Not Enough Inflation
By PAUL KRUGMAN
Published: May 2, 2013
Ever since the financial crisis struck, and the Federal Reserve began “printing money” in an attempt to contain the damage, there have been dire warnings about inflation — and not just from the Ron Paul/Glenn Beck types.
Thus, in 2009, the influential conservative monetary economist Allan Meltzer warned that we would soon become “inflation nation.” In 2010, the Paris-based Organization for Economic Cooperation and Development urged the Fed to raise interest rates to head off inflation risks (even though its own models showed no such risk). In 2011, Representative Paul Ryan, then the newly installed chairman of the House Budget Committee, raked Ben Bernanke, the Fed chairman, over the coals, warning of looming inflation and intoning solemnly that it was a terrible thing to “debase” the dollar.
And now, sure enough, the Fed really is worried about inflation. You see, it’s getting too low.
Before I get to the trouble with low inflation, however, let’s talk about what we should have learned so far.
It’s not hard to see where inflation fears were coming from. In its efforts to prop up the economy, the Fed has bought more than $2 trillion of stuff — private debts, housing agency debts, government bonds. It has paid for these purchases by crediting funds to the reserves of private banks, which isn’t exactly printing money, but is close enough for government work. Here comes hyperinflation!
Or, actually, not. From the beginning, it was or at least should have been obvious that the financial crisis had plunged us into a “liquidity trap,” a situation in which many people figure that they might just as well sit on cash. America spent most of the 1930s in a liquidity trap; Japan has been in one since the mid-1990s. And we’re in one now.
Economists who had studied such traps — a group that included Ben Bernanke and, well, me — knew that some of the usual rules of economics are in abeyance as long as the trap lasts. Budget deficits, for example, don’t drive up interest rates; printing money isn’t inflationary; slashing government spending has really destructive effects on incomes and employment.
The usual suspects dismissed all this analysis; it was “liquidity claptrap,” declared Alan Reynolds of the Cato Institute. But that was four years ago, and the liquidity trappers seem to have been right, after all.
And it’s worth mentioning another issue on which the inflation non-worriers have been vindicated: how to measure inflation trends. The Fed relies on a measure that excludes food and energy prices, which fluctuate widely from month to month. Many commentators ridiculed this focus on “core” inflation, especially in early 2011, when rising food and energy prices briefly sent “headline” inflation above 4 percent even as the core stayed low. But, sure enough, inflation came back down.
So all those inflation fears were wrong, and those who fanned those fears proved, in case you were wondering, that their economic doctrine is completely wrong — not that any of them will ever admit such a thing.
And, at this point, inflation — at barely above 1 percent by the Fed’s favored measure — is dangerously low.
Why is low inflation a problem? One answer is that it discourages borrowing and spending and encourages sitting on cash. Since our biggest economic problem is an overall lack of demand, falling inflation makes that problem worse.
Low inflation also makes it harder to pay down debt, worsening the private-sector debt troubles that are a main reason overall demand is too low.
So why is inflation falling? The answer is the economy’s persistent weakness, which keeps workers from bargaining for higher wages and forces many businesses to cut prices. And if you think about it for a minute, you realize that this is a vicious circle, in which a weak economy leads to too-low inflation, which perpetuates the economy’s weakness.
And this brings us to a broader point: the utter folly of not acting to boost the economy, now.
Whenever anyone talks about the need for more stimulus, monetary and fiscal, to reduce unemployment, the response from people who imagine themselves wise is always that we should focus on the long run, not on short-run fixes. The truth, however, is that by failing to deal with our short-run mess, we’re turning it into a long-run, chronic economic malaise.
I wrote recently about how, by allowing long-term unemployment to persist, we’re creating a permanent class of unemployed Americans. The problem of too-low inflation is very different in detail, but similar in its implications: here, too, by letting short-run economic problems fester we’re setting ourselves up for a long-run, perhaps permanent, pattern of economic failure.
The point is that we are failing miserably in responding to our economic challenge — and we will be paying for that failure for many years to come.
