Blog di Krugman

Ben Bernanke, forza della natura (5 giugno 2013)

 

Ben Bernanke, Force of Nature

 

 

By any reasonable standard, the great failing of economic policy over the past 5 years — monetary and fiscal both — is that it has done too little. Output lies far below reasonable estimates of potential, meaning trillions of dollars of wasted resources; unemployment remains at levels that amount to personal, social, and possibly political catastrophe; inflation has been below target, and there are good reasons to believe that the targets are too low.

 

Yet the most virulent criticism of policy makers has come from those insisting that they are doing too much — that deficits are a terrible threat (somehow unperceived by the bond market), that the actions of central banks are excessive, even insane. So Martin Wolf finds himself compelled to defend Ben Bernanke, not against charges that he has failed to exhibit the “Rooseveltian resolve” he himself once demanded of the Bank of Japan, but against hedge fund types who accuse him of somehow perverting financial markets.

 

This makes me think that it might be time for a restatement of the case for unconventional Fed policy — not the case that it’s a panacea or even that it will necessarily work, but simply that it should be tried.

 

Start with the very simplest view of how Fed policy affects the economy: the Fed sets short-term interest rates, and other things equal a lower rate leads to higher output; the “natural rate” of interest — as explained in this SF Fed paper — is the rate at which output equals potential, that is, at which there are neither inflationary nor deflationary pressures:

5 giugno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Our problem now is that a severe negative shock to demand, originating from the bursting of the housing bubble and an overhang of household debt, has pushed the IS curve left to the point where the natural rate of interest is so low that it would take a negative nominal rate to get there:

5 giugno 1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

What does this tell us? First of all, that there is nothing “artificial” or “unnatural” about low interest rates; they’re low because demand is low, and the Fed is responding appropriately. If anything, the “unnatural” situation is that rates are too high, because they’re constrained by the zero lower bound (rates can’t go below zero, except for some minor technical bobbles, because people can always just hold cash).

 

Second, the Fed’s inability to get rates as low as they should be justifies a search for policies that can fill this policy gap. Fiscal stimulus is one such policy; unconventional monetary policies of various kinds are another. Actually, the natural policy — natural in a Wicksellian sense, and also the one that in terms of standard economics should produce the least distortion — would be a credible commitment to higher inflation. Unfortunately, this is really hard to achieve, especially given the howling from the kind of people now attacking Bernanke.

My point, however, is that the extraordinary policies of recent years are responses — inadequate responses — to an extraordinary situation. And the real puzzle isn’t why Bernanke does what he does, but why so many supposedly knowledgeable people seem so determined to find reasons not to do the obvious, necessary thing.

 

Ben Bernanke, forza della natura

 

Da ogni ragionevole punto di vista, il grande fallimento della politica economica negli ultimi 5 anni – di quella monetaria come di quella della finanza pubblica – è che essa è stata troppo piccola. La produzione si trova assai al disotto della stima ragionevole del suo potenziale, il che significa migliaia di miliardi di dollari di risorse sprecate; la disoccupazione resta a livelli che corrispondono ad una catastrofe delle persone singole, delle società e probabilmente dei sistemi politici; l’inflazione è rimasta sotto gli obbiettivi programmati e ci sono tutte le ragioni per ritenere che quegli obbiettivi fossero troppo bassi.

Tuttavia, la critica più feroce degli uomini politici è venuta da coloro che hanno preteso che essi stessero facendo troppo – che i deficit fossero una minaccia (in qualche modo non compresa dal mercato obbligazionario), che gli interventi delle banche centrali fossero eccessivi, persino pazzeschi. Così Martin Woolf si ritrova costretto a difendere Ben Bernanke, non contro le accuse per le quali non sarebbe riuscito a mostrare quella “determinazione di Roosevelt” che egli stesso un tempo chiedeva alla Banca del Giappone, bensì contro i personaggi degli hedge funds che lo accusano in qualche modo di stravolgere i mercati finanziari.

