Blog di Krugman

Politica ‘prociclica’ nel caso della Germania (28 maggio 2013)

May 28, 2013, 10:00 am

Procyclical Policy for Germany

OK, like Brad DeLong, I’d like to move on. Let’s stipulate that:

1. I am a big meanie
2. Reinhart and Rogoff never should have claimed that there is some kind of critical threshold at 90 percent, and they certainly should disavow any such claim now (which I don’t think they have, yet). I believe that the 90 percent claim had a remarkably malign effect on policy discussion, but let’s look forward.

And to start that forward look, let’s talk about German fiscal policy and European monetary policy.

 

From the point of the euro area as a whole, fiscal policy has been dramatically and destructively “procyclical” — that is governments have slashed spending and raised taxes in the face of a deeply depressed economy. This is a large part of the reason Europe is back in recession, and that growth over the period 2007-2013 looks more or less certain to end up being lower than growth over the period 1929-1935. (And the 2014/1936 comparison will probably be even worse).

But the peripheral countries don’t have room for stimulus (although I think you can argue that they have room for reduced austerity). This means that any attempt to make European fiscal policy less contractionary has to involve expansion in the core, mainly Germany.

 

R&R are opposed to any such move, however, because

for Germany, which can afford it, fiscal expansion would be procyclical.

Their point is that Germany appears to be near full employment, so that fiscal expansion would be inflationary there. And they call for expansionary monetary policy instead.

OK, this baffles me, on two-and-a-half levels.

 

 

First, the half level: what, exactly, does it mean to call for expansionary monetary policy by the ECB? Like other major central banks, the ECB has near-zero policy rates, so we’re talking about some kind of unconventional monetary policy. Are we supposed to envision the ECB doing huge purchases of unconventional assets (over and above what it’s already doing in the form of lending to banks against sovereign debt and the promise of outright monetary transactions if necessary)? Alternatively, are we supposed to see a European version of Abenomics, with the ECB credibly committing to a higher inflation target? Both are strategies worth trying, but of uncertain effect — and both would surely be viewed as anathema by the Germans.

 

Second, and now we get to where I’m really baffled, if we’re against policies that are procyclical for Germany,what on earth do R&R imagine a more expansionary monetary policy (however achieved) does? Europe as a whole is deeply depressed; Germany is not. So any policy that causes overall European expansion is going to be pushing the German economy up against capacity, and pushing up German inflation. There is no difference at all between fiscal and monetary expansion as far as that issue is concerned.

Finally, aren’t policies that are procyclical for Germany, and raise inflation there, the whole point of the exercise? We have a competitiveness gap between the periphery and the core that must be closed through some combination of falling wages in Portugal, Spain, etc. and rising wages in Germany. The idea is to shift the balance of that adjustment somewhat away from the deflationary countries — overheating in Germany isn’t a bug, it’s a feature, and indeed the crucial feature.

So I have no idea what their point is. I get that they’re against fiscal expansion anywhere in Europe despite the continent’s clearly too-tight overall fiscal policy, but I don’t understand why.

 

Politica  ‘prociclica’ [1] nel caso della Germania

 Va bene, come Brad DeLong vorrei andare avanti. Stabiliamo dunque che:

1 – Io sono un individuo del tutto meschino;

2 – Reinhart e Rogoff non hanno mai sostenuto che c’è una  qualche forma di soglia critica al 90 per cento, e certamente in questo momento ripudiano ogni tesi del genere (cosa che non penso abbiano ancora fatto). Io credo che l’argomento del 90 per cento abbia avuto un considerevole effetto negativo sul dibattito politico, ma guardiamo avanti.

E per cominciare in questo guardare avanti, consentitemi di parlare della politica finanziaria pubblica della Germania e della politica monetaria europea.

