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I Repubblicani contro la realtà (New York Times 4 agosto 2013)

 

Republicans Against Reality

By PAUL KRUGMAN

Published: August 4, 2013

Last week House Republicans voted for the 40th time to repeal Obamacare. Like the previous 39 votes, this action will have no effect whatsoever. But it was a stand-in for what Republicans really want to do: repeal reality, and the laws of arithmetic in particular. The sad truth is that the modern G.O.P. is lost in fantasy, unable to participate in actual governing.

 

 

Just to be clear, I’m not talking about policy substance. I may believe that Republicans have their priorities all wrong, but that’s not the issue here. Instead, I’m talking about their apparent inability to accept very basic reality constraints, like the fact that you can’t cut overall spending without cutting spending on particular programs, or the fact that voting to repeal legislation doesn’t change the law when the other party controls the Senate and the White House.

Am I exaggerating? Consider what went down in Congress last week.

First, House leaders had to cancel planned voting on a transportation bill, because not enough representatives were willing to vote for the bill’s steep spending cuts. Now, just a few months ago House Republicans approved an extreme austerity budget, mandating severe overall cuts in federal spending — and each specific bill will have to involve large cuts in order to meet that target. But it turned out that a significant number of representatives, while willing to vote for huge spending cuts as long as there weren’t any specifics, balked at the details. Don’t cut you, don’t cut me, cut that fellow behind the tree.

 

 

Then House leaders announced plans to hold a vote cutting spending on food stamps in half — a demand that is likely to sink the already struggling effort to agree with the Senate on a farm bill.

 

Then they held the pointless vote on Obamacare, apparently just to make themselves feel better. (It’s curious how comforting they find the idea of denying health care to millions of Americans.) And then they went home for recess, even though the end of the fiscal year is looming and hardly any of the legislation needed to run the federal government has passed.

In other words, Republicans, confronted with the responsibilities of governing, essentially threw a tantrum, then ran off to sulk.

 

How did the G.O.P. get to this point? On budget issues, the proximate source of the party’s troubles lies in the decision to turn the formulation of fiscal policy over to a con man. Representative Paul Ryan, the chairman of the House Budget Committee, has always been a magic-asterisk kind of guy — someone who makes big claims about having a plan to slash deficits but refuses to spell out any of the all-important details. Back in 2011 the Congressional Budget Office, in evaluating one of Mr. Ryan’s plans, came close to open sarcasm; it described the extreme spending cuts Mr. Ryan was assuming, then remarked, tersely, “No proposals were specified that would generate that path.”

 

What’s happening now is that the G.O.P. is trying to convert Mr. Ryan’s big talk into actual legislation — and is finding, unsurprisingly, that it can’t be done. Yet Republicans aren’t willing to face up to that reality. Instead, they’re just running away.

 

When it comes to fiscal policy, then, Republicans have fallen victim to their own con game. And I would argue that something similar explains how the party lost its way, not just on fiscal policy, but on everything.

Think of it this way: For a long time the Republican establishment got its way by playing a con game with the party’s base. Voters would be mobilized as soldiers in an ideological crusade, fired up by warnings that liberals were going to turn the country over to gay married terrorists, not to mention taking your hard-earned dollars and giving them to Those People. Then, once the election was over, the establishment would get on with its real priorities — deregulation and lower taxes on the wealthy.

 

 

At this point, however, the establishment has lost control. Meanwhile, base voters actually believe the stories they were told — for example, that the government is spending vast sums on things that are a complete waste or at any rate don’t do anything for people like them. (Don’t let the government get its hands on Medicare!) And the party establishment can’t get the base to accept fiscal or political reality without, in effect, admitting to those base voters that they were lied to.

The result is what we see now in the House: a party that, as I said, seems unable to participate in even the most basic processes of governing.

