July 6, 2013, 1:11 pm
Simon Wren-Lewis, for once, has a happy story to tell. He looks back at Britain’s fateful decision, ten years ago, not to join the euro, and argues that the decision was made on the basis of — gasp! — actual analysis. Gordon Brown (who deserves a much better rap than he gets) brought in real economic experts, who used a real economic framework — optimum currency area theory — and concluded that the case for euro membership was not good.
And boy, was that a good call; despite the best efforts of Osborne and Co. to mess it up, there’s no comparison between British woes and those of other European nations that had large capital inflows and housing booms. Partly this is because of the De Grauwe point, which was imperfectly grasped in 2003 — the crucial importance of having your own central bank as lender of last resort for sovereign borrowing. But it’s also largely because of a point that was perfectly well understood in 2003 and has been confirmed by experience: “internal devaluation”, reducing relative prices with a fixed exchange rate, is really hard compared with just devaluing your currency. Here are BIS estimates of the Spanish and UK real exchange rates, 1999-01 = 100:
Notice how Britain effortlessly achieved a real depreciation that, if it’s possible at all, will take years and years of mass unemployment in Spain.
Unfortunately, Wren-Lewis’s description of an actual rational decision process is all too rare — perhaps especially when it comes to the euro. Talk to euro advocates and they cannot entertain, even as a hypothetical proposition, the notion that the single currency was a bad idea; I came away from one talk with the clear message that the euro cannot fail, it can only be failed, that any problems simply show that countries and leaders lack sufficient nobility of purpose.
And despite the overwhelming evidence that the euro was an even worse idea than it appeared 10 years ago, countries — notably Poland — are still considering joining. I understand that leaving the euro is a very difficult thing to contemplate; but getting in now, when you had the great good luck to avoid this mess? Awesome.
La razionalità e l’euro
Simon Wren-Lewis, una volta tanto, ha una storia felice da raccontare. Egli ricorda la fatidica decisione dell’Inghilterra, dieci anni orsono, di non aderire all’euro, e sostiene che quella decisione fu presa, c’è da restare senza fiato, sulla base di una analisi vera e propria. Gordon Brown (che si merita un giudizio assai migliore di quello che ha ricevuto) prese con se alcuni veri esperti di economia, che utilizzavano un vero schema economico – la teoria dell’area valutaria ottimale – e concluse che l’adesione all’euro non era una buona cosa.
E, signori miei, fu proprio una buona decisione; nonostante i migliori sforzi di Osborne e compagni di complicare le cose, non c’è alcun confronto tra i guai inglesi e quelli delle altre nazioni europee che hanno avuto grandi flussi di capitali e boom immobiliari. In parte questo dipende dall’argomento di De Grauwe, che fu inteso in modo assai sommario nel 2003 – l’importanza cruciale di avere una propria banca centrale come prestatore di ultima istanza per il debito sovrano. Ma dipende anche da un aspetto che fu invece inteso perfettamente nel 2003 ed è stato confermato dall’esperienza: è davvero arduo comparare la “svalutazione interna”, che riduce i prezzi relativi con un tasso di cambio fisso, con una semplice svalutazione della propria moneta. Ecco le stime della Banca dei Regolamenti Internazionali sui tassi di cambio reali della Spagna e della Gran Bretagna, con il 1999 (o anche il 2001) pari a 100:
Si noti come l’Inghilterra abbia ottenuto senza alcuno sforzo una svalutazione reale che, semmai sarà possibile, richiederà in Spagna anni di disoccupazione di massa.
Sfortunatamente, la descrizione di Wren-Lewis di un effettivo processo decisionale razionale è, in special modo quando si viene al tema dell’euro, anche troppo rara. Si parla ai sostenitori dell’euro ed essi non possono prendere in considerazione, neppure in via di ipotesi, il concetto che la moneta unica sia stata una cattiva idea; si esce da un colloquio con il chiaro messaggio che l’euro non può non andare a buon fine, al massimo può essere messo in difficoltà, e che tutti i problemi semplicemente dimostrano che i paesi ed i dirigenti difettano di adeguata nobiltà d’animo.
E nonostante le schiaccianti testimonianze che l’euro era un’idea anche peggiore quando venne in scena dieci anni orsono, ci sono paesi – in particolare la Polonia – che ancora stanno considerando l’adesione. Capisco che lasciare l’euro sia una cosa molto difficile da prendere in considerazione; ma entrarci adesso, quando si è avuta la grande fortuna di evitare questo disastro? Terrificante.
By mm
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