Dal punto di vista dell’area euro nel suo complesso, la politica della finanza pubblica è stata “prociclica” in modo drammatico e distruttivo – cioè i Governi hanno tagliato la spesa e alzato le tasse a fronte di una economia profondamente depressa. Questa è in larga parte la ragione per la quale l’Europa è tornata in recessione, e che la crescita nel periodo 2007-2013 sembra più o meno certo che alla fine sarà più bassa di quella del periodo 1929-1935 (e i confronti sino al 2014 ed al 1936 sarebbero persino peggiori).

Ma i paesi periferici non hanno margini per iniziative di sostegno pubblico (per quanto io penso che si possa sostenere che ne abbiano per una austerità ridotta). Questo significa che ogni tentativo di rendere la politica della finanza pubblica europea meno restrittiva deve comprendere una espansione al centro, principalmente in Germania.

Reinhart e Rogoff sono contrari ad ogni mossa del genere, tuttavia, perché:

 “per la Germania, che può permetterselo, una espansione della finanza pubblica sarebbe prociclica”.

Il loro argomento è che la Germania appare essere vicina alla piena occupazione, cosicché una espansione della finanza pubblica avrebbe in quel caso effetti inflazionistici. E si pronunciano invece per una politica monetaria espansiva.

Ebbene, questo mi lascia perplesso, per due ragioni e mezzo.

In primo luogo la mezza ragione: che cosa significa esattamente pronunciarsi per una politica monetaria espansiva da parte della BCE? Come le altre importanti banche centrali, la BCE ha tassi di riferimento [2] prossimi allo zero, dunque stiamo parlando di qualche genere di politica monetaria non convenzionale. Dobbiamo immaginarci che la BCE faccia grandi acquisti di assets non convenzionali (in aggiunta a quello che sta già facendo nella forma di dare prestiti alle banche in cambio di debito sovrano e se necessario della promessa di transazioni monetarie immediate)? In alternativa, dobbiamo immaginarci di assistere ad una versione europea della politica economica di Abe, con la BCE che si impegna credibilmente ad un tasso di inflazione programmato più alto? Sono entrambe strategie meritevoli di essere provate, ma di effetto incerto – ed entrambe sicuramente sarebbero considerate come un anatema da parte dei tedeschi.

In secondo luogo, e qua arriviamo al punto che mi lascia realmente perplesso, se siamo contrari a politiche pro-cicliche per la Germania, cosa diamine Reinhart e Rogoff si immaginano cha faccia una politica monetaria espansiva (comunque ottenuta)? L’Europa nel suo complesso è profondamente depressa; la Germania non lo è. Dunque, ogni politica che provochi una espansione complessiva europea è destinata a far salire l’economia tedesca rispetto alla sua potenzialità ed a far crescere l’inflazione in Germania.  Non c’è alcuna differenza tra espansione della finanza pubblica ed espansione monetaria, per quanto si riferisce a quell’aspetto.

In conclusione, non sono le politiche che sono pro-cicliche per la Germania, ed accrescono lì l’inflazione, l’intera questione in oggetto? Noi abbiamo un differenziale di competitività tra la periferia ed i centro che deve essere colmato attraverso una qualche combinazione di riduzioni salariali in Portogallo, Spagna etc. e di aumenti salariali in Germania. L’idea è quella in qualche modo di  portar fuori il saldo di quella correzione dai paesi in deflazione – surriscaldare la Germania non è una provocazione, è il punto distintivo, in effetti il punto distintivo cruciale.

Non ho dunque la minima idea di quale sia la loro tesi.  Capisco che essi sono contrari ad una espansione della finanza pubblica dappertutto in Europa, nonostante la politica di finanza pubblica complessivamente troppo restrittiva, ma non capisco perché.

 


[1] Nella teoria economica “Pro-cyclical”, letteralmente ‘pro-ciclico’, è un termine che si riferisce a come una grandezza economica è connessa con le fluttuazioni cicliche dell’economia in generale. Il termine è desunto dalla Teoria del ciclo economico,  entro la quale ha, per così dire, un valore di aggettivazione. Ad esempio, il PIL è prociclico, nel senso che cresce quando l’economia cresce; la disoccupazione e “contro-ciclica”, nel senso che cresce quando l’economia regredisce.

