vogliono che le sue politiche del denaro-facile finiscano, vogliono anche vedere quelle politiche fallire in qualche maniera spettacolare. Tuttavia, come si scopre, l’avversione verso i barbuti professori di Princeton non è una buona base per le strategie di investimento.
E neppure si dovrebbe dimenticare l’esempio del Giappone, dove le scommesse contro i bonds statali – giustificate più o meno con gli stessi argomenti oggi allestiti per giustificare le pretese di una bolla dei bonds statunitensi – hanno finito col fare danni così spesso che si è arrivati a definire l’intero mercato obbligazionario come un “produttore di vedove”. A questo punto, il debito del Giappone è ben superiore del doppio del PIL, il suo deficit di bilancio resta ampio e il tasso di interesse sui bonds decennali è lo 0,6 per cento. E non si tratta di un errore di stampa.
Detto questo, che cosa aggiungere sulle azioni? I principali indici azionari sono oggi più alti di quello che erano alla fine degli anni ’90, la qualcosa può sembrare di cattivo augurio. Appare meno minacciosa, tuttavia, quando si apprende che i profitti di impresa – che sono, dopo tutto, quello che le azioni rappresentano in parte – sono più di due volte e mezzo più elevati di quanto erano quando scoppiò la bolla degli anni ’90. Inoltre, con i rendimenti dei bonds così bassi, ci si aspetterebbe che gli investitori si spostino sulle azioni, spingendo i loro prezzi in alto.
Nel complesso, la possibilità di bolle significative nel caso delle azioni o, in particolare, delle obbligazioni è debole. E si tratta di una conclusione importante sia per la politica che per gli investimenti.
Perché un significato sottointeso di tutta la recente retorica sulla bolla è la richiesta che il signor Bernanke ed i suoi collaboratori smettano di cercare di contrastare la disoccupazione di massa, che essi cessino e desistano dai loro sforzi di incoraggiare l’economia, o ne verranno terribili conseguenze. Di fatto, tuttavia, non c’è alcuna ragione per credere che siamo di fronte al problema generale di una bolla, ammesso che le preoccupazioni su ipotetiche bolle debbano aver la precedenza sul compito di riportare gli americani al lavoro. Bernanke dovrebbe trascurare le chiacchiere dei baroni delle bolle, e andare avanti con il suo lavoro.
[1] Il “Dow”, o “Dow Jones”, o “Dow Jones Industrial Average”, o “Dow 30”, è un indice del mercato azionario, nonché uno dei vari indici creati nel tempo dal Wall Street Journal e dal cofondatore Charles Dow. Venne fondato il 26 maggio del 1896. Il secondo nome (“Jones”) proviene da Edward Jones, uno statistico associato nell’impresa. E questo è uno storico grafico logaritmico dell’andamento del mercato azionario statunitense dal 1890 al 2011 pubblicato dal “Dow”:
By mm
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