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Il problema keynesiano dell’Europa (25 maggio 2013)

 

Europe’s Keynesian Problem

 

Brad DeLong tries to find nice things to say about Ken Rogoff’s latest. But he tries too hard.

Rogoff’s piece is structured as an argument against Those Who — those who believe that Europe’s problems result solely from excessive austerity, and would all be solved with a bit of Keynesianism. It might help if he would name names; otherwise people might imagine that he’s talking about, say, Martin Wolf or me. But he can’t be, can he? Because neither of us — or, for that matter, anyone else I can think of — is making that argument.

Everyone with a bit of sense has argued all along that Europe has a big problem resulting from the single currency: there was a sharp rise in relative costs and prices in the periphery during the boom years, and the process of correcting that overvaluation through “internal devaluation” is extremely difficult and painful.

 

 

The Keynesian argument instead has been that this inherently difficult situation is made worse by two aspects of fiscal policy. One is the extreme austerity being imposed on the periphery; nobody is suggesting stimulus for, say, Portugal, but the question is whether a less extreme austerity regime might not do almost as well at limiting debt while internal devaluation takes place, while hugely reducing the human cost.

The other is that on any kind of rational pan-European basis, we should be seeing austerity in the periphery at least partly offset by stimulus in the core. What we have instead is substantial austerity in the core too. Here’s the IMF:

 

25 maggio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Surely the terrible adjustment problem facing the periphery would be at least somewhat easier if the core weren’t doing this; looser fiscal policy would directly help their exports, and it would also help promote, yes, somewhat higher German inflation, helping achieve internal devaluation.

 

So what the heck is Rogoff talking about? He has invented a class of straw men who believe that fiscal expansion alone can solve all of Europe’s problems, then uses the assertion that this is untrue — an assertion nobody disputes — to claim, or maybe just insinuate, that a reduction in austerity would achieve nothing at all.

This is not a helpful contribution.

 

Il problema keynesiano dell’Europa

 

Brad DeLong si Sforza di dire cose gentili a proposito dell’ultimo Ken Rogoff [1]. Ma è un bello sforzo!

L’articolo di Rogoff è strutturato come un presa di posizione contro “Coloro che …” – coloro che credono che i problemi dell’Europa derivino esclusivamente da una eccessiva austerità, e che tutto di risolverebbe con un po’ di keynesismo. Aiuterebbe se egli chiamasse costoro per nome; altrimenti la gente potrebbe pensare che egli stia parlando, ad esempio, di Martin Wolf e del sottoscritto. Ma non è possibile, non è vero? Perché nessuno di noi – oppure, sullo stesso tema, nessun altro che mi può venire in mente – sta avanzando un argomento del genere.

Ogni persona sensata ha sostenuto da tempo che l’Europa ha un grande problema in conseguenza della moneta unica: c’è stata una brusca crescita nei costi e ne prezzi relativi nella periferia, durante gli anni del boom, e il processo di correggere quella sopravvalutazione attraverso una “svalutazione interna” [2] è estremamente difficile e penoso.

L’argomento keynesiano, piuttosto, è stato che questa intrinsecamente difficile situazione è resa peggiore da due aspetti della politica finanziaria pubblica. Uno è l’austerità estrema che viene imposta sulla periferia; nessuno sta suggerendo misure di stimolazione dell’economia per, ad esempio, il Portogallo, ma la domanda è se un regime di austerità meno esagerato non potrebbe produrre quasi altrettanta riduzione del debito nel mentre la svalutazione interna entra in funzione, riducendo molto nello stesso tempo i costi umani.

L’altro aspetto è che sulla base di una concezione paneuropea di qualsiasi genere, dovremmo considerare l’austerità nella periferia almeno in parte bilanciata dallo stimolo al centro del sistema. Quello che invece abbiamo è una sostanziale austerità anche al centro. Ecco i dati del FMI:

25 maggio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sicuramente il tremendo problema di correzione che la periferia sta affrontando sarebbe almeno un po’ più semplice se il centro non si comportasse in questo modo; una politica della finanza pubblica meno rigida aiuterebbe direttamente le loro esportazioni e contribuirebbe anche a promuovere, perché no, un po’ di inflazione più elevata in Germania, contribuendo al successo della svalutazione interna.

Dunque, di cosa diamine sta parlando Rogoff? Egli si è inventato una categoria di ‘bersagli immaginari’ che credono che l’espansione della spesa pubblica da sola possa risolvere tutti i problemi dell’Europa, poi utilizza il giudizio secondo il quale questo non è vero – un giudizio che nessuno discute – per sostenere, o forse solo insinuare, che una riduzione nell’austerità non otterrebbe alcun risultato.

Questo non è un contributo utile.



[1] Il riferimento è ad un intervento di Kenneth Rogoff dal titolo “I confusi keynesiani d’Europa”, apparso il 23 maggio su Project Syndicate.

[2] Per il concetto di “svalutazione interna” vedi le Note finali della traduzione.

[3] Con la linea arancione, il grafico mostra, limitatamente ai paesi economicamente più forti dell’Europa,  l’andamento medio della spesa primaria reale (ovvero della spesa pubblica al netto dei pagamenti degli interessi sul debito, sottratti gli effetti nominali dell’inflazione) negli anni precedenti e successivi alle recessioni del 1975, 1982, 1991. La linea grigia mostra lo stesso andamento in relazione alla recessione in corso.

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