Nel linguaggio della politica economica, le due espressioni (prociclico e controciclico) hanno un significato un po’ diverso, che dipende dai contesti economici ai quali si riferiscono.  Il termine prociclico indica ogni aspetto della politica economica che può provocare effetti di amplificazione della fluttuazione economica in corso. Con riferimento ai temi di questo articolo, ad esempio, la politica restrittiva che è stata attuata in questi anni nei paesi dell’Europa periferica è ‘prociclica’, perché ha prodotto un amplificazione dei fenomeni recessivi propri della fluttuazione in atto. Ma una politica espansiva in Germania, apparentemente opposta, sarebbe in realtà anch’essa prociclica, perché – almeno sinora – la Germania è in una fase del ciclo economico espansiva.

In sostanza, per non confondersi, si deve evitare di attribuire ai due termini il significato di giudizi di valore. Essi indicano come una grandezza economica, o una politica economica, sono correlate con il ciclo economico, a prescindere dalla loro positività e negatività.

Naturalmente, le varie teorie economiche possono poi fondarsi su una predilezione di politiche che assecondino la fluttuazione in essere o cerchino di contrastarla, a seconda dei casi. La cosiddetta Teoria del ciclo economico reale (ovvero la teoria economica della tradizione neoclassica, o della Scuola austriaca di Von Mises ed Hayek, ed anche di Schumpeter   e della Scuola economica di Chicago, semplificando, diciamo, conservatrice)  – nella misura in cui considera i cicli economici, le recessioni o i boom, come risposte efficienti e in generale autosufficienti da parte del mercato a cambiamenti esogeni nell’ambiente economico – considera anche gli interventi di politica economica ‘controciclici’ negativi per definizione. Per essa, ad esempio, la politica economica del New Deal era destinata semplicemente a complicare e ritardare una operazione di ‘pulizia’ che il mercato aveva imposta con la Grande Depressione. Al polo opposto, la teoria economica keynesiana ritiene che in determinate circostanze – ma non sempre – una politica controciclica sia l’unica soluzione possibile.

[2] I tassi di interesse che le banche centrali applicano ai propri prestiti alle altre banche  sono “policy rates”, nel senso suppongo che sono frutto di decisioni politiche, o pubbliche, da parte delle autorità monetarie centrali. Sono dunque traducibili con “tassi di riferimento” (nel caso della BCE mi pare si usi anche il termine “tassi minimi di intervento”). Quelle decisioni sono il meccanismo fondamentale attraverso il quale si regola la quantità di moneta in circolazione, nel senso che se si alzano quei tassi l’offerta di denaro si riduce, se si abbassano si espande. Ovviamente, questi tassi di interesse “di riferimento” producono anche i loro effetti a cascata su una quantità di tassi di interesse; da quelli interbancari (i tassi di interesse dei prestiti tra una banca e l’altra non sono necessariamente i medesimi di quelli di riferimento, che si applicano sui prestiti delle banche centrali) a quelli che si decidono sui mercati ‘privati, come quelli sui mutui delle abitazioni, o dei prestiti per l’acquisto di auto etc.  Il tasso di interesse applicato dalle banche centrali  viene anche definito “discount rate” (tasso di sconto).

Esistono però altri sistemi di regolazione della base monetaria da parte delle banche centrali, Una banca centrale può influenzare indirettamente i tassi di interesse attraverso le cosiddette “operazioni di mercato aperto”, acquistando bonds sopra la norma dalle altre banche. In quel modo le banche hanno meno fondi da dare in prestito, ed i tassi salgono. Se invece la banca centrale vende bonds alle altre banche al di sotto della media, esse avranno maggiori fondi da dare in prestito ed i tassi scenderanno.

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