Blog di Krugman

Un racconto di due città del ‘comprensorio della ruggine’ (21 luglio 2013)

 

 

July 21, 2013, 12:23 pm

A Tale of Two Rust-Belt Cities

Here’s a question: is the crisis in Detroit simply a function of the industrial decline of the U.S. heartland, or is it about internal developments within the metro area that have produced a uniquely bad outcome? I think a useful comparison can be made with Pittsburgh, another city that once had an iconic monoculture economy — based on steel, not autos — that also took a terrible hit, but seems to be in a much better position now.

This divergence is fairly recent, at least at the aggregate metro level. The 80s were terrible for both cities; we have comparable employment data (again, this is for the metropolitan areas, not the city proper) since 1990:

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As late as 2005 or 2006 — that is, until the eve of the Great Recession — you could argue that there wasn’t a whole lot of difference in aggregate performance between greater Pittsburgh and greater Detroit. Obviously, however, Detroit’s central city has collapsed while Pittsburgh has had at least something of a revival. The difference is really clear in the Brookings job sprawl data (pdf), where less than a quarter of Detroit jobs are within 10 miles of the traditional central business district, versus more than half in Pittsburgh.

At this point, as the chart above makes clear, Pittsburgh is showing a lot of resilience; it seems to have managed to diversify its economy, and in fact is more than matching national employment performance. Detroit, despite the auto rescue, isn’t — and, of course, its center did not hold.

It’s hard to avoid the sense that greater Pittsburgh, by taking better care of its core, also improved its ability to adapt to changing circumstances. In that sense, Detroit’s disaster isn’t just about industrial decline; it’s about urban decline, which isn’t the same thing. If you like, sprawl killed Detroit, by depriving it of the kind of environment that could incubate new sources of prosperity.

 

Un racconto di due città del ‘comprensorio della ruggine’ [1]

 

Ecco qua una domanda: la crisi di Detroit è semplicemente un aspetto del declino industriale del cuore degli Stati Uniti, oppure ha a che fare con gli sviluppi interni dell’area metropolitana che hanno sortito un esito straordinariamente negativo? Penso che un confronto utile possa essere fatto con Pittsburgh, un’altra città che un tempo aveva una economia monoculturale per antonomasia – basata sull’acciaio, non sulle auto – che anch’essa ha preso un colpo terribile, ma oggi pare in una situazione assai migliore.

Questa divergenza è abbastanza recente, almeno al livello aggregato metropolitano. Gli anni ’80 furono terribili per entrambe le città; noi abbiamo dati confrontabili sull’occupazione a partire dagli anni ’90 (ancora, questo vale per le aree metropolitane, non per le città in senso stretto):

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Ancora nel 2005 o 2006 – ovvero, sino all’epoca della Grande Recessione – si poteva sostenere che non vi fosse quella grande differenza negli andamenti aggregati tra l’area metropolitana di Pittsburgh e quella di  Detroit. Chiaramente, tuttavia, la città centrale di Detroit ha subito un collasso mentre Pittsburgh ha avuto almeno un inizio di rinascita. La differenza è veramente chiara nelle statistiche sulla diffusione dei posti di lavoro di Brookings [2] (disponibili in pdf), nelle quali meno di un quarto dei posti di lavoro di Detroit sono entro le dieci miglia dal tradizionale distretto economico centrale, contro più della metà in Pittsburgh.

A questo punto, come il diagramma sopra chiarisce, Pittsburgh sta mostrando molta più flessibilità; essa sembra essere riuscita a diversificare la sua economia, e di fatto sta più che eguagliando l’andamento nazionale dell’occupazione. Detroit, nonostante il salvataggio dell’auto, non è in quella situazione – e, naturalmente, il suo centro non ha tenuto.

E’ difficile evitare la sensazione che l’area metropolitana di Pittsburgh, prendendo miglior cura del suo centro, abbia anche migliorato la sua capacità di adattarsi alle mutevoli circostanze.  In quel senso il disastro di Detroit non riguarda solo il declino industriale; riguarda il declino urbano, che non è la stessa cosa. Se preferite, l’estensione ha ammazzato Detroit, privandola di quel genere di ambiente che potrebbe funzionare da incubatore di nuove fonti di prosperità


[1] Il “Rust-belt” è un termine che ha avuto molta notorietà negli Stati Uniti a partire dagli anni ’80; descrive in modo informale una enorme regione industriale (o post-industriale, come suggerisce il termine “ruggine”) che sta a cavallo tra gli Stati del NordEst e gli Stati centrali della parte settentrionale dell’East). Il termine venne inizialmente coniato da Stefen Gallucci, un industriale di Rochester (new York). Praticamente la “rust-belt” comincia da alcune traverse della città di New York e finisce nella parte settentrionale dell’Illinois ed in quella orientale del Wisconsin, passando attraverso la Pennsylvania, il West Virginia, l’Ohio, l’Indiana, e includendo un’area del Michigan.

 

[2] E’ in Istituto di ricerche sociali.

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