Delusions of Populism
By PAUL KRUGMAN
Published: July 11, 2013
Have you heard about “libertarian populism” yet? If not, you will. It will surely be touted all over the airwaves and the opinion pages by the same kind of people who assured you, a few years ago, that Representative Paul Ryan was the very model of a Serious, Honest Conservative. So let me make a helpful public service announcement: It’s bunk.
Some background: These are tough times for members of the conservative intelligentsia — those denizens of think tanks and opinion pages who dream of Republicans once again becoming “the party of ideas.” (Whether they ever were that party is another question.)
For a while, they thought they had found their wonk hero in the person of Mr. Ryan. But the famous Ryan plan turned out to be crude smoke and mirrors, and I suspect that even conservatives privately realize that its author is more huckster than visionary. So what’s the next big idea?
Enter libertarian populism. The idea here is that there exists a pool of disaffected working-class white voters who failed to turn out last year but can be mobilized again with the right kind of conservative economic program — and that this remobilization can restore the Republican Party’s electoral fortunes.
You can see why many on the right find this idea appealing. It suggests that Republicans can regain their former glory without changing much of anything — no need to reach out to nonwhite voters, no need to reconsider their economic ideology. You might also think that this sounds too good to be true — and you’d be right. The notion of libertarian populism is delusional on at least two levels.
First, the notion that white mobilization is all it takes rests heavily on claims by the political analyst Sean Trende that Mitt Romney fell short last year largely because of “missing white voters” — millions of “downscale, rural, Northern whites” who failed to show up at the polls. Conservatives opposed to any major shifts in the G.O.P. position — and, in particular, opponents of immigration reform — quickly seized on Mr. Trende’s analysis as proof that no fundamental change is needed, just better messaging.
But serious political scientists like Alan Abramowitz and Ruy Teixeira have now weighed in and concluded that the missing-white-voter story is a myth. Yes, turnout among white voters was lower in 2012 than in 2008; so was turnout among nonwhite voters. Mr. Trende’s analysis basically imagines a world in which white turnout rebounds to 2008 levels but nonwhite turnout doesn’t, and it’s hard to see why that makes sense.
Suppose, however, that we put this debunking on one side and grant that Republicans could do better if they could inspire more enthusiasm among “downscale” whites. What can the party offer that might inspire such enthusiasm?
Well, as far as anyone can tell, at this point libertarian populism — as illustrated, for example, by the policy pronouncements of Senator Rand Paul — consists of advocating the same old policies, while insisting that they’re really good for the working class. Actually, they aren’t. But, in any case, it’s hard to imagine that proclaiming, yet again, the virtues of sound money and low marginal tax rates will change anyone’s mind.
Moreover, if you look at what the modern Republican Party actually stands for in practice, it’s clearly inimical to the interests of those downscale whites the party can supposedly win back. Neither a flat tax nor a return to the gold standard are actually on the table; but cuts in unemployment benefits, food stamps and Medicaid are. (To the extent that there was any substance to the Ryan plan, it mainly involved savage cuts in aid to the poor.) And while many nonwhite Americans depend on these safety-net programs, so do many less-well-off whites — the very voters libertarian populism is supposed to reach.
Specifically, more than 60 percent of those benefiting from unemployment insurance are white. Slightly less than half of food stamp beneficiaries are white, but in swing states the proportion is much higher. For example, in Ohio, 65 percent of households receiving food stamps are white. Nationally, 42 percent of Medicaid recipients are non-Hispanic whites, but, in Ohio, the number is 61 percent.
So when Republicans engineer sharp cuts in unemployment benefits, block the expansion of Medicaid and seek deep cuts in food stamp funding — all of which they have, in fact, done — they may be disproportionately hurting Those People; but they are also inflicting a lot of harm on the struggling Northern white families they are supposedly going to mobilize.
Which brings us back to why libertarian populism is, as I said, bunk. You could, I suppose, argue that destroying the safety net is a libertarian act — maybe freedom’s just another word for nothing left to lose. But populist it isn’t.
Illusioni del populismo
New York Times 11 luglio 2013
Avete sentito parlare di “populismo libertario”? Se non è successo, accadrà. Sarà sicuramente propagandato su tutte le frequenze e le pagine dei commenti da parte degli stessi individui che, pochi anni fa, vi assicuravano che il Rappresentante Paul Ryan era il vero prototipo di un Serio ed Onesto Conservatore. Lasciatemi dunque fare un annuncio da utile servizio pubblico: è una cavolata. Alcuni antefatti: questi sono tempi duri per i componenti della intellighenzia conservatrice – quegli individui che occupano i gruppi di esperti e le pagine dei commenti e sognano che i Repubblicani tornino ad essere “il Partito delle idee” (che essi lo siano mai stati è un’altra questione).
Per un certo momento hanno pensato di aver trovato il loro pensoso eroe nella persona del Signor Ryan. Ma si è scoperto che il famoso piano di Ryan era fatto semplicemente di fumo e di specchietti, ed ho il sospetto che persino i conservatori in privato comprendano che il suo autore sia più un imbonitore che un visionario. Dunque, qual è la prossima grande idea?
Entra in scena il populismo libertario. In questo caso l’idea è che ci sia un gruppo di componenti la classe lavoratrice, elettori bianchi delusi, che hanno mancato di presentarsi l’anno passato ma possono ancora essere mobilitati per un adeguato programma economico conservatore – e che questa rimotivazione possa rimettere in sesto le fortune elettorali del Partito Repubblicano.
Capirete facilmente perché molti a destra trovino questa idea accattivante. Essa indica che i repubblicani possono riconquistare la loro gloria di un tempo senza cambiare granché – non c’è bisogno di raggiungere gli elettori non-bianchi, non c’è bisogno di riconsiderare l’ideologia economica. Potreste pensare che questo sia troppo bello per essere vero – ed avreste ragione. Il concetto di populismo libertario è illusorio da almeno due punti di vista.
