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Non riguarda te (23 maggio 2013)

 

It’s Not About You

 

Brad DeLong and Dan Drezner wearily continue the policing of Michael Kinsley. I’ll leave it in their hands. But may I say that there is a serious pundit lesson here — namely, that it’s not about you.

Mike Kinsley wonders why people are acting as if he said something really stupid, and attributes it to the legions of Krugman “attack dogs” (Drezner, in particular, must be feeling amazed at that characterization), and/or some form of political correctness. He doesn’t consider the possibility that maybe, just maybe, people are acting that way because he did, in fact, say something really stupid.

Look, the debate over economic policy in these terrible times is (a) hugely important (b) the subject of a large amount of hard work, both theoretical and empirical. If you want to barge into this debate expressing views based on some combination of your personal prejudices, what you think you remember about the 1970s, and what you presume must be the motives of other people, that is of course your right; but you don’t have the right to act surprised and affronted if people who have been doing their homework respond both by mocking your ignorance and by lamenting your unhelpfulness.

And if this makes you feel bad, so? Again, this isn’t about you.

PS: And for those wondering why I didn’t post more today — well, that was about me, mainly being caught first in a torrential downpour that left me looking like a drowned rat, then being stuck for a looong time on a #2 train that wasn’t going anywhere.

 

Non riguarda te

 

Brad DeLong e Dan Drezner [1] proseguono stancamente la vigilanza su Michael Kinsley. Lo lascerò alle loro mani. Ma quello che posso dire è che c’è un seria lezione per gli opinionisti – precisamente quella del “non riguarda te”.

Mike Kinsley si chiede perché alcuni si stiano comportando come se avesse detto qualcosa di stupido, è lo spiega con le legioni di “cani da guardia” di Krugman (Drezner, in particolare, deve sentirsi stupefatto per questa descrizione), e/o per qualche genere di conformismo politico. Egli non considera la possibilità che forse, dico solo forse, le persone si stanno comportando in quel modo  perché egli ha detto davvero qualcosa di stupido.

Si noti: il dibattito sulla politica economica di questi tempi è:  a) grandemente importante; b) un tema di una notevole quantità di duro lavoro, sia teorico che empirico. Se si vuole intromettersi in questo dibattito esprimendo punti di vista basati su una qualche combinazione dei propri personali punti di vista, su quello che si crede di ricordare degli anni ’70 e su quello che si presume siano gli argomenti altrui, questo è un proprio diritto; ma non si ha diritto di mostrare sorpresa e indignazione se le persone che stanno facendo il loro mestiere rispondono prendendo in giro la vostra ignoranza e lamentando la vostra inutilità.

E se questo, dunque, vi fa star male? Ancora, non riguarda te.

PS: e per coloro che si chiedono per quale ragione oggi non scriva di più sul blog – ebbene, quello ha riguardato me, principalmente  perché sono stato dapprima raggiunto da un nubifragio torrenziale [2] che mi ha lasciato come un topo fradicio, e successivamente bloccato per un lunghissimo tempo su ‘numero due’  treni che non andavano da nessuna parte.



[1] Brad DeLong è assai noto a chi legge queste pagine, visto che vari articoli dalla rivista Project Syndicate sono tradotti nella sezione apposita. Nato nel 1960, è docente all’Università di Berkeley. Ha lavorato al Dipartimento del Tesoro nel periodo di Clinton, sotto la direzione di Lawrence Summers.

Meno noto Daniel W. Drezner, nato nel 1968, professore di Politica Internazionale alla Tufts University ed autore di molti libri.

[2] Il simbolo “#” (“Cancelletto”), negli Stati Uniti è anche detto number sign ed è spesso utilizzato al posto del carattere №. Indica una posizione numerica: #1 significa number one.

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