July 27, 2013, 8:33 am
Robert Skidelsky has an interesting note asking why quantitative easing has received so much stress in recent economic debates. Its effectiveness is, after all, questionable — whereas there is overwhelming evidence that fiscal policy works as advertised.
Skidelsky is right, I think, to downplay the idea that it’s all welfare for the financial service sector. After all, many of the most bitter critics of QE come from Wall Street.
He argues that the affection for QE comes, instead, from the alluring prospect — to some conservatives, at least — of getting economic stabilization without any need for activist government outside the narrow sphere of monetary policy. What he doesn’t say clearly, at least in this piece, is that this was the allure of old-fashioned monetarism too. Just stabilize the money supply, declared Milton Friedman, and we don’t need any of this Keynesian stuff (even though Friedman, when pressured into providing an underlying framework, basically acknowledged that he believed in IS-LM). Why, if only the Fed had stabilized M2, there would have been no Great Depression!
Friedman’s money supply rule soon proved itself inadequate, but a more flexible kind of monetarism — one that still left no role for fiscal policy — did end up ruling conventional wisdom from the mid-80s to 2007, the era of the Great Moderation. Then came the Great Recession, the Fed funds rate came up against the zero lower bound, and we were banished from the monetarist paradise. In fact, as I’ve written on a number of occasions, recent experience pretty conclusively shows that Friedman’s claims about how easy it would have been to avert depression were all wrong.
Still, QE, in the eyes of its most enthusiastic advocates, can return us to Milton’s Eden. And they are determined to read the evidence as confirming that hopeful notion.
Yet there are many economists, myself included, who regard this view as highly unrealistic, yet support more aggressive Fed action all the same. Why? First, because it might help and is unlikely to do harm. Second, because the alternative — fiscal policy — may be of proven effectiveness, but is also completely blocked by politics. So the Fed’s efforts are all we have.
Il Paradiso ancora perduto di Milton [1]
Robert Skidelsky scrive una interessante nota chiedendosi perché la “facilitazione quantitativa” abbia ricevuto tante pressioni nei dibattiti recenti. Dopo tutto, si può dubitare della sua efficacia – mentre ci sono prove schiaccianti che la politica della spesa pubblica [2] funziona proprio come si dice.
Skidelsky ha ragione, penso, a minimizzare l’idea secondo la quale tutto dipenda da una forma di assistenza verso il sistema finanziario. Dopo tutto, molti delle critiche più aspre della FQ [3] vengono da Wall Street.
Egli sostiene che l’attaccamento alla FQ derivi, piuttosto, dalla allettante prospettiva – almeno per alcuni conservatori – di ottenere la stabilizzazione economica senza alcun bisogno di attivismo da parte del Governo, fuori dalla sfera ristretta della politica monetaria. Quello che egli non dice chiaramente, almeno in questa nota, è che questa era l’attrazione anche del monetarismo che andava di moda nel passato. Si stabilizzi semplicemente l’offerta di moneta, sosteneva Milton Friedman, e non avremo bisogno di questa roba keynesiana (anche se Friedman, quando veniva sollecitato a fornire il suo schema implicito, fondamentalmente ammetteva di credere nel modello IS-LM). Perché, se la Fed avesse solo stabilizzato l’aggregato monetario M2 [4], non ci sarebbe stata la Grande Depressione!
La regola dell’offerta di moneta di Friedman si mostrò rapidamente inadeguata, ma un tipo di monetarismo più flessibile – che pure continuava a non prevedere alcun ruolo per la politica della spesa pubblica – finì con l’imporsi sulla saggezza convenzionale dalla metà degli anni ‘80 al 2007, il periodo della cosiddetta Grande Moderazione. Poi venne la Grande Recessione, il tasso di sconto della Fed si scontrò con il limite inferiore di zero, e venimmo messi al bando dal paradiso monetarista. Di fatto, come abbiamo scritto in un certo numero di occasioni, l’esperienza recente dimostra abbastanza definitivamente che le tesi di Friedman su quanto fosse facile evitare la depressione fossero tutte sbagliate.
Eppure, la FQ, agli occhi dei suoi sostenitori più entusiasti, può tornare all’Eden di Milton. E sono determinati a leggere i fatti come se confermassero tale confortante concetto.
Tuttavia ci sono molti economisti, incluso il sottoscritto, che considerano questo punto di vista come altamente irrealistico, ma contemporaneamente sostengono una azione più aggressiva da parte della Fed. Perché? In primo luogo, perché essa può dare un aiuto ed è improbabile che sia dannosa. In secondo luogo perché l’alternativa – la politica attiva della finanza pubblica – può essere di collaudata efficacia, ma è anche bloccata da scelte di natura politica. Cosicché gli sforzi della Fed sono ciò che abbiamo.
[1] Il Paradiso perduto (titolo originale: Paradise Lost), pubblicato nel 1667, è il poema epico in versi sciolti (blank verse) di John Milton, che racconta l’episodio biblico della caduta dell’uomo: la tentazione di Adamo e Eva a opera di Satana e la loro cacciata dal giardino dell’Eden.
[2] Come si spiega nelle note sulla traduzione, preferiamo non tradurre “fiscal policy” con “politica fiscale”, per la semplice ragione che “fiscale” in lingua italiana è qualcosa che attiene alle tasse (si veda, ad esempio, Devoto-Olli), mentre in lingua inglese è qualcosa che attiene in generale alle finanze pubbliche. Qualcuno potrebbe ritenerla una soluzione un po’ testarda, visto che il termine ormai sta entrando nel nostro linguaggio nel senso che ha nella lingua inglese. Il punto è che, anche se questo avvenisse, resterebbe una contraddizione. Mentre, infatti, in inglese la “fiscal policy” non è mai la “politica della tassazione” – perché il riferimento alle tasse avviene di norma con i termini “tax, tax rate, tax policy etc.” – in italiano “politica fiscale” finirebbe con l’avere due significati, l’uno diverso dall’altro.
Quando poi il termine “fiscal policy”, come sopra, si riferisce con evidenza ad una “politica attiva ed antidepressiva” della finanza pubblica, possiamo talora tradurlo direttamente con il termine “politica della spesa pubblica”.
[3] Facilitazione Quantitativa.
[4] Per “M2” si intende l’aggregato di offerta di moneta che aggiunge al contante (M1) i depositi connessi, i depositi dei risparmi ed i finanziamenti non istituzionali del mercato monetario.
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