What makes this frightening is that Republicans do, in fact, have a majority in the House, so America can’t be governed at all unless a sufficient number of those House Republicans are willing to face reality. And that quorum of reasonable Republicans may not exist.

 

I Repubblicani contro la realtà

New York Times 4 agosto 2013

 

La scorsa settimana i repubblicani della Camera hanno votato per la quarantesima volta per abrogare la riforma sanitaria di Obama. Questa iniziativa non produrrà alcun effetto, come per le altre 39 precedenti votazioni. Ma si è trattato di una simulazione verso la quale i repubblicani sono per davvero attratti: abrogare la realtà, le leggi della matematica in special modo. La triste verità è che il Partito Repubblicano contemporaneo è perso nelle fantasie, incapace di partecipare al governo effettivo.

Per chiarezza, non sto parlando della sostanza politica. Io posso credere che i repubblicani sbaglino in tutte le loro priorità, ma non è questo il problema. Sto piuttosto parlando della loro apparente incapacità ad accettare i condizionamenti più elementari della realtà, come il fatto che non si possa tagliare la spesa in generale senza tagliare la spesa su particolari programmi, o il fatto che votare per abrogare una legislazione non modifica quella legge, quando l’altro partito controlla il Senato e la Casa Bianca.

Sto esagerando? Si consideri il punto a cui siamo arrivati la scorsa settimana nel Congresso.

Il primo luogo, i leaders della Camera hanno dovuto cancellare una votazione programmata su una proposta di legge sui trasporti, perché un numero insufficiente di congressisti erano disposti a votare gli esorbitanti tagli alla spesa della proposta di legge. Ora, solo poche settimane fa i repubblicani della Camera approvarono una bilancio estremamente austero, che obbligava a severi tagli nella spesa federale – e, allo scopo di raggiungere quell’obbiettivo, ogni specifica proposta di legge dovrà includere ampi tagli. Ma si scopre che un numero significativo di congressisti, nel mentre sono disponibili a votare grandi tagli finché si resta sulle generali, si tirano indietro quando si passa ai dettagli. Non tagliare su di te, non tagliare su di me, taglia quel tizio dietro l’albero!

Poi i leaders della Camera hanno annunciato l’intenzione di tenere una votazione sui tagli alle spese sugli aiuti alimentari – una richiesta che è probabile mandi a picco il già laborioso sforzo di trovare un accordo con il Senato sulla legge per l’agricoltura [1].

A quel punto hanno tenuto la votazione del tutto priva di scopo sulla riforma sanitaria di Obama, in apparenza solo per tirarsi un po’ su di morale (è curioso quanto essi trovino confortante l’idea di privare della assistenza sanitaria milioni di americani). E infine se ne sono andati a casa per la sospensione dei lavori, anche se la fine dell’anno fiscale si approssima e solo alcune delle leggi necessarie per gestire il governo federale sono state approvate.

In altre parole, i repubblicani, messi dinanzi alla responsabilità di governare, prima hanno fatto capricci, poi se ne sono andati imbronciati.

Come è accaduto che il Partito Repubblicano sia arrivato a questo punto? Sulle tematiche di bilancio, l’origine più immediata dei guai del partito risiede nella decisione di mettere la formulazione della politica finanziaria pubblica nelle mani di un prestigiatore. Il Rappresentante [2] Paul Ryan, il Presidente della Commissione Bilancio della Camera, è sempre stato di quel genere di individui “dagli asterischi magici” – coloro che fanno grandi proclami sull’avere piani per l’abbattimento del deficit, ma si rifiutano di elencare anche solo uno degli importantissimi dettagli. Nel passato 2011, l’Ufficio del Bilancio del Congresso, nella valutazione di uno dei piani di Ryan, andò vicino al sarcasmo esplicito; descrisse gli audaci tagli alla spesa che il signor Ryan assumeva, per poi osservare, laconicamente: “Non è stata specificata alcuna proposta suscettibile di concretizzare questo indirizzo.”

