Playing Whack-a-Mole With Expansionary Austerity
The rise and fall of Alesina-Ardagna didn’t make as much of a public splash as the Reinhart-Rogoff saga, but in a fundamental sense it was the same thing. An academic paper purported to show something austerians very much wanted to hear – in this case that slashing spending in a depressed economy would actually create jobs; the authors were immediately feted and the paper promoted to sacred status; but then the result fell apart under both intellectual scrutiny and the weight of real-world experience.
Unlike R-R, however, A-A didn’t crash and burn, it just sort of quietly slunk offstage. And as a result, pieces of their story are still embedded in what all the Serious People know. In correspondence, Kevin O’Rourke points me to Mario Draghi admitting that fiscal consolidation is contractionary, after all, but claiming that it will be less contractionary if it takes the form of spending cuts rather than tax increases. Where is that coming from? Why, Alesina-Ardagna, of course.
And as it happens, the IMF study (pdf) that debunked A-A also had something to say about this result. It found that when you measured austerity right, it was contractionary, not expansionary; it did, however, find that spending cuts were less contractionary. But why? Careful further analysis suggested that much of the explanation lay in the behavior of central bankers, who for whatever reason were more likely to cut interest rates to offset spending cuts than to offset tax increases.
So one way to read Draghi’s remarks is that he is saying that it’s better to cut spending, because he personally will reward spending cuts while punishing tax increases. I know, that’s a bit harsh – but remember, we’re talking serious business here, and Draghi is inserting himself into domestic policy in a way that he really shouldn’t.
But there’s a further consideration: whatever the historical pattern, at this point the ECB can’t cut rates (much) in any case, because they’re already near zero. So to the extent that spending cuts may have been offset by lower rates in the past, that’s irrelevant now.
In short, Draghi is stating as a fact the superiority of spending cuts, when there is no good reason to believe that it’s true under current conditions.
Giocare a flipper [1]con l’austerità espansiva
L’ascesa e la caduta di Alesina-Ardagna non ha fatto lo stesso chiasso della saga Reinhart-Rogoff presso l’opinione pubblica, ma fondamentalmente è stata la stessa cosa. Un saggio accademico che aveva il senso di mostrare qualcosa che i patiti dell’austerità volevano intensamente sentirsi dire – in questo caso che la caduta della spesa pubblica in una economia depressa avrebbe effettivamente creato posti di lavoro; gli autori vennero immediatamente festeggiati e il saggio promosso ad un rango sacrale; ma il risultato fu che cadde a pezzi sia alla prova di una analisi intellettuale che sotto il peso dell’esperienza del mondo reale.
Diversamente da Reinhart-Rogoff, tuttavia, Ardagna-Alesina non sono crollati e non sono rimasti bruciati, è stato semplicemente come uscire di scena di soppiatto. E di conseguenza, pezzi del loro racconto sono ancora incorporati in quello che tutte le Persone Serie sanno. Kevin O’Rourke, nella nostra corrispondenza, mi indica che Mario Draghi, dopo tutto, riconosce che il consolidamento delle finanze pubbliche ha effetti di contrazione, ma sostiene che essi sono meno restrittivi se prendono la forma di tagli alla spesa piuttosto che di aumenti delle tasse. Da dove viene tutto questo? Ma da Alesina-Ardagna, naturalmente.
Sennonché, lo studio del FMI (disponibile in pdf) che ha contraddetto Alesina-Ardagna, conteneva qualcosa anche a questo proposito. Si scopre che una volta che si e misurata l’austerità correttamente, essa ha mostrato effetti di contrazione, non di espansione; tuttavia, si è davvero scoperto che i tagli alla spesa sono stati meno contrazionistici. Ma perché? Una ulteriore scrupolosa analisi ha indicato che gran parte della spiegazione risiede nella condotta dei banchieri centrali, i quali per una qualche ragione era più probabile che tagliassero i tassi di interesse per bilanciare i tagli alla spesa che non per bilanciare gli aumenti fiscali.
Dunque, un modo di leggere le osservazioni di Draghi è che egli stia affermando che sono meglio i tagli alla spesa, perché personalmente premierà i tagli alla spesa e invece punirà gli aumenti delle tasse. So di essere un po’ severo – ma ricordiamoci che stiamo parlando di affari seri, e lo stesso Draghi interviene in tal modo con politiche nazionali in un modo nel quale non gli sarebbe consentito.
Ma c’è una ulteriore considerazione: a prescindere dal quadro storico, a questo punto la BCE non può tagliare i tassi (granché) in ogni modo, perché sono quasi prossimi a zero. Dunque, nella misura in cui i tagli alla spesa possono essere bilanciati da tassi più bassi, questo adesso è irrilevante.
In poche parole, Draghi sta dichiarando come un fatto la superiorità dei tagli alla spesa, quando non c’è alcuna buona ragione per credere che questo sia vero, nelle condizioni attuali.
[1] “Wack-a-mole” (o “wac-a-mole”) è un gioco elettronico – ai primordi semplicemente elettrico, in realtà – che consiste nel colpire un animaletto di plastica (una talpa) che esce da un buco, costringendolo a rientrare nel buco. Se capisco, l’abilità richiesta è quella simile al flipper.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"