Questo mi fa pensare che forse è il momento di ribadire la tesi di una politica non convenzionale della Fed – non l’idea che essa sia una panacea e neanche che necessariamente sia destinata a funzionare, ma semplicemente che dovrebbe essere tentata.

Cominciamo dal semplicissimo aspetto di come la politica della Fed influenza l’economia: la Fed stabilisce i tassi di interesse a breve termine e un tasso di interesse più basso, fermi tutti gli altri aspetti, porta ad una produzione più elevata; il “tasso naturale” dell’interesse – come spiegato in questo saggio della Fed (in connessione) – è il tasso al quale la produzione eguaglia il suo potenziale, vale a dire al quale non ci sono spinte né inflazionistiche né deflazionistiche:

5 giugno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[1]

Il nostro problema adesso è che un grave shock negativo sulla domanda, che è stato provocato dalla esplosione della bolla immobiliare e da un eccesso di debito delle famiglie, ha spinto verso sinistra (e verso il basso, ndt) la curva degli Investimenti e di Risparmi (IS), sino al punto in cui il tasso di interesse naturale è così basso da richiedere un tasso nominale negativo per arrivarci [2]:

5 giugno 1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Che cosa ci dice tutto questo? Prima di tutto che non c’è niente di “artificiale” o di “innaturale”  nei tassi di interesse; essi sono bassi perché la domanda è bassa, e la Fed sta rispondendo appropriatamente. Semmai la situazione “innaturale” è che i tassi sono troppo alti, giacché essi sono condizionati dal limite inferiore dello zero [3] (i tassi non possono scendere sotto lo zero, a parte qualche secondario sobbalzo, perché le persone possono sempre tenersi i soldi in forma liquida).

In secondo luogo, l’impossibilità per la Fed di tenere i tassi così bassi come dovrebbero essere giustifica una ricerca di politiche che possano coprire questo gap della politica. Lo stimolo della spesa pubblica è una di queste politiche¸ le politiche monetarie non convenzionali di vario genere sono le altre. Effettivamente, la politica naturale – naturale in senso wickselliano, ed anche quella che nei termini di una economia normale dovrebbe produrre il minimo di distorsioni – sarebbe un impegno credibile per una inflazione più elevata. Sfortunatamente questo è difficile da ottenere, specialmente considerate le strida degli individui che ora attaccano Bernanke.

La mia opinione, tuttavia, è che le politiche straordinarie degli anni recenti  sono risposte – inadeguate risposte – ad una situazione straordinaria. E il vero enigma non è perché Bernanke stia facendo quello che fa, ma perché così tante persone apparentemente bene informate sembrino così determinate a trovare ragioni per non fare la cosa naturale e necessaria.



[1] Il diagramma indica a cosa corrisponda il tasso naturale di interesse. Sulla linea verticale il tasso reale di interesse; su quella orizzontale il PIL; la “IS curve” è la curva che indica il modo in cui operano i fattori degli investimenti e dei risparmi; la linea verticale indica una scala di grandezza del PIL potenziale. Lo schema ci mostra in che modo l’economia reale (il PIL) interagisce con l’economia monetaria (il tasso di interesse reale). Il punto di incontro nel quale i fattori degli investimenti e dei risparmi incontrano il PIL potenziale rappresenta la condizione naturale; la linea che da esso si traccia sino alla ordinata del tasso di interesse reale, indica quello che sarebbe il tasso di interesse naturale.

[2] Come si vede, la curva degli investimenti e dei risparmi  nel secondo diagramma si colloca a sinistra e più in basso rispetto alla prima situazione; in questo modo essa incontra il PIL potenziale al di sotto del PIL effettivo ed è in questo senso che  il tasso di interesse naturale dovrebbe essere addirittura negativo. Ovvero, anziché avere un compenso per l’acquisto di bonds, si dovrebbe addirittura pagare un prezzo (la qualcosa è illogica, perché, come si dice sotto nel post, in quel modo converrebbe tenersi i soldi in forma liquida).

[3] Per “zero lower bound” vedi le Note sulla traduzione.

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