Blog di Krugman

Cosa ha ammazzato la teoria? (per esperti) (5 agosto 2013)

 

August 5, 2013, 8:57 pm

What Killed Theory? (Wonkish)

Noah Smith has an interesting note on the “death of theory” in economics. Obviously that’s an exaggeration, but there has been a measurable decline in the number of papers that offer theoretical innovations as opposed to empirical analysis, and also a harder to measure but unmistakable shift in the profession’s value structure, with empiricists reaping greater rewards and theorists valued less.

What’s it about? Smith lays credit or blame at the feet of Daniel Kahneman, who produced clear evidence that people don’t behave the way maximizing models say they should. It’s a nice story, but I don’t think Kahneman shook things up all that much; anyone sensible had long known that the axioms of rational choice didn’t hold in the real world, and those who didn’t care weren’t going to be persuaded by one man’s work.

So what did cause the change? Hey, I don’t have a theory! Well, not at this point anyway. What I can do is describe how I perceived the change as it was happening in two fields I follow closely: trade and business cycle macro. The funny thing is that the story in those two fields seemed, at least at the time, to be quite different.

In trade, we had an explosion of theory in the 1980s — an explosion set off by new models of industrial organization, especially but not only Dixit-Stiglitz, that made it possible to talk coherently about increasing returns and imperfect competition. This was hugely liberating; the New Trade Theory suddenly made sense of observations about the world, like trade between similar countries, that had been terra incognita before. It was a great time to be in the field.

So what happened? After a while, the new approaches came to seem too liberating; by the early 90s the joke was that a smart graduate student could devise a model to justify any policy. And while some important new theoretical work continued to be done, for example the Melitz work on heterogeneous firms or the Eaton-Kortum work on bilateral trade flows, I think you have to say that the field got tired of clever theorizing and wanted data instead. (Both of the bodies of work I just mentioned were in fact inspired by the desire to make sense of the incoming data).

In business cycle macro, the story was on the surface very different: what happened there was that theorists were able to prove some strong results — notably, that anticipated monetary policy should have no real effects — that were manifestly untrue. And while New Keynesian theory tried to patch this up with some ad hoc assumptions about price setting, etc., the sad truth about macro is that, as tools of practical analysis, the models in 1978-vintage undergraduate textbooks seem to work as well as — or, in general, better than — all the theory the field has turned out since then. Not totally true, of course; some useful theory has been turned out by the likes of Mike Woodford, or (on the international side) Ken Rogoff and Maury Obstfeld. But still, theory arguably failed.

So in my experience, anyway, theory lost its luster in trade because it could prove anything; it lost its luster in macro because it proved things that weren’t so.

There may be an overarching story here, but we need more data before we can start telling it.

 

Cosa ha ammazzato la teoria? (per esperti)

 

Noah Smith scrive una nota interessante sulla “morte della teoria” nell’economia. Ovviamente è una esagerazione, ma c’è stato un tangibile declino nel numero di studi che offrono innovazioni teoretiche piuttosto che analisi empiriche, ed anche un più difficile da misurare ma indiscutibile spostamento nella struttura della valutazione della disciplina, con gli empiristi che mietono i più grandi riconoscimenti e i teorici che sono meno apprezzati.

Da cosa dipende? Smith scarica credito o colpe ai piedi di Daniel Kahneman, che ha prodotto chiare testimonianze del fatto che le persone non si comportano come i modelli dicono che dovrebbero. E’ una racconto simpatico, ma io non credo che Kahneman smuova le cose di molto; ogni persona ragionevole da tanto tempo sa che gli assiomi delle scelte razionali non tengono nel mondo reale, e coloro che non se ne volevano curare non erano destinati ad essere convinti dal lavoro di una persona singola.

Dunque, cosa ha provocato il cambiamento? Calma, non ho una spiegazione logica! Almeno non in questo momento. Quello che posso fare è descrivere come ho percepito il cambiamento nel mentre ha avuto luogo in due campi che tradizionalmente seguo: il commercio e la teoria macro del ciclo economico. La cosa curiosa è che la storia di quei due settori è apparsa, almeno a quel tempo, piuttosto diversa.

Nel commercio abbiamo avuto una esplosione di teoria negli anni ’80 – una esplosione provocata dai nuovi modelli della organizzazione industriale, specialmente ma non soltanto quello di Dixit-Stiglitz, che rese possibile parlare coerentemente dei rendimenti crescenti e della competizione imperfetta. Questo fu ampiamente liberatorio: la Nuova Teoria del Commercio diede all’improvviso significato a quello che si osservava nella realtà, come il commercio tra paesi simili, che in precedenza era stato un terreno sconosciuto. Fu una grande epoca per chi si trovò ad operare in quel settore.

Cosa accadde, dunque? Dopo un certo periodo, i nuovi approcci cominciarono ad apparire troppo liberatori; con gli anni ’90 la battuta divenne quella per la quale ogni dottorando poteva ideare un modello per giustificare qualsiasi politica. E mentre continuarono ad essere realizzati lavori importanti, per esempio quello di Melitz sulle imprese eterogenee o quello di Eaton-Kortum sui flussi commerciali bilaterali, penso che si possa concludere che il settore si stancò di teorizzazioni intelligenti e volle piuttosto dati statistici (entrambi i nuclei dei lavori che ho appena ricordato furono di fatto ispirati dal desiderio di dare significato ai dati in arrivo).

Nella teoria macro del ciclo economico, la storia in apparenza fu molto diversa: quello che accadde in quel caso fu che i teorici furono capaci di fornire prove per alcuni importanti risultati – in particolare, che la politica monetaria attesa non dovrebbe avere alcun effetto reale – che erano manifestamente non veri. E mentre la teoria Neo Keynesiana cercò di rimediare a questo con qualche assunto ad hoc sulla definizione dei prezzi etc., la triste verità sulla macro è che, come strumenti di analisi pratica, i modelli sui libri di testo per studenti universitari nell’annata del 1978 sembrano funzionare altrettanto bene –  o, in generale, meglio – di tutte le teorie che la disciplina mise in circolazione da quel momento. Naturalmente, questo non è vero in assoluto; qualche teoria utile è stata prodotta da individui come Mike Woodford, o (per l’aspetto internazionale) come Ken Rogoff e Maury Obstfeld. Ma anche qua, teorie che a quanto sembra non sono decollate.

Dunque, in ogni caso, nella mia esperienza la teoria ha perso il suo lustro nel commercio perché poteva provare di tutto; ha perso il suo lustro nella macro perché dimostrava cose che non erano tali.

Può darsi che in questa storia ci sia qualcosa che tiene tutto assieme, ma abbiamo bisogno di maggiori dati prima di cominciare a parlarne.

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