Quello che ora sta accadendo è che il Partito Repubblicano sta cercando di convertire il gran parlare di Ryan in una legislazione effettiva – e sta scoprendo, non sorprendentemente, che la cosa è impossibile. Tuttavia i repubblicani non hanno alcuna voglia di misurarsi con la realtà; piuttosto, semplicemente, scappano.

Quando si viene alla politica della finanza pubblica, dunque, i repubblicani cadono vittime del loro stesso gioco di prestigio. E mi sentirei di sostenere che qualcosa di simile spiega come il partito ha perso la sua strada non solo sulla politica di bilancio, ma in ogni senso.

Si pensi a questo: per un lungo tempo il gruppo dirigente repubblicano ha ottenuto il suo scopo giocando con la sua stessa base un gioco truffaldino. Gli elettori sarebbero stati mobilitati come soldati in una crociata ideologica, infiammati dagli ammonimenti secondo i quali i progressisti avrebbero consegnato il paese ai terroristi dei matrimoni gay, per non dire del portar via i dollari guadagnati col sudore e darli alla “gentaccia” [3]. Poi, un volta che le elezioni fossero passate, il gruppo dirigente avrebbe proseguito con le sue priorità vere – deregolamentazioni e tasse più basse per i più ricchi.

Sennonché, a questo punto, il gruppo dirigente ha perso il controllo della situazione. Nel frattempo, la base degli elettori crede effettivamente alle storie che le sono state raccontate – per esempio, che il Governo stia spendendo grandi somme per sprechi assoluti, o che in ogni caso non faccia niente per loro (“Non consentite che il Governo prenda nelle sue mani Medicare![4]). E il gruppo dirigente del Partito non può fare in modo che la base accetti la realtà della situazione del bilancio e della politica senza, in effetti, rivelare a quegli stessi elettori  di averli ingannati.

Il risultato è quello a cui ora assistiamo alla Camera: un partito che, come ho detto, sembra incapace persino di prender parte ai più elementari processi di governo.

Quello che rende tutto questo minaccioso è che i Repubblicani hanno, nei fatti, per davvero la maggioranza alla Camera, e dunque l’America non può essere affatto governata se un numero sufficiente di quei rappresentanti non sono disponibili a misurarsi con la realtà. E tale quota di repubblicani ragionevoli potrebbe non esistere.


[1] La “farm bill” è una proposta di legge che tradizionalmente, con una frequenza di alcuni anni, regola una vasto complesso di questioni attinenti alla agricoltura. Si può andare dai contributi agli agricoltori, magari ricchi, ai sussidi alimentari per i ceti più poveri (che entrano nel provvedimento perché, suppongo, riguardano anche la frutta e la verdura). Da qualche settimana la situazione è bloccata per effetto di uno scontro tra repubblicani e democratici sulla drastica riduzione degli aiuti alimentari, che è sollecitata dalla maggioranza repubblicana della Camera ed è respinta dalla maggioranza democratica al Senato. A tale proposito vedi l’articolo di Krugman Stati Uniti, giochi di fame (New York Times 14 luglio 2013).

[2] Come è noto, la Camera del Congresso americano è detta “dei Rappresentanti”.

[3] “Those People” (maiuscolo), in questo contesto,  può significare “i poveracci”, “gli assistiti”, “la  gente di colore”  … tutto quello che rappresenti l’incubo dei benestanti e benpensanti.

[4] Questa è un po’ la parola d’ordine più congeniale di quella impostazione truffaldina. Poiché la destra si rende conto della popolarità di Medicare, l’appello è affinché il Governo federale non ci metta le mani sopra. Anche se: 1) si tratta di un programma federale, quindi non si capisce in che senso il Governo federale non dovrebbe metterci le mani sopra; 2) la trasformazione di Medicare – la sua sostituzione con un sistema a base di vouchers – è un punto chiave del programma della destra stessa.

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