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Guerra sui disoccupati (New York Times 30 giugno 2013)

 

War On the Unemployed

By PAUL KRUGMAN

Published: June 30, 2013

Is life too easy for the unemployed? You may not think so, and I certainly don’t think so. But that, remarkably, is what many and perhaps most Republicans believe. And they’re acting on that belief: there’s a nationwide movement under way to punish the unemployed, based on the proposition that we can cure unemployment by making the jobless even more miserable.

Consider, for example, the case of North Carolina. The state was hit hard by the Great Recession, and its unemployment rate, at 8.8 percent, is among the highest in the nation, higher than in long-suffering California or Michigan. As is the case everywhere, many of the jobless have been out of work for six months or more, thanks to a national environment in which there are three times as many people seeking work as there are job openings.

Nonetheless, the state’s government has just sharply cut aid to the unemployed. In fact, the Republicans controlling that government were so eager to cut off aid that they didn’t just reduce the duration of benefits; they also reduced the average weekly benefit, making the state ineligible for about $700 million in federal aid to the long-term unemployed.

 

It’s quite a spectacle, but North Carolina isn’t alone: a number of other states have cut unemployment benefits, although none at the price of losing federal aid. And at the national level, Congress has been allowing extended benefits introduced during the economic crisis to expire, even though long-term unemployment remains at historic highs.

So what’s going on here? Is it just cruelty? Well, the G.O.P., which believes that 47 percent of Americans are “takers” mooching off the job creators, which in many states is denying health care to the poor simply to spite President Obama, isn’t exactly overflowing with compassion. But the war on the unemployed isn’t motivated solely by cruelty; rather, it’s a case of meanspiritedness converging with bad economic analysis.

 

In general, modern conservatives believe that our national character is being sapped by social programs that, in the memorable words of Paul Ryan, the chairman of the House Budget Committee, “turn the safety net into a hammock that lulls able-bodied people to lives of dependency and complacency.” More specifically, they believe that unemployment insurance encourages jobless workers to stay unemployed, rather than taking available jobs.

 

Is there anything to this belief? The average unemployment benefit in North Carolina is $299 a week, pretax; some hammock. So anyone who imagines that unemployed workers are deliberately choosing to live a life of leisure has no idea what the experience of unemployment, and especially long-term unemployment, is really like. Still, there is some evidence that unemployment benefits make workers a bit more choosy in their job search. When the economy is booming, this extra choosiness may raise the “non-accelerating-inflation” unemployment rate — the unemployment rate at which inflation starts to rise, inducing the Federal Reserve to raise interest rates and choke off economic expansion.

 

 

All of this is, however, irrelevant to our current situation, in which inflation is not a concern and the Fed’s problem is that it can’t get interest rates low enough. While cutting unemployment benefits will make the unemployed even more desperate, it will do nothing to create more jobs — which means that even if some of those currently unemployed do manage to find work, they will do so only by taking jobs away from those currently employed.

 

But wait — what about supply and demand? Won’t making the unemployed desperate put downward pressure on wages? And won’t lower labor costs encourage job growth? No — that’s a fallacy of composition. Cutting one worker’s wage may help save his or her job by making that worker cheaper than competing workers; but cutting everyone’s wages just reduces everyone’s income — and it worsens the burden of debt, which is one of the main forces holding the economy back.

Oh, and let’s not forget that cutting benefits to the unemployed, many of whom are living hand-to-mouth, will lead to lower overall spending — again, worsening the economic situation, and destroying more jobs.

The move to slash unemployment benefits, then, is counterproductive as well as cruel; it will swell the ranks of the unemployed even as it makes their lives ever more miserable.

Can anything be done to reverse this policy wrong turn? The people out to punish the unemployed won’t be dissuaded by rational argument; they know what they know, and no amount of evidence will change their views. My sense, however, is that the war on the unemployed has been making so much progress in part because it has been flying under the radar, with too many people unaware of what’s going on.

 

 

Well, now you know. And you should be angry.

 

Guerra sui disoccupati, di Paul Krugman

New York Times 30 giugno 2013

 

E’ troppo facile la vita per i disoccupati? Penserete di no, anch’io di sicuro non lo penso. Ma è rilevante che quello sia quanto credono in molti, forse la maggior parte dei repubblicani. E si comportano sulla base di quel convincimento: è in atto un movimento di dimensioni nazionali che si propone di punire i disoccupati, sulla base dell’idea che si può curare la disoccupazione facendo diventare ancora più disgraziati quelli che non hanno lavoro. Si consideri, ad esempio, il caso della North Carolina. E’ uno Stato che è stato colpito duramente dalla Grande Recessione, il suo tasso di disoccupazione, all’8,8 per cento, è tra i più alti della nazione, più elevato che nella da lungo tempo travagliata California o nel Michigan. Come accade dappertutto, molte persone senza lavoro sono rimaste fuori da ogni attività da sei mesi e più, per effetto di una condizione nazionale per la quale ci sono tre volte individui che cercano lavoro rispetto ai posti di lavoro disponibili.

Ciononostante, il Governo di quello Stato ha da poco bruscamente tagliato l’aiuto ai disoccupati. Di fatto, i repubblicani che controllano quella amministrazione erano così ansiosi di eliminare gli aiuti che non solo hanno ridotto la durata dei benefici; hanno anche ridotto il sussidio medio settimanale, privando lo Stato del diritto a ricevere circa 700 milioni di dollari di aiuti federali ai disoccupati di lungo periodo.

