Blog di Krugman

C’è in questo qualcosa che ha a che fare con l’analisi economica? (4 agosto 2013)

 

 

August 4, 2013, 11:52 am

Is There Any Point To Economic Analysis?

A few further thoughts inspired by the sad revelation that Beltway conventional wisdom has settled on the proposition that high unemployment is structural, not cyclical, even though there is now a bipartisan consensus among economists that the opposite is true.

First, about the meaning of terms: When economists talk about rising “structural” unemployment, what they actually mean is something quite specific — it’s not vague hand-waving, it’s the assertion that the “full-employment” rate of unemployment, the level of unemployment at which prices and wages start to rise and you risk a wage-price spiral, has increased. When that happens, you can’t solve the unemployment problem just by getting someone to spend more and thereby increasing demand; when it hasn’t happened, you can.

 

What about all the other things we talk about, like the variation of unemployment across regions or occupations or skills? Well, since the usual story about rising structural unemployment involves some kind of “mismatch” between workers and jobs, you’d expect the “signature” of this mismatch to be the emergence of shortages of workers somewhere or of some kind; so the fact that you don’t see this militates against structural stories. But the ultimate question is always, how low can we push unemployment before inflation becomes a problem — and there is essentially no evidence that this number has gone up since 2007, let alone that it is somewhere near the current unemployment level.

And as I said, there is now a much stronger consensus that unemployment is cyclical, not structural, than there was a couple of years ago. I mentioned Eddie Lazear’s paper at Jackson Hole; there was also Naryana Kocherlakota’s change of heart (for which he deserves major props — the number of economic analysts willing to change their views in the face of evidence is much too small).

So what we have here is an economic discussion working the way things are supposed to work — slower than I’d like, but still,in the end we did have the professionals concluding that one popular story about the nature of our troubles was wrong.

And the pundit class, it seems, paid no attention. Talking about “structural” sounds serious, or maybe Serious, so that’s what they say, even though the evidence is all the other way. And it’s not even “views differ on the shape of the planet” territory: PBS viewers weren’t even given a hint that the professional consensus exists. It’s as if you had a program on climate and only climate-change deniers were represented.

And maybe we should put this in the context of another debate, the big one over austerity. Here too there has been a rather decisive turn in professional opinion; there are a lot of dead-enders even within the economics profession, but the fact remains that both pillars of the pro-austerity position — claims of expansionary austerity, and claims that terrible things happen when debt crosses some rather low threshold — have collapsed, spectacularly. Yet policy hasn’t changed at all; at best there have been tiny adjustments at the margin in Europe, and in the US we’re still slashing spending in the face of a weak economy.

It’s pretty depressing for those who would like to believe that analysis and evidence matter. The recent evolution of both policy and conventional wisdom on macroeconomics seems to suggest otherwise.

 

C’è in questo qualcosa che ha a che fare con l’analisi economica?

 

Alcuni ulteriori pensieri ispirati dalla triste rivelazione che la saggezza convenzionale nella Capitale ha fatto proprio il concetto secondo il quale l’elevata disoccupazione è strutturale, non ciclica, anche se oggi c’è un consenso bipartizan tra gli economisti secondo il quale la verità è all’opposto.

Il primo, a proposito del significato delle parole: quando gli economisti parlano di crescente disoccupazione “strutturale”, quello che in effetti intendono è qualcosa di piuttosto specifico – non si tratta di un vago termine generico, si tratta del concetto secondo il quale il tasso di disoccupazione di “piena occupazione”, ovvero il livello di disoccupazione al quale i prezzi ed i salari cominciano a crescere e dunque si rischia una spirale prezzi-salari, è aumentato. Quando accade ciò, non si può risolvere il problema della disoccupazione  solo facendo in modo che qualcuno spenda di più e di conseguenza cresca la domanda; quando invece non accade, si può.