In primo luogo, l’idea che una mobilitazione degli elettori bianchi sia tutto quello che serve si basa sugli argomenti del politologo Sean Trende, secondo il quale l’anno passato Mitt Romney non ce la fece in gran parte a causa di “elettori bianchi scomparsi” – milioni di “ridimensionati bianchi del Nord rurale” che non si presentarono alle elezioni. Rapidamente, i conservatori che si sono opposti ad ogni importante spostamento nella posizione del Partito Repubblicano – in particolare gli oppositori alla riforma della immigrazione – hanno colto al volo l’analisi del Signor Trende, come testimonianza che non c’è bisogno di alcun fondamentale cambiamento, solo di una migliore comunicazione.
Ma seri analisti politici come Alan Abramowitz e Ruy Teixeira sono ora intervenuti ed hanno concluso che il racconto degli elettori bianchi dispersi è un mito. E’ vero, la partecipazione tra gli elettori bianchi è stata più bassa nel 2012 che nel 2008; nello stesso modo in cui è accaduto per la partecipazione degli elettori non-bianchi. Fondamentalmente l’analisi di Trende si immagina un mondo nel quale la partecipazione dei bianchi rimbalzi ai livelli del 2008, ma ciò non accada per i non-bianchi, ed è difficile capire perché questo dovrebbe aver senso.
Si supponga, tuttavia, di prescindere da questa demistificazione e di dare per buono che i Repubblicani potrebbero far meglio se ispirassero maggiore entusiasmo tra i “ridimensionati” bianchi. Cosa può offrire il partito per ispirare tale entusiasmo?
Ebbene, per quello che ognuno può constatare, a questo punto il populismo libertario – come illustrato, ad esempio, dai pronunciamenti del Senatore Rand Paul – consiste nel sostenere le medesime vecchie politiche, insistendo sul fatto che siano ottime per la classe lavoratrice. In effetti, non è così. Ma, in ogni caso, è difficile immaginare che proclamare, una volta ancora, le virtù della moneta forte e delle aliquote fiscali marginali più basse cambi la testa di qualcuno.
Inoltre, se guardate a quello che effettivamente sostiene il Partito Repubblicano odierno, esso è chiaramente ostile agli interessi di quei bianchi ridimensionati che il Partito può supporre di riconquistare. Oggi non sono sul tavolo né una aliquota fiscale unica né il gold standard; ma tagli ai sussidi di disoccupazione, agli aiuti alimentari ed a Medicaid (nella misura in cui c’era un qualche sostanza nel piano di Ryan, essa aveva a che fare con tagli selvaggi negli aiuti ai poveri). E se molti americani non-bianchi dipendono da questi programmi della rete della sicurezza sociale, lo stesso vale per molti bianchi non benestanti – esattamente gli elettori che si suppone che il populismo libertario raggiunga.
In particolare, più del 60 per cento di coloro che beneficiano della assicurazione di disoccupazione sono bianchi. Leggermente meno della metà dei beneficiari delle tessere alimentari sono bianchi, ma negli Stati swing [1] la proporzione è molto più alta. Per esempio, in Ohio il 65 per cento delle famiglie che ricevono aiuti alimentari sono bianche. Al livello nazionale, il 42 pe cento degli assistiti di Medicaid sono bianchi non-ispanici, ma in Ohio il numero è il 61 per cento.
Dunque, quando i Repubblicani progettano bruschi tagli ai sussidi di disoccupazione, bloccano l’espansione di Medicaid e cercano di provocare tagli profondi nei finanziamenti agli aiuti alimentari – tutte cose che hanno, in effetti, fatto – può darsi che essi stiano sproporzionatamente colpendo Quegli Individui [2]; ma stanno anche infliggendo un gran danno alle famiglie bianche del Nord in difficoltà, che supporrebbero di andare a mobilitare.
Il che mi riporta alla ragione per la quale il populismo libertario, come ho detto, è una cavolata. Può darsi che possiate argomentare che distruggere le reti della sicurezza sociale sia un atto libertario – forse libertà è proprio un’altra parola per dire che niente vada perduto. Ma di certo non è populista [3].
[1] Ovvero, negli Stati che negli andamenti elettorali oscillano tra maggioranze repubblicane e maggioranze democratiche. Ad esempio: Colorado, Ohio, North Carolina, Virginia, Pennsylvania, New Hampshire ed Iowa.
[2] Ovvero, nel linguaggio conservatore, gli “assistiti” neri ed ispanici.
[3] In questa frase finale si trovano due spunti interessanti e di sostanza, nel confronto tra il linguaggio politico americano ed il nostro. Intanto, come è chiaro da tutto l’articolo, “libertarian”, nel linguaggio politico americano è un termine che non allude affatto, come il nostro “libertario”, ad un antistatalismo anarchico; piuttosto ad un antistatalismo socialmente conservatore. Il principio del libertarismo è quello di fare ciò che si vuole, con l’unico limite di non limitare lo stesso diritto agli altri. Ad esempio, in Ayn Randy, scrittrice americana di origini russe considerata un’icona del pensiero “libertarian”, la libertà dell’impresa capitalistica privata è uno dei connotati più significativi del “libertarismo” (il campione del suo romanzo “Atlas Shrugged” era un imprenditore). Inoltre, il termine “populist”, rivendicato come un “valore” nelle parole finali di Krugman, non ha quei connotati negativi che ha il nostro “populista”. Populismo per gli americani è semplicemente qualcosa che è, di norma positivamente, in sintonia con i sentimenti diffusi della gente; intercettare quei sentimenti diffusi, in sé, non è una cosa spregevole.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"