Inflazione insufficiente, di Paul Krugman
New York Times 2 maggio 2013
Dal momento in cui fummo colpiti dalla crisi finanziaria e la Federal Reserve cominciò a “stampare moneta” nel tentativo di contenere il danno, ci sono stati ammonimenti tremendi sull’inflazione – e non solo da parte di personaggi come Ron Paul o Glenn Beck.
Così, nel 2009, l’influente economista monetarista conservatore Allan Meltzer ammoniva che saremmo presto diventati la “nazione dell’inflazione”. Nel 2010, l’Ocse di Parigi faceva pressione sulla Fed per elevare i tassi di interesse per sbarrare la strada ai rischi di inflazione (anche se i suoi stessi modelli non mostravano alcun rischio del genere). Nel 2011, il parlamentare Paul Ryan, allora appena eletto Presidente della Commissione Bilancio della Camera, dava una lavata di capo a Ben Bernanke, Presidente della Fed, mettendo in guardia da una inflazione incombente e solennemente declamando quanto fosse terribile “svalutare” il dollaro.
E a questo punto, è evidente, la Fed è davvero preoccupata per l’inflazione. Come vedete, sta diventando troppo lenta.
Prima di occuparmi del guaio dell’inflazione lenta, tuttavia, fatemi dire qualcosa su quanto avremmo dovuto imparare sino a questo punto.
Non è difficile vedere da dove venivano le paure dell’inflazione. Nei suoi sforzi di puntellare l’economia, la Fed ha speso più di duemila miliardi di dollari in oggetti come i debiti privati, i debiti delle agenzie abitative, le obbligazioni statali. Ha utilizzato per questi acquisti dai fondi creditizi alle riserve delle banche private, il che non significa esattamente stampare moneta, semmai è abbastanza vicino alla funzione di governo. Questa è l’origine dell’iperinflazione!
Dovrebbe esser chiaro che non è così. Dall’inizio, era o almeno doveva essere evidente che la crisi finanziaria ci aveva precipitati in una “trappola di liquidità”, una situazione nella quale molte persone calcolano che tanto vale semplicemente accomodarsi sul loro contante. L’America spese gran parte degli anni Trenta in una trappola di liquidità; il Giappone ne ha conosciuto una dalla metà degli anni ’90. E anche noi siamo a quel punto, adesso.
Gli economisti che hanno studiato tali trappole – un gruppo che comprende Ben Bernanke e, modestamente, il sottoscritto – sapevano che alcune delle normali regole dell’economia vanno in quiescenza per tutta la durata di tali trappole. I deficit di bilancio, ad esempio, non spingono in alto i tassi di interesse; stampare moneta non è inflazionistico; abbattere la spesa pubblica ha effetti propriamente distruttivi sui redditi e sull’occupazione.
I soliti noti trascurarono per intero tale analisi; era la “favola della trappola [1]della liquidità”, dichiarò Alan Reynolds del Cato Institute. Ma questo avveniva quattro anni orsono, e, a cose fatte, i sostenitori della trappola di liquidità sembra abbiano avuto ragione.
E non è il caso di rammentare un altro tema per il quale coloro che non ebbero ansie di inflazione sono stati risarciti: il modo in cui misurare le tendenze inflattive. La Fed si basa si una misura che esclude i prezzi delle materie prime alimentari e dell’energia, che fluttuano ampiamente da mese a mese. Molti commentatori misero in ridicolo questo focalizzarsi sulla inflazione “sostanziale”, specialmente agli inizi del 2011, quando la crescita dei prezzi delle materie prime alimentari e dei prodotti energetici, per un breve periodo, spedì l’inflazione “complessiva” sopra il 4 per cento, anche mentre quella “sostanziale” restava bassa [2]. Ma, è evidente, l’inflazione regredì.
Cosicché tutte quelle paure di inflazione si rivelarono sbagliate, e coloro che facevano il tifo per quelle paure mostrarono, nel caso aveste avuto dubbi, che le loro teorie economiche sono del tutto infondate – ancorché nessuno di loro ammetterà mai una cosa del genere.
E, a questo punto, l’inflazione – appena superiore all’1 per cento, secondo il metro di misura preferito dalla Fed – è pericolosamente bassa.
