Blog di Krugman

Non esiste il “vero” tasso disoccupazione (14 luglio 2013)

 

July 14, 2013, 1:41 pm

There Is No “True” Unemployment Rate

In my last post I compared food stamp use with U6, a broad definition of unemployment — and I saw some commenters claiming that U6 is the “true” unemployment rate, even that I was for the first time admitting this fact.

Um, no. There is no “true” unemployment rate, just various indicators of the state of the labor market. Fortunately, these indicators pretty much move in tandem, so we’re not usually confused about whether the market is getting better or worse. But they do measure somewhat different things, and which one you want to look at depends on what questions you’re asking.

After all, what do we mean when we say someone is unemployed? We don’t just mean “not working”, because that applies to retirees, the disabled, playboys on yachts, etc.. We mean someone who wants to work but can’t find that work — a useful notion. But there’s some unavoidable fuzziness about both what it means to want to work and what it means to be unable to find work.

Suppose that I were to retire from the econ biz and take up origami, or something — but could still be tempted to come out and give lectures if offered million-dollar fees. Do I want to work or not? As a practical matter, no, since I don’t get offers in that range. But you could imagine a situation where the numbers were closer, and the question of whether I really want work is genuinely ambiguous.

What about being able to find work? Suppose you have an expensively acquired degree, and the only jobs out there are part-time gigs at minimum wage. You might not take those jobs; in that case, is it really true that you can’t find work? Alternatively, you might indeed take such a job; is it really right in that case to say that you did find work?

None of this is a counsel of despair; it just says that we have to develop practical measures that give us a good read on what is happening, even if they don’t correspond to the Platonic ideal of unemployment.

The usual measure, U3, measures your desire to work by asking whether you have been actively searching in the recent past; it measures your ability to find work by your taking a job, any job. Obviously this can deviate from the Platonic ideal in both directions: there could be people who could find work if they were willing to take the jobs on offer, and there could be people who want to work but aren’t actively searching because they know that at the moment there’s no point — or who are working, but only part-time because that’s all they can find.

U6 casts a wider net; it includes people who are working part-time but say they want full-time work, it includes people who aren’t actively searching but either were working recently or say that they aren’t looking for lack of opportunities. Again, this could clearly deviate from the Platonic ideal, but it’s a reasonable stab at the problem.

In practice, as I’ve suggested, these measures tell pretty much the same story about the ups and downs of the labor market:

z 99

 

 

 

 

 

 

 

 

 

So it’s not a big issue. However, when you’re looking at food stamps, you want a sense of how many Americans are in economic distress — and a broad measure like U6 comes closer to doing that than the narrow measure usually cited.

That’s all there is to it. No deep issues, just practical choices in a world where measurement is never perfect.

 

Non esiste il “vero” tasso disoccupazione

 

Nel mio ultimo post ho messo a confronto l’utilizzo dei buoni alimentari con lo U6, una ampia definizione di disoccupazione – ed ho visto alcuni commentatori sostenere che l’U6 sarebbe il vero tasso di disoccupazione, persino che era la prima volta che io riconoscevo questo fatto.

No, non credo. Non c’è un “vero” tasso di disoccupazione, solo vari indicatori delle condizioni del mercato del lavoro. Fortunatamente, questi indicatori il più delle volte si muovono in coppia, cosicché non ci confondiamo sul fatto che il mercato del lavoro stia andando meglio o peggio. Ma essi misurano per davvero in qualche modo cose diverse,  e quello che si vuole vedere dipende dalle domande che si stanno ponendo.

Dopotutto, cosa significa quando diciamo che qualcuno è disoccupato? Non intendiamo che “non sta lavorando”, perché quello varrebbe per i pensionati, i disabili, i playboy sugli yachts, etc. Intendiamo qualcuno che vuole lavorare ma non trova lavoro – un concetto utile. Ma c’è una inevitabile vaghezza a proposito di quello che significa sia voler lavorare che essere incapaci di trovare lavoro.

Supponiamo che mi stia per ritirare dalla attività economica e mi occupi di origami, o qualcosa del genere – ma potrei ancora essere tentato di venir fuori e fare conferenze se mi offrissero parcella da un milione di dollari. Sono uno che vuole lavorare o no? In senso pratico no, dato che non ho offerte di quelle dimensioni. Ma si potrebbe immaginare una situazione nella quale i numeri fossero più vicini, e la domanda relativa alla mia volontà di lavorare diventerebbe genuinamente ambigua.

Cosa dire a proposito della capacità di trovare lavoro? Supponiamo di possedere una laurea costosamente ottenuta, e che i posti di lavoro in giro siano lavoretti a part-time con salari minimi. Potreste non accettare quei posti di lavoro: in quel caso, sarebbe effettivamente vero che non potete trovare lavoro? In alternativa, potreste accettare lavori del genere; sarebbe davvero giusto in quel caso dire che avete trovato lavoro?

Queste non sono in nessun caso ragioni per disperarsi: ci dicono soltanto che dobbiamo sviluppare misure pratiche che ci diano una buona lettura di quanto sta succedendo, anche se non corrispondono all’idea platonica di disoccupazione.

La misura consueta, U3, misura il vostro desiderio di lavorare chiedendovi se avete attivamente cercato lavoro nel recente passato; essa misura la vostra capacità di trovare lavoro accettando un posto, qualsiasi posto. Ovviamente, essa può deviare dall’idea platonica in entrambe le direzioni: ci potrebbero essere persone che potrebbero trovare lavoro se avessero voglia di accettare i posti in offerta, e ci potrebbero essere persone che vogliono lavorare ma non stanno attivamente cercando perché sanno che al momento non avrebbe senso – oppure ci sono persone che stanno lavorando, ma solo a part-time perché è quanto possono trovare.

La misurazione U6 getta una rete più ampia: essa comprende persone che stanno lavorando a part-time ma dicono di voler lavorare a tempo pieno, comprende persone che non stanno cercando attivamente ma o stavano lavorando di recente o dicono che non stanno cercando per mancanza di opportunità. Potrebbe essere anche questa una deviazione dall’idea platonica, ma è un ragionevole tentativo di rispondere al problema.

In pratica, come avevo suggerito, queste misure ci raccontano sostanzialmente la stessa storia sugli alti ed i bassi del mercato del lavoro:

z 99

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dunque, non è una grande questione. Tuttavia, quando si guarda ai buoni alimentari, si vuole avere la percezione di quanti americani siano in difficoltà economiche – ed una misura generale come la U6 è più vicina a fornirla che non le misurazioni  più ristrette normalmente citate.

Questo è tutto a proposito di questa questione. Non ci sono tematiche profonde, solo scelte pratiche in un mondo nel quale le misure non sono mai perfette.

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"