June 22, 2013, 2:53 am
A number of people have already piled on to Greg Mankiw over his defense of the one percent (pdf). Yet I do have something to add.
Before I get there, a quick summary of the argument to date. Mankiw argues that the 1 percent make so much because of their high contribution to output — basically, that they have high marginal productivity. So they earn what they get; and Mankiw further argues that economic opportunity is in fact relatively if not perfectly equal. All’s fair!
The critique falls along three lines. First, as Dean Baker notes, even if you believe that the glittering prizes at the top of the economic scale were fairly won, the size of those prizes is very much defined by policy choices. We live in a society that allocates rights to intellectual property in a way that yields huge rewards to a select few, that taxes top incomes at a historically low rate, and so on. Even if the game is fair, nothing says that the game has to look the way it does.
Second, as Harold Pollack says, Mankiw is way too blithe in dismissing inequality of opportunity. As Pollack says, what we actually see is a very strong tendency for children of the top quintile to stay there; and a look at how that happens suggests that there’s a lot more to that persistence than the inheritance of good genes, which seems to be Mankiw’s main explanation.
Third, as The Economist (!) points out, Mankiw’s attempt at a reductio ad absurdum of Ralwsian logic — hey, if we want to equalize results, why not enforce mandatory organ donation! — is just silly. Rawlsian ideas are always a matter of equalization under constraints, where these constraints involve notions of fundamental rights — that’s why Rawls didn’t say “let’s impose perfect equality, and deal with the incentive issue by using forced labor”. As The Economist says, we don’t consider vandalism against property and assault against people equivalent; the same difference makes nonsense of the income taxes = organ donation thing.
So, what can I add? Well, Pollack quotes Mankiw’s casual defense of equality of opportunity:
My view here is shaped by personal experience. I was raised in a middle-class family; neither of my parents were college graduates. My own children are being raised by parents with both more money and more education. Yet I do not see my children as having significantly better opportunities than I had at their age.
What’s wrong with this passage? It’s not just that as a winner, someone who did extremely well, Mankiw has a sunnier perspective than he might if he had done worse. It’s also the temporal slip: Mankiw doesn’t think his children have “significantly better opportunities than I had at their age.” [My emphasis]
Ahem. Greg Mankiw was born in 1958; he reached college age in the mid-1970s, that is, before the great surge in inequality. I’m 5 years older, and also grew up in that America — and it was a different country, one in which ordinary public high schools were often pretty good, in which good higher education was available cheaply at state universities, in which almost none of the vast apparatus of tutors and private instruction now used by the elite existed. It was, in short, a country at a very different place on Alan Krueger’s Great Gatsby curve. So even if it were true that Mankiw’s children now don’t have significantly better opportunities than he had then — which I doubt — this has little relevance to the disparity in opportunities between the elite and the middle class in today’s America.
And yes, you do wonder how someone can teach at Harvard and not see just how many of the students come from privileged backgrounds. This doesn’t make them bad people; it does suggest that we’re much more of a hereditary oligarchy than conservatives have room for in their philosophy.
Greg Mankiw e la curva di Gatsby
Un certo numero di persone si sono già concentrate su Greg Mankiw [1] e sulla sua difesa dell’1 per cento (disponibile in pdf). Tuttavia devo aggiungere qualcosa.
Prima di arrivarci, una breve sintesi del dibattito sino a questo punto. Mankiw sostiene che l’1 per cento realizza così tanto a seguito del suo elevato contributo al prodotto generale – fondamentalmente hanno una elevata produttività marginale. In questo modo quadagnano ciò che vogliono; e Mankiw sostiene in aggiunta che la opportunità economica è di fatto relativamente, se non perfettamente, identica. E’ tutto giusto!
La critica si sviluppa su tre direttrici. La prima, come nota Dean Baker: anche se si crede che gli splendidi premi in cima della scala economica siano stati onestamente meritati, la dimensione di quei premi è in gran parte determinata da scelte politiche. Viviamo in una società che assegna diritti alla proprietà intellettuale in un modo che produce enormi riconoscimenti ad una minoranza selezionata, che tassa i redditi più alti con aliquote storicamente basse, e così via. Anche se il gioco è onesto, niente dice che il gioco debba avere quelle regole.