Perché la bassa inflazione è un problema? Una risposta è che essa scoraggia il credito e la spesa ed incoraggia a tenersi i soldi in mano. Dal momento che il problema più grande dell’economia è una carenza generale di domanda, una inflazione in discesa rende quel problema più grave.
La bassa inflazione rende anche più difficile restituire il debito, peggiorando le difficoltà debitorie del settore privato, che sono una ragione fondamentale per la quale la domanda globale è troppo bassa.
Perché, allora, l’inflazione è in discesa? La risposta è: la persistente debolezza dell’economia, che tiene i lavoratori alla larga dal negoziare salari più alti e costringe molte imprese a tagliare i prezzi. E se ci riflettete un attimo, comprenderete che si tratta di un circolo vizioso, nel quale un’economia debole porta ad una inflazione troppo bassa, che a sua volta perpetua la debolezza dell’economia.
I che ci porta ad un aspetto più generale: la totale follia del non agire per dare una spinta, in questo momento, all’economia.
Ogni qual volta qualcuno parla della necessità di maggiore sostegno, monetario e della spesa pubblica, per ridurre la disoccupazione, la risposta da parte di coloro che si immaginano saggi è sempre quella secondo la quale dovremmo concentrarci sui guai di lungo periodo, non su quelli a breve. La verità, tuttavia, è che se non ci misuriamo con il nostro disastro a breve, lo trasformeremo in un cronico malessere economico di lunga durata.
Ho scritto di recente su come, consentendo alla disoccupazione di lungo termine di durare, finiremo col creare una classe permanente di americani disoccupati. Il problema della inflazione troppo bassa è assai diverso nei dettagli, ma molto simile nelle sue implicazioni: anche in questo caso, lasciando marcire i nostri problemi economici di breve periodo, ci stiamo predisponendo ad un percorso economico fallimentare per il lungo termine, se non per sempre.
Il punto è che stiamo tristemente venendo meno alla nostra sfida economica – e pagheremo quel fallimento per molti anni avvenire.
[1] “Claptrap” significa “sciocchezza, sproloquio”, e il gioco di parole intraducibile deriva dalla presenza in entrambe le espressioni del termine “trap”.
[2]“Headline inflation” e “core inflation”. Normalmente in italiano si traduce la prima espressione con “inflazione complessiva o totale”, mentre la seconda si traduce con “inflazione sottostante o sostanziale”. Normalmente in Italia ed in Europa si adopera solo la prima, e dunque la si chiama semplicemente “inflazione”. La differenza tra le due consiste nella inclusione nella prima, e nella esclusione nella seconda, degli andamenti dei prezzi di alcune materie prime alimentari e del petrolio. Questi prezzi sono frequentemente soggetti a mutamenti del tutto temporanei, e questa è la ragione per la quale la Federal Reserve – diversamente dalla Banca Centrale Europea – si riferisce normalmente al dato della “core inflation”, considerandolo più attendibile. Nel corso degli anni 2010-2011 Krugman ha ripetutamente polemizzato con l’utilizzo della “headline inflation” da parte di vari soggetti che, su quella base, prevedevano una forte tendenza al rialzo dei prezzi. In realtà quel rialzo non c’è stato, perché, per l’appunto, le variazioni di alcune materie prime e dei prezzi del petrolio sono state piuttosto effimere e sono regredite. Su questo tema, tra l’altro, ci fu una polemica piuttosto aspra con Lorenzo Bini Smaghi, allora membro del consiglio della BCE (che sosteneva l’erroneità della “core inflation” con la stessa determinazione con la quale, mesi dopo, si rifiutava di dimettersi per consentire la nomina di Draghi alla presidenza della BCE).
In quale senso si adopera il termine “headline”? Come è noto è il termine con il quale si indicano i “titoli” dei giornali o i “sommari delle principali notizie” dei telegiornali; probabilmente, dunque, il senso etimologico è quello di una misurazione che è “comprensiva” di tutti gli elementi singoli; mentre “core” include solo gli elementi più stabili e perciò sostanziali.
By mm
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