July 3, 2013, 6:20 pm
Or that’s what people keep telling me. Actually, one of the odd but revealing things about modern conservatives is the way they alternate between paranoia about the vast left-wing conspiracy and insistence that people who disagree with them are part of a tiny fringe with no real following. Joe Scarborough thinks (or thought — has he updated?) that I was all alone in questioning deficit panic; the fairly large anti-me industry has been insisting for around a decade that I’ve lost all credibility except among credulous New York liberals.
So, on the general principle that if I am not for myself, who will be for me: that left-wing rag the Wall Street Journal has a new assessment, based on some supposedly objective criteria (but not including Twitter followers) of the most influential business thinkers. They see a big change since the last time they did this, five years ago. Back then, business strategy gurus — authors of books on reengineering the search for excellence in the total quality six-sigma chaos, and all that — dominated the list. This time, the top thinkers are:
1.Paul Krugman
2. Joseph Stiglitz
3. Bill Gates
4. Michael Porter
5. Thomas Friedman
6. Eric Schmidt
7. Richard Branson
8. Malcolm Gladwell
9. Robert Reich
10. Jack Welch
11. Muhammad Yunus
12. Niall Ferguson
13. Michael Dell
14. Howard Gardner
15. Jimmy Wales
Let me say, the fact that Joe Stiglitz is up there makes me more optimistic about the world; as I’ve written in the past, he’s an insanely great economist, in ways that you really can’t comprehend unless you do economic modeling, but until now I would never have envisioned him having the kind of reach he now does.
Something else, which the WSJ doesn’t emphasize, is that the list isn’t just heavy on economists; it’s heavy on liberal economists. I don’t think that’s an accident, and I don’t think it’s purely political. The fact is that in an era of markets gone massively bad, conservative economists don’t have much to offer except excuses.
Obviously it’s not completely one-sided; going down the list a bit further I see proof that PT Barnum was right. But still, iinteresting.
Nessuno ascolta quello che dico
O è quello che continuano a raccontarmi. In effetti, una delle cose strane ma rivelatrici dei conservatori moderni è il modo in cui alternano la paranoia sulla vasta cospirazione delle sinistre e la convinzione che quelli che non sono d’accordo con loro facciano parte di una piccola frangia senza alcun seguito. Joe Scarborough pensa (o pensava – c’è stata una correzione?) che io fossi completamente isolato nell’avanzare dubbi sul panico dei deficit; il discretamente ampio apparato allestito contro di me ha insistito per circa un decennio che avevo perso tutta la mia credibilità, ad eccezione dei creduloni liberals di New York.
Dunque (sulla base del principio generale che se non mi aiuto per conto mio, chi lo farà mai …), quel fogliaccio di sinistra del Wall Street Journal esce con una nuova valutazione, basata su qualche presunto criterio oggettivo (che non include i seguaci di Twitter) sui pensatori economici più influenti. Essi vedono una gran cambiamento, a partire dall’ultima volta che hanno steso questo elenco, cinque anni orsono. A quei tempi, i guru delle strategie di impresa – gli autori di libri sulla riprogettazione della ricerca dell’eccellenza nel caos totale della “qualità sei sigma” [1], e tutte le cose del genere – dominavano la lista. Questa volta i principali pensatori sono:
1.Paul Krugman
2. Joseph Stiglitz
3. Bill Gates
4. Michael Porter
5. Thomas Friedman
6. Eric Schmidt
7. Richard Branson
8. Malcolm Gladwell
9. Robert Reich
10. Jack Welch
11. Muhammad Yunus
12. Niall Ferguson
13. Michael Dell
14. Howard Gardner
15. Jimmy Wales
Fatemi dire che il fatto che Joe Stiglitz sia lassù in alto mi rende più ottimista sul mondo; come ho scritto in passato, egli è un formidabile grande economista, in modi che effettivamente non si comprendono se non si opera con i modelli economici, ma sinora non avrei mai immaginato che avesse il genere di influenza che oggi mostra.
Un’altra cosa che il Wall Street Journal non sottolinea è che la lista non è solo densa di economisti, ma di economisti liberal. Non penso che sia un caso, né che dipenda solo dalla politica. Il fatto è che in un epoca nella quale i mercati vanno male in modo così generalizzato, gli economisti conservatori non hanno molto da offrire a parte le scuse.
Ovviamente il risultato non ha una sola faccia: andando un po’ più in basso nella lista vedo la prova che P.T. Barnum aveva ragione [2]. Ma resta interessante.
[1] La denominazione Sei Sigma (dal termine statistico di origine anglosassone Six Sigma) indica un programma di gestione della qualità basato sul controllo dello scarto quadratico medio (indicato con la lettera greca Sigma) che ha lo scopo di portare la qualità di un prodotto o di un servizio ad un determinato livello, particolarmente favorevole per il consumatore. Introdotto per la prima volta dalla Motorola nella seconda metà degli anni ’80 da Bob Galvin e Bill Smith, si diffuse ad altre importanti compagnie, come General Electric, Toyota, Honeywell e Microsoft. (Wikipedia)
[2] Il riferimento è a Phineas Taylor Barnum (Bethel, 5 luglio 1810 – Bridgeport, 7 aprile 1891) che un imprenditore e circense statunitense. La sua carriera fu costellata da polemiche e processi, che suscitarono ancora più interesse intorno ai suoi spettacoli, che raggiunsero l’apice quando Barnum denunciò se stesso come mistificatore.
By mm
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