Blog di Krugman

Deficit e tassi di interesse – La storia (25 luglio 2013)

 

July 25, 2013, 8:46 am

Deficits and Interest Rates — The History

I occasionally see people arguing that the historical association — that is, pre-crisis — between budget balances and interest rates presents some kind of challenge to conventional macroeconomics. (Oddly, you see this from both left and right; the Wall Street Journal, for example, was very much for deficits before it was against them). But is there really any problem?

Let’s start in the mid-1980s; huge changes in expected inflation make it harder to parse what went before. Here’s what you see (the fiscal balance is shown so that an upward movement is a fall in the deficit or a rise in the surplus):

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Clearly, the association goes the “wrong” way: bigger surpluses (lower deficits) are, on average, associated with higher, not lower, interest rates. Macroeconomics is all wrong!

Or maybe not. Look at the recession bars — and bear in mind that each recession over this period was followed by an extended “jobless recovery” that felt like a continuing recession, and was met with further Fed easing. What’s really going on here is that the business cycle is driving both deficits and interest rates. The recession of 1990-91 (driven by the S&L crisis and a burst bubble in commercial real estate) drove up the deficit, and also led to Fed easing; the recession of 2001 (dotcoms and telecomms) did the same; the recession of 2007-9 (end of the world, basically) did it on a scale that pushed the deficit to record levels and interest rates down to zero.

There isn’t a puzzle here unless you insist on believing that budget deficits are events that have nothing to do with what is going on in the larger economy.

 

Deficit e tassi di interesse – La storia

 

Occasionalmente ho osservato persone sostenere che la associazione storica – cioè, nel periodo precedente alla crisi – tra equilibri di bilancio e tassi di interesse contiene una sorta di sfida alla macroeconomia convenzionale (stranamente, è una cosa che si osserva sia a destra che a sinistra; il Wall Street Journal, ad esempio, era assai favorevole ai deficit prima di essere contrario). Ma c’è qua sul serio un qualche problema?

Partiamo dalla metà degli anni ’80; grandi cambiamenti nella inflazione attesa rendono più difficile analizzare quello che era successo in precedenza. Ecco quello che si nota (il bilancio finanziario pubblico è mostrato in modo che un movimento verso l’alto è una caduta del deficit od una crescita del surplus [1]):

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Chiaramente, la associazione va nel modo “sbagliato”: surplus più grandi (o deficit minori) sono, in media associati con tassi di interesse più elevati, non più bassi. La macroeconomia è tutta sbagliata!

O forse no. Si guardi alle barre delle recessioni [2] – e si tenga a mente che ogni recessione in questo periodo è stata seguita da una prolungata “ripresa senza posti di lavoro” che è stata ‘sentita’ come una prosecuzione della recessione, ed è stata affrontata con ulteriori facilitazioni monetarie da parte della Fed. Quello che qua sta realmente accadendo è che il ciclo economico sta spingendo sia i deficit che i tassi di interesse. La recessione del 1990-91 (guidata dalla crisi delle banche locali e dallo scoppio di una bolla nel settore commerciale immobiliare) spinse in alto i deficit, e indusse la Fed a facilitazioni; la recessione del 2001 (società informatiche e delle telecomunicazioni) fece lo stesso; la recessione del 2007-2009 (uno schianto, fondamentalmente) lo ha fatto in una dimensione che ha spinto il deficit a livelli record ed i tassi di interesse vicini allo zero.

In questo non c’è alcun mistero, a meno che non si insista a credere che i deficit di bilancio siano eventi che non hanno niente a che fare con quello che sta succedendo nell’economia più in generale.


[1] Inoltre, la riga verde indica i tassi di interesse dei buoni del Tesoro e quella blu i surplus o i deficit del bilancio federale espresso come percentuale sul PIL.

[2] I segmenti verticali grigi, che hanno diversa ampiezza in dipendenza dalla durata temporale dei periodi di effettiva recessione, intesa in termini tecnici, ovvero come il periodo di effettiva riduzione del PIL per alcuni trimestri successivi.

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