La seconda direttrice, come dice Harold Pollack: Mankiw rappresenta una soluzione troppo semplicistica nel liquidare il tema della ineguaglianza delle opportunità. Come Pollack sostiene, quello a cui stiamo effettivamente assistendo è una tendenza molto forte per i figli del quintile [2] più in alto a restare al loro posto¸ed uno sguardo a come questo accade indica che in quella persistenza c’è molto di più che l’ereditare buoni geni, che sembra essere la principale spiegazione di Mankiw.
La terza direttrice, come mette in evidenza The Economist (!): il tentativo di Mankiw di una reductio ad absurdum della logica “rawlsiana” – “Ehi, se vogliamo parificare i risultati, perché non applichiamo la donazione obbligatoria degli organi!” – è proprio sciocca. Le idee rawlsiane sono sempre una materia di eguaglianza rispetto ai condizionamenti, dove i condizionamenti riguardano concetti di diritti fondamentali – e quella è la ragione per la quale Rawls non ha detto “imponiamo una uguaglianza perfetta, e misuriamoci sul tema degli incentivi utilizzando lavoro coatto”. Come afferma The Economist noi non consideriamo il vandalismo contro la proprietà e la violenza privata contro le persone come cose equivalenti; è la stessa differenza che rende insensata una equiparazione tra tasse sul reddito e donazione degli organi.
Dunque, cosa devo aggiungere? Ebbene, Pollack cita la difesa semplicistica da parte di Mankiw della eguaglianza di opportunità:
“Il mio punto di vista a questo proposito si è formato con l’esperienza. Sono stato allevato in una famiglia di classe media; i miei genitori non erano laureati. I miei propri figli sono stati allevati da genitori che avevano più denaro e più istruzione. Tuttavia io non mi sono accorto che i miei figli avessero opportunità significativamente migliori di quelle che io avevo alla loro età”.
Cosa c’è di sbagliato in questo passaggio? Non si tratta solo del fatto che come vincente, come qualcuno che ha avuto ottimi risultati, Mankiw ha una prospettiva molto più rosea di quella che avrebbe se gli fosse andata peggio. C’è anche una svista temporale: Mankiw pensa che i suoi figli non abbiano “opportunità significativamente migliori di quelle che avevo io alla loro età.” (la sottolineatura è mia)
Un momento. Greg Mankiw è nato nel 1958; ha raggiunto l’età dell’università verso la metà degli anni ’70, cioè prima che avvenisse la grande crescita delle ineguaglianze. Io sono più anziano di cinque anni ed anch’io sono cresciuto in quell’America – una paese diverso, nel quale le comuni scuole pubbliche superiori erano di solito abbastanza buone, nel quale una buona istruzione superiore era disponibile a buon prezzo presso l’università statale, nella quale non esisteva quasi niente del vasto apparato di docenti e di istruzione privata oggi utilizzati dalle elite. In breve, era un paese ad un punto molto diverso della “curva del Grande Gatsby” di Alan Krueger [3]. Dunque, persino se fosse vero che i figli di Mankiw non hanno oggi opportunità significativamente migliori di quelle che egli aveva allora – cosa della quale dubito – questo avrebbe poco rilevanza agli effetti della disparità di opportunità tra elites e classi medie nell’America di oggi.
E in effetti, viene davvero da chiedersi come uno possa insegnare ad Harvard e non accorgersi di quanti studenti provengano da condizioni sociali privilegiate. Questo non fa di loro cattive persone; ma di sicuro indica che facciamo parte di una oligarchia ereditaria molto di più di quello che i conservatori ammettono nella loro filosofia.
[1] Nicholas Gregory “Greg” Mankiw (Trenton, 3 febbraio 1958) è un economista statunitense. Insegna economia alla Harvard University dal 1985. È stato consigliere economico del presidente americano George W. Bush dal 2003 al 2005. Le sue pubblicazioni sono state classificate al ventiduesimo posto delle più influenti, fra quelle degli oltre 18,000 economisti registrati.
[2] Normalmente, la scala sociale dei redditi è rappresentata per “quintili”, ovvero per gruppi ognuno dei quali rappresenta una unità su cinque unità totali.
[3] Alan Krueger (1960) è un economista americano, docente alla Università di Princeton, nominto nel 2009 da Obama Vice Segretario al Tesoro, e poi tornato all’insegnamento. La “curva del Grande Gatsby” è una espressione da lui ideata e sta ad indicare il rapporto tra famiglie di provenienza e situazione di reddito da una generazione all’altra in un diagramma.
By mm
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