Che dire allora di tutte le altre cose di cui parliamo, come la variazione della disoccupazione tra le varie regioni o le varie tipologie di impiego o le competenze? Ebbene, dal momento che il racconto normale sulla crescente disoccupazione strutturale riguarda una qualche forma di “disaccoppiamento” tra lavoratori e posti di lavoro, vi dovreste aspettare che il “segno” di questa divergenza sia l’emergere, da qualche parte e in qualche modo, di una insufficienza di lavoratori; dunque, il fatto che non vediate niente del genere depone contro i racconti strutturali. Ma l’ultima domanda è sempre: quanto possiamo spingere in basso la disoccupazione prima che l’inflazione diventi un problema – e in sostanza non c’è alcuna prova che questo dato sia salito dal 2007, a parte il fatto che esso in qualche modo sia prossimo al livello di disoccupazione attuale.

E, come ho detto, c’è oggi un consenso molto maggiore sul fatto che la disoccupazione sia ciclica e non strutturale di quanto non ci fosse un paio di anni fa. Ho ricordato lo studio presentato da Eddie Lazar a Jackson Hole  [1]; ci fu anche il mutamento di atteggiamento da parte di Naryana Kocherlakota (per il quale egli merita molta stima – il numero di analisti economici disponibile a modificare i propri punti di vista a fronte dei fatti è davvero modesto).

Ecco che abbiamo in questo caso un dibattito economico che va nel senso in cui le cose dovrebbero andare – più lentamente di quanto mi piacerebbe, eppure abbiamo avuto i professionisti che, in fin dei conti, hanno concluso che quel racconto popolare sulla natura dei nostri guai era sbagliato.

E la categoria dei commentatori, a quanto pare, non ci ha prestato attenzione. Parlare di cause “strutturali” sembra serio, o magari Serio [2], cosicché è quanto affermano, anche se i fatti vanno per un’altra strada. E non si tratta neppure di “punti di vista differenti sulla forma del pianeta” [3]; i telespettatori della Pubblic Broadcasting Service non hanno avuto il minimo accenno alla esistenza di una consenso tra gli economisti. Come se aveste una trasmissione sui cambiamenti climatici e fossero rappresentati solo i ‘negazionisti’ del cambiamento climatico.

E forse dovremmo collocare tutto questo nel contesto di un altro dibattito, quello più grande sull’austerità. Anche qua c’è stato un cambiamento abbastanza decisivo nelle opinioni professionali; ci sono una quantità di individui che procedono a senso unico anche nella disciplina dell’economia, ma resta il fatto che entrambi i pilastri delle posizioni a favore dell’austerità – le pretese sulla austerità espansiva, e quelle secondo le quali accadono cose terribili quando il debito supera una certa soglia piuttosto bassa – sono crollati in modo spettacolare. Tuttavia la politica non è affatto cambiata; nel migliore dei casi abbiamo avuto minime correzioni al margine in Europa, e negli Stati Uniti stiamo ancora abbattendo la spesa pubblica a fronte di una economia debole.

E’ abbastanza deprimente per coloro i quali vorrebbero credere che l’analisi ed i fatti contano. La recente evoluzione sia della politica che del senso comune in materia economica sembra indicare altrimenti.


[1] Jackson Hole è la località nella quale si tengono normalmente dei simposi economici organizzati dalla Federal Reserve, e probabilmente quello studio è stato presentato in una di quelle occasioni. Nell’ultimo di tali incontri venne anche presentato uno studio del neokeynesiano Woodford sulla possibile efficacia della politica monetaria in situazioni di depressione, del quale Krugman si occupò in un post.

[2] Le Persone Serie, come ormai si sarà notato, sono Serie con la maiuscola …

[3] Si tratta di una vecchia battuta di Krugman, che risale alle sue polemiche contro la stampa ‘centrista’ ai tempi di George W. Bush. Ebbe allora a scrivere che se un giorno il Presidente se ne fosse uscito con l’affermazione secondo la quale la Terra era piatta, i giornali centristi avrebbero titolato “Punti di vista diversi sulla forma del Pianeta”!

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"