Rajan (8 agosto) se la prende con lo stile paranoide di Krugman, ovvero quello stile derivante da “un disturbo della personalità di chi, diffidente e sospettoso, interpreta gli altri in modo eternamente malevolo”. Vagheggia poi di un dibattito accademico che sarebbe superiore al ‘dibattito pubblico’; il secondo, avendo bisogno di ‘seguaci’ da appassionare, sarebbe intrinsecamente più povero. Dunque: troppa polemica.
Un esempio preso a caso: nel disastro greco il FMI ha riconosciuto che le decisioni della troika erano viziate da due errori di fondo: non si era considerato che “la Grecia semplicemente non poteva ripagare interamente il suo debito”, e si era “grandemente sottostimato il danno economico che l’austerità avrebbe provocato” (dal blog di Krugman, 5 giugno 2013). Sembrerebbe materia per accademici; stimare bene o male l’effetto ‘moltiplicatore’ di quelle politiche dovrebbe essere pane quotidiano per gli economisti. Alcuni economisti in effetti l’hanno considerata assai importante (Simon Wren-Lewis, 13 giugno 2013). Ma i teorici della ‘austerità espansiva’ se ne sono lavati le mani. Al tempo stesso quella notizia è una enormità sul piano politico: da quella vicenda è dipeso non poco il successivo disastro europeo. Ma la Commissione Europea l’ha senza esitazione alcuna seppellita nel silenzio.
Troppa polemica o poca polemica, allora? Nella Prefazione alla sua Teoria Generale Keynes scriveva nel 1936: “Se .. l’economia ortodossa è in difetto, l’errore va trovato non nella sovrastruttura, che è stata eretta con gran cura di coerenza logica, ma nella scarsa chiarezza e generalità delle sue premesse. Non posso quindi raggiungere il mio scopo … se non mediante … molta polemica.”
Il dubbio: Keynes era paranoide? O piuttosto Olli-Rehn è schizoide? (“personalità il cui tratto principale è la mancanza del desiderio di relazioni strette con altri esseri umani, e il “distacco” emotivo rispetto alle persone e alla realtà circostante.”)
By mm
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