E’ abbastanza spettacolare, ma il North Carolina non è un caso isolato: un certo numero di altri Stati hanno tagliato i sussidi di disoccupazione, sebbene nessuno al prezzo di perdere contributi federali. Ed a livello nazionale, il Congresso ha consentito che la proroga dei sussidi introdotta durante la crisi economica andasse in scadenza, anche se la disoccupazione di lungo periodo resta ai massimi storici.

Cosa sta dunque succedendo? Si tratta proprio di crudeltà? Ebbene, il Partito Repubblicano, che crede che il 47 per cento degli americani siano degli assistiti che vivono a scrocco dei creatori di posti di lavoro e che in molti Stati stanno negando l’assistenza sanitaria ai poveri solo per fare un dispetto ad Obama, precisamente non trabocca di carità cristiana [1]. Ma la guerra ai disoccupati non è motivata esclusivamente da crudeltà; piuttosto è un caso di miseria morale combinata con una pessima analisi economica.

In generale, i conservatori moderni credono che il nostro carattere nazionale sia svigorito dai programmi sociali che, secondo la memorabile espressione di Paul Ryan, il Presidente della Commissione Bilancio della Camera, “trasforma le reti di assistenza in una amaca che culla individui di robusta costituzione in esistenze di dipendenza e di autocommiserazione.” Più in particolare, essi credono che la assicurazione di disoccupazione incoraggi i lavoratori senza lavoro a restare disoccupati, piuttosto che accettare i posti di lavoro disponibili.

C’è un qualche fondamento in questa idea? Il sussidio medio di disoccupazione nel North Carolina è di 299 dollari alla settimana, prima delle tasse; proprio una bella amaca! Dunque, chiunque si immagini che i lavoratori disoccupati stiano deliberatamente scegliendo di vivere una vita di agi, non ha idea di cosa realmente sia l’esperienza della disoccupazione, particolarmente di lungo periodo. Eppure, c’è qualche prova che i sussidi di disoccupazione rendono i lavoratori un po’ più esigenti nella loro ricerca del lavoro. Quando l’economia è in espansione, questa particolare attitudine selettiva può accrescere quel particolare livello  di disoccupazione “che non accelera l’inflazione” [2] – ovvero il tasso di disoccupazione al quale l’inflazione comincia a salire, inducendo la Federal Reserve al alzare i tassi di interesse ed a soffocare l’espansione economica.

Tutto questo è tuttavia irrilevante nella nostra situazione attuale, nella quale l’inflazione non è una preoccupazione e il problema della Fed è quello di non poter abbassare abbastanza i tassi di interesse [3]. Mentre tagliare i sussidi di disoccupazione renderebbe i disoccupati ancora più disperati, non creerebbe in alcun modo posti di lavoro – il che significa che anche se alcuni tra coloro che sono attualmente disoccupati riuscissero a trovare lavoro, lo farebbero solo sottraendo posti di lavoro a quelli che sono attualmente occupati.

Ma aspettate – cosa dire dell’offerta e della domanda? Rendere i disoccupati disperati non abbasserebbe la spinta sui salari? E costi del lavoro più bassi non incoraggerebbero la crescita dell’occupazione? Tagliare il salario di un lavoratore può contribuire a salvare il suo posto di lavoro, rendendo quel lavoratore più conveniente rispetto agli altri che sono in competizione con lui; ma tagliare i salari di tutti semplicemente riduce il reddito di ciascuno – e peggiora il peso del debito, che è una delle principale componenti che blocca l’economia.

E infine non si deve dimenticare che tagliare i sussidi ai disoccupati, molti dei quali stanno vivendo alla giornata, condurrebbe ad una spesa complessiva più bassa – ancora una volta peggiorando la situazione economica e distruggendo ulteriori posti di lavoro.

L’iniziativa di abbattere i sussidi di disoccupazione, dunque, è nello stesso modo improduttiva e crudele; allargherà le fila dei disoccupati nel mentre renderà la loro esistenza ancora più miserabile.

Si può fare qualcosa per tornare indietro rispetto a questa china sbagliata della politica? Coloro che sono intenzionati a punire i disoccupati non saranno dissuasi da argomenti razionali; sono convinti di sapere quanto occorre, non cambieranno punti di vista a seguita della quantità di prove. La mia sensazione tuttavia, è che la guerra sui disoccupati stia facendo progressi in una certa misura perché sfrutta la distrazione di molta gente inconsapevole di quanto sta accadendo.

Ebbene, adesso lo sapete e fareste bene ad arrabbiarvi.



[1] “Compassion” è un termine che ha un significato politico forte negli Stati Uniti, non ben traducibile con “compassione”, che per noi è un più generico moto dell’animo. “Carità cristiana”, anche per il contesto ironico della espressione, mi pare un termine altrettanto, per così dire, istituzionale.

[2] Per “tasso di disoccupazione che non accelera l’inflazione”  (la sigla americana è NAIRU) si intende quel particolare punto di equilibrio tra il mercato del lavoro e le condizioni dell’economia al quale la disoccupazione esistente non provoca tendenze inflazionistiche. E’ quel livello che può in teoria essere leggermente ‘spostato’, qualora i lavoratori divengano maggiormente esigenti nella ricerca di un lavoro soddisfacente.

[3] Non poterli abbassare abbastanza, perché sono già molto bassi.

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