Peter Dorman argues that the AS-AD model — that’s “aggregate demand-aggregate-supply” for those of you who ignored the “wonkish” label — plays no role in the economic blogosphere, and suggests that its fairly prominent role in textbooks is there only to “occupy student brain cells” until something actually useful comes up. Mark Thoma says he’s wrong, and among other things provides several examples (including one of my own) of the AS-AD framework being applied to current issues.
As it happens, I’ve thought about this issue quite a lot; it comes up with each revision of Krugman/Wells, where we have to ask whether AS-AD belongs in the exposition. The problem is not that the “real” model is DSGE (New Keynesian theory with intertemporal optimization yada yada); in practice, when it comes to thinking about macro policy Robert Waldmann has it right:
most have gone all the way back to an IS curve (real interest and output) assuming AS doesn’t matter and with the LM curve replaced with something like a Taylor rule. AS if anything, is an adaptive expectations augmented Phillips curve which matters only because of real interest rates, the monetary authority’s response to inflation and debt deflation/inflation.
You can see something pretty much along these lines in this piece from David Romer (pdf).
Now, this isn’t AS-AD for two reasons. First, the AD curve is no longer an economic relationship so much as a model of central bank behavior; a rising price level doesn’t reduce demand through its effect on the real money supply, it reduces demand through its effect on the mind of Ben Bernanke. Second, what we almost always talk about is the rate of change in prices rather than their level. (This happens not to be true when we’re worrying about issues of competitiveness within the euro area, which is why AS-AD makes something of a comeback in that discussion).
So why do AS-AD? First, you do want a quick introduction to the notion that supply shocks and demand shocks are different, that 1979-80 and 2008-2009 are different kinds of slump, and AS-AD gets you to that notion in a quick and dirty, back of the envelope way.
Second — and this plays a surprisingly big role in my own pedagogical thinking — we do want, somewhere along the way, to get across the notion of the self-correcting economy, the notion that in the long run, we may all be dead, but that we also have a tendency to return to full employment via price flexibility. Or to put it differently, you do want somehow to make clear the notion (which even fairly Keynesian guys like me share) that money is neutral in the long run. That’s a relatively easy case to make in AS-AD; it raises all kinds of expositional problems if you replace the AD curve with a Taylor rule, which is, as I said, essentially a model of Bernanke’s mind.
So there is a place for AS-AD, although it’s an awkward one, and the transition to IS curve plus Taylor rule plus Phillips curve, which is the model you really want to use for America right now, is a moment that fills me with dread every time we take it on in a new edition.
Una storia triste – intendo la storia dell’Offerta e della Domanda Aggregata (per esperti)
Peter Dorman sostiene che il modello AS/AD [1]– cioè “offerta aggregata/domanda aggregata” per coloro che ignorano l’espressione da esperti – non gioca alcun ruolo nel dibattito economico sui blog, e suggerisce che il suo peso nei libri di testo serve soltanto a “tenere occupate le cellule cerebrali degli studenti” in attesa che sopravvenga qualcosa di più utile. Secondo Mark Thoma ha torto, e tra le altre cose egli fornisce vari esempi (incluso uno del sottoscritto) relativi alla applicazione dello schema AS/AD alle tematiche attuali.
Come che sia, ho pensato abbastanza a lungo a questo aspetto; esso viene fuori in ogni occasione di revisione del libro di testo di Krugman/Wells [2], quando dobbiamo chiederci se il modello AS/AD debba far parte della esposizione. Il problema non consiste nel fatto che il modello “reale” è il DSGE (la nuova teoria keynesiana con la ottimizzazione intertemporale etc. etc.) [3]; in pratica, quando si giunge a ragionare di politica macroeconomica, Robert Waldmann ha ragione:
“I più sono tornati completamente indietro ad una curva IS (interesse reale e prodotto) assumendo che l’offerta aggregata non conti e con la curva LM rimpiazzata con qualcosa come una curva di Taylor. L’Offerta Aggregata è semmai una curva di Phillips incrementata dalle aspettative di adattamento, che è importante solo per i tassi di interesse, per la risposta della autorità monetaria alla inflazione ed alla inflazione/deflazione da debito”.
Potete vedere qualcosa molto su queste linee in questo studio di David Romer (disponibile in pdf).
Ora, questa non è una curva AS/AD per due ragioni. La prima, la curva della Domanda Aggregata non è più una relazione economica paragonabile ad un modello per la condotta della banca centrale; un livello dei prezzi in crescita non riduce la domanda attraverso i suo effetto sulla offerta reale di moneta, riduce la domanda attraverso il suo effetto sulla mente di Ben Bernanke. La seconda, quella di cui abbiamo quasi sempre parlato è il tasso di cambio nei prezzi piuttosto che il loro livello (ma succede che questo non sia vero nel momento in cui ci preoccupiamo dei temi della competitività all’interno dell’area euro, che è la ragione per la quale la curva AS/AD è come se fosse tornata in auge in quel dibattito).
