Blog di Krugman

Il trionfo di Peter Kenen, la vendetta di Robert Mundell (3 giugno 2013)

 

The Triumph of Peter Kenen, The Revenge of Robert Mundell

In America, it’s sad when your friends move away; in Europe, it may be a tragedy.

Back in the 1960s, a new concept emerged in international macroeconomics: optimum currency area theory. The question it sought to answer was, when should countries adopt a common currency? Everyone noted that by adopting a common currency, countries would give up much of their policy independence; the question was how costly that would be, and how large the benefits.

 

One variant, pushed by Ronald McKinnon, stressed the amount of trade; the more two countries trade, the bigger the advantages of not having to change currencies, and arguably, also, the less adjustment is needed to correct trade imbalances. Another (actually the first paper on the subject), by Robert Mundell, stressed labor mobility: you don’t need as much policy independence if unemployed workers can move to where the jobs are. A third, stressed by my late colleague Peter Kenen, stressed fiscal integration: if countries or regions share common budgets for major programs, there will be a lot of automatic compensation for “asymmetric shocks”.

 

As I’ve argued in the past, it turns out that Kenen, not Mundell, is the best guide to problems in Europe right now. And while I didn’t think of it until now, there’s even a case to be made that labor mobility within Europe is actually worsening the problem, making the euro less sustainable.Via FTAlphaville, Frances Coppola documents the extraordinary rates of emigration among young people in Europe’s disaster economies — not really a surprise when you consider the incredible levels of youth unemployment. But as she says, once those young people are gone, who will pay the taxes to support retirees?

The point is that the interaction among large welfare states, relatively high labor mobility, and lack of fiscal integration in a currency area may turn out to be really deadly.

 

Il trionfo di Peter Kenen, la vendetta di Robert Mundell

In America è triste quando i vostri amici si spostano, in Europa può essere una tragedia.

Nei passati anni ’60 emerse un nuovo concetto nell’economia internazionale: la teoria dell’area valutaria ottimale. La domanda alla quale si cercava una risposta era, quando i paesi dovrebbero adottare una valuta comune? Tutti osservarono che dal momento in cui i paesi adottano una valuta comune, sono soggetti a cedere una buona parte della loro indipendenza politica; la domanda era quanto questo sarebbe costato e quanto sarebbero stati ampi i benefici.

Una variante, sulla quale insisteva Ronald McKinnon, interrogava la quantità degli scambi commerciali; più due paesi commerciano tra di loro, più grandi sono i vantaggi nel non avere valute da scambiare, e probabilmente anche meno correzioni sono necessarie per correggere gli squilibri commerciali. Un’altra (in effetti il primo studio sul tema), avanzata da Robert Mundell, interrogava la mobilità del lavoro; non si ha bisogno di tanta indipendenza politica se i lavoratori disoccupati possono spostarsi dove ci sono i posti di lavoro. Una terza, avanzata dal mio passato collega Peter Kenen, interrogava l’integrazione della finanza pubblica: se i paesi o le regioni condividono bilanci comuni per i programmi principali, ci sarà una quantità di compensazioni automatiche per gli “shocks asimmetrici” .

Come ho sostenuto in passato, si chiarisce che Kenen, non Mundell, è la miglior guida ai problemi dell’Europa di oggi. E mentre sinora non ci avevo pensato, c’è persino da fare l’ipotesi che la mobilità del lavoro all’interno dell’Europa stia in effetti peggiorando il problema, rendendo l’euro meno sostenibile. Tramite FTAlphaville, Frances Coppola documenta gli straordinari tassi di emigrazione tra i giovani nelle economia del disastro dell’Europa – non proprio una sorpresa  quando si consideri l’incredibile livello di disoccupazione giovanile. Ma come ella dice, una volta che quei giovani se ne sono andati, chi pagherà le tasse per sostenere le pensioni?

Il punto è che l’interazione tra ampi stati assistenziali, una relativamente elevata mobilità del lavoro ed una mancanza di integrazione delle finanze pubbliche in un’area valutaria può risultare veramente letale.

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