Blog di Krugman

Orwell, la Cina e il sottoscritto (20 luglio 2013)

 

 

July 20, 2013, 12:47 pm

Orwell, China, and Me

I saw that some commenters were puzzled by my throwaway reference, in the context of the Chinese Ponzi wall-hitting bicycle, to the fascist octopus singing its swan song. But that came, of course, from George Orwell’s Politics and the English Language, which anyone who cares at all about either politics or writing should know by heart.

And it occurs to me that the essay is also relevant to a complaint I’ve been getting from a few people, to the effect that I’m being too snide about the Chinese regime. Now first of all, I’m snide about lots of governments, very much including my own — and with reason; nobody has the right to be exempt from deserved ridicule.

But also, folks, while the current leaders of China may not be bad men — I really have no idea — the fact remains that we’re talking about a dictatorship, and one that by all accounts enables epic corruption too. You may say that yes, but look at the economic achievements; but Orwell got there first:

Consider for instance some comfortable English professor defending Russian totalitarianism. He cannot say outright, “I believe in killing off your opponents when you can get good results by doing so.” Probably, therefore, he will say something like this:

“While freely conceding that the Soviet regime exhibits certain features which the humanitarian may be inclined to deplore, we must, I think, agree that a certain curtailment of the right to political opposition is an unavoidable concomitant of transitional periods, and that the rigors which the Russian people have been called upon to undergo have been amply justified in the sphere of concrete achievement.”

Happily, the current Chinese government isn’t that bad; but “not as bad as Stalin” is not, exactly, an inspiring slogan.

 

Orwell, la Cina e il sottoscritto

 

Ho visto che alcuni commentatori sono rimasti perplessi a fronte del mio riferimento buttato un po’  là alla piovra fascista che intona il suo canto del cigno, nel contesto della bicicletta cinese alla Ponzi che va a toccare il fondo. Ma esso deriva, come è evidente, da “La politica e la lingua inglese” di George Orwell, che tutti coloro che si occupano sia di politica che di scrittura dovrebbero conoscere a memoria.

E mi viene in mente che il saggio è anche rilevante per una rimostranza che sto ricevendo da poche persone, riguardo al fatto che sarei troppo beffardo a proposito del regime cinese. Ora anzitutto, io sono beffardo con una quantità di Governi, compreso a pieno titolo anche il mio – e con ragione; nessuno ha il diritto di essere esentato da una meritata derisione.

Ma se anche, cari miei, gli attuali leaders della Cina non fossero persone cattive – davvero io non ne ho idea – resta il fatto che stiamo parlando di una dittatura, a detta di tutti anche capace di una corruzione epica. Potete dire che va bene, ma si guardino i risultati economici; ma si passi prima da Orwell:

“Si consideri ad esempio qualche rassicurante professore di Inglese che difende il totalitarismo russo. Egli non può dire fuori dai denti: ‘Credo nella giustezza di ammazzare  i vostri oppositori se, così facendo, potete ottenere buoni risultati’. Probabilmente, di conseguenza, dirà qualcosa di questo genere:

‘Mentre si può apertamente ammettere che il regime sovietico mostri alcune peculiarità che un individuo umanitario può essere incline a deplorare, noi dobbiamo,  io penso, riconoscere che una certa decurtazione della opposizione politica della destra sia inevitabilmente connaturata ai periodi di transizione, e che i rigori ai quali gli individui in Russia sono stati  invitati a sottoporsi sono ampiamente giustificati nell’ambito delle concrete conquiste’ ”.

Ci si può rallegrare che l’attuale Governo cinese non sia così cattivo; ma “non così cattivi come Stalin” non è esattamente uno slogan confortante.

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