Perché dunque utilizzare la curva AS/AD? In primo luogo, si ha proprio bisogno di una rapida introduzione all’idea che gli shocks da offerta e quelli da domanda sono diversi, che il 1979-80 ed il 2008-2009 sono crisi di tipo diverso, e il modello AS/AD vi introduce a quel concetto in modo rapido e semplificato, come un appunto su un foglio di carta.
In secondo luogo – e questo gioca un ruolo sorprendentemente rilevante nel mio personale pensiero pedagogico – ne avete proprio bisogno, da qualche parte nel vostro percorso, per trasmettere il concetto di una economia che si auto-corregge, il concetto che nel lungo periodo potremmo essere tutti morti, ma che pure abbiamo una tendenza a tornare alla piena occupazione attraverso la flessibilità dei prezzi. O, per dirla diversamente, avete proprio bisogno di rendere chiara l’idea (che è condivisa persino da soggetti discretamente keynesiani come il sottoscritto) che nel lungo periodo il denaro è neutrale. Quello è un esempio relativamente semplice da avanzare nel modello AS/AD; ogni genere di problema di esposizione aumenta se si rimpiazza la curva della Domanda Aggregata con una regola di Taylor, che è, come ho detto, fondamentalmente un modello della mente di Bernanke.
Dunque c’è spazio per il modello AS/AD, sebbene uno spazio piuttosto scomodo, ed il passaggio alla curva IS più la regola di Taylor più la curva di Phillips, che è il modello che è realmente utilizzato nell’America di oggi, è un momento che mi riempie di sgomento ogni volta che dobbiamo farci i conti in una nuova edizione (del libro di testo suddetto).
[1] Il modello della Domanda e della Offerta Aggregata è un modello macroeconomico che spiega il livello dei prezzi e della produzione attraverso la relazione tra la domanda aggregate e l’offerta aggregate. Esso è basato sulla teoria che John Maynard Keynes presentò nel suo libro del 1936 “La Teoria Generale della occupazione, dell’interesse e della moneta”. Costituisce una delle più importanti rappresentazioni semplificate della macroeconomia ed è utilizzato da un’ampia gamma di economisti, dai sostenitori radicali e monetaristi del “lassaiz faire” come Milton Friedman, ai neokeynesiani sostenitori dell’intervento pubblico nell’economia, come Joan Robinson (da Wikipedia, lingua inglese).
In sostanza la teoria classica dell’offerta e della domanda si basava in precedenza in larga parte sulla ‘Legge di Say’, ovvero sull’idea che è l’offerta che crea in ogni momento la propria domanda. Krugman ha fornito una lettura relativamente comprensibile di questo aspetto nel suo magistrale discorso a Cambridge nel 2011, in occasione del 75° Anniversario del libro di Keynes, che è tradotto in questo blog sotto la rubrica dei ‘Saggi’. Se l’offerta determina in ogni momento la domanda, non esiste alcun problema di intervento pubblico contro le depressioni economiche. Anzi, la spesa pubblica comporterebbe la conseguenza di distrarre risorse dall’investimento privato, ad aggraverebbe le crisi. Se invece la domanda aggregata, ovvero il complesso della spesa pubblica e degli investimenti e dei consumi privati, in certi momenti in particolare, è soggetta a comportamenti obbligati (ad esempio, la domanda di investimenti e consumi privati resta inerte, a fronte di tassi di interesse prossimi allo zero, come nelle due grandi crisi degli anni Trenta e di questi anni) la spesa pubblica diventa l’unica chiave possibile per il rilancio delle economie, giacché la politica monetaria non può favorire la ripresa facendo scendere sotto lo zero i tassi di interesse.
[2] Ovvero, il libro di testo di economia scritto da Krugman e Wells (sua moglie Robin Wells).
[3] La DSGE (abbreviazione per “Equilibrio generale dinamico stocastico”, dove “stocastico” significa “attinente a modelli matematici che studiano l’andamento dei fenomeni casuali, probabilistici) è un settore delle Teoria Generale dell’equilibrio; che cerca di spiegare fenomeni economici ‘aggregati’ – quali la crescita, i cicli dell’economia, gli effetti delle politica monetarie e della spesa pubblica – sulla base di modelli macroeconomici basati su principi microeconomici.
By mm
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