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Il declino degli Imperi informatici (New York Times 25 agosto 2013)

 

The Decline of E-Empires

By PAUL KRUGMAN
Published: August 25, 2013

Steve Ballmer’s surprise announcement that he will be resigning as Microsoft’s C.E.O. has set off a huge flood of commentary. Being neither a tech geek nor a management guru, I can’t add much on those fronts. I do, however, think I know a bit about economics, and I also read a lot of history. So the Ballmer announcement has me thinking about network externalities and Ibn Khaldun. And thinking about these things, I’d argue, can help ensure that we draw the right lessons from this particular corporate upheaval.

 

First, about network externalities: Consider the state of the computer industry circa 2000, when Microsoft’s share price hit its peak and the company seemed utterly dominant. Remember the T-shirts depicting Bill Gates as a Borg (part of the hive mind from “Star Trek”), with the legend, “Resistance is futile. Prepare to be assimilated”? Remember when Microsoft was at the center of concerns about antitrust enforcement?

 

The odd thing was that nobody seemed to like Microsoft’s products. By all accounts, Apple computers were better than PCs using Windows as their operating system. Yet the vast majority of desktop and laptop computers ran Windows. Why?

The answer, basically, is that everyone used Windows because everyone used Windows. If you had a Windows PC and wanted help, you could ask the guy in the next cubicle, or the tech people downstairs, and have a very good chance of getting the answer you needed. Software was designed to run on PCs; peripheral devices were designed to work with PCs.

That’s network externalities in action, and it made Microsoft a monopolist.

The story of how that state of affairs arose is tangled, but I don’t think it’s too unfair to say that Apple mistakenly believed that ordinary buyers would value its superior quality as much as its own people did. So it charged premium prices, and by the time it realized how many people were choosing cheaper machines that weren’t insanely great but did the job, Microsoft’s dominance was locked in.

Now, any such discussion brings out the Apple faithful, who insist that anything Windows can do Apple can do better and that only idiots buy PCs. They may be right. But it doesn’t matter, because there are many such idiots, myself included. And Windows still dominates the personal computer market.

The trouble for Microsoft came with the rise of new devices whose importance it famously failed to grasp. “There’s no chance,” declared Mr. Ballmer in 2007, “that the iPhone is going to get any significant market share.”

How could Microsoft have been so blind? Here’s where Ibn Khaldun comes in. He was a 14th-century Islamic philosopher who basically invented what we would now call the social sciences. And one insight he had, based on the history of his native North Africa, was that there was a rhythm to the rise and fall of dynasties.

Desert tribesmen, he argued, always have more courage and social cohesion than settled, civilized folk, so every once in a while they will sweep in and conquer lands whose rulers have become corrupt and complacent. They create a new dynasty — and, over time, become corrupt and complacent themselves, ready to be overrun by a new set of barbarians.

I don’t think it’s much of a stretch to apply this story to Microsoft, a company that did so well with its operating-system monopoly that it lost focus, while Apple — still wandering in the wilderness after all those years — was alert to new opportunities. And so the barbarians swept in from the desert.

Sometimes, by the way, barbarians are invited in by a domestic faction seeking a shake-up. This may be what’s happening at Yahoo: Marissa Mayer doesn’t look much like a fierce Bedouin chieftain, but she’s arguably filling the same functional role.

Anyway, the funny thing is that Apple’s position in mobile devices now bears a strong resemblance to Microsoft’s former position in operating systems. True, Apple produces high-quality products. But they are, by most accounts, little if any better than those of rivals, while selling at premium prices.

So why do people buy them? Network externalities: lots of other people use iWhatevers, there are more apps for iOS than for other systems, so Apple becomes the safe and easy choice. Meet the new boss, same as the old boss.

Is there a policy moral here? Let me make at least a negative case: Even though Microsoft did not, in fact, end up taking over the world, those antitrust concerns weren’t misplaced. Microsoft was a monopolist, it did extract a lot of monopoly rents, and it did inhibit innovation. Creative destruction means that monopolies aren’t forever, but it doesn’t mean that they’re harmless while they last. This was true for Microsoft yesterday; it may be true for Apple, or Google, or someone not yet on our radar, tomorrow.

 

Il declino degli Imperi informatici, di Paul Krugman

New York Times 25 agosto 2013

 

L’annuncio a sorpresa di Steve Ballmer [1] delle sue prossime dimissioni da amministratore delegato della Microsoft  ha messo in movimento una grande ondata di commenti. Non essendo né un fanatico della tecnologia né un guru dell’imprenditoria, su questi fronti non posso aggiungere granché. Tuttavia, penso proprio di intendermi un po’ di economia e leggo molta storia. Dunque l’annuncio di Ballmer mi fa venire in mente le ‘esternalità di rete’ e Ibn Khaldun. E mi sento di sostenere che riflettere su queste cose ci può aiutare a fare in modo di estrarre le lezioni giuste da questo particolare sconvolgimento societario.

Prima di tutto, sulle esternalità di rete:  si consideri la situazione dell’industria dei computer attorno all’anno 2000, quando il valore delle azioni di Microsoft toccò il suo apice e la società appariva completamente dominante. Vi ricordate le magliette che dipingevano Bill Gates come un Borg (un componente della ‘intelligenza collettiva’ della serie ‘Star Trek’), con il leggendario “Resistere è inutile. Preparatevi ad essere assimilati”? Vi ricordate quando Microsoft era al centro delle preoccupazioni  sulla applicazione della legislazione antitrust?

La cosa curiosa era che nessuno sembrava gradire i prodotti di Microsoft. Da tutti i punti di vista, i computers di Apple erano migliori dei PC che utilizzano Windows come loro sistema operativo. Tuttavia la grande maggioranza dei computers da tavolo e portatili funzionavano con Windows. Perché?

La risposta, fondamentalmente, era che ognuno usava Windows perché tutti usavano Windows.  Se avevate un PC [2] della Windows e cercavate aiuto, potevate chiedere al Tizio della porta accanto, o alla gente esperta di tecnica al pian terreno, ed avevate una ottima possibilità di ricevere la risposta di cui avevate bisogno. Il software era progettato per andare sui PC; i congegni periferici erano progettati per funzionare con i PC.

Quella erano le ‘esternalità di rete’ in azione, e resero Microsoft  un monopolio.

La storia di come maturò quella situazione di fatto è ingarbugliata, ma non credo di essere troppo ingiusto nel dire che la Apple erroneamente credeva che gli acquirenti ordinari avrebbero valutato la sua superiore qualità come la valutavano i propri dipendenti. Così aumentò i suoi prezzi, e al momento in cui comprese quante persone stavano scegliendo macchine più convenienti che non erano straordinariamente perfette ma assolvevano alla propria funzione, il dominio di Microsoft era assicurato.

Ora, in ogni esposizione del genere vengono in evidenza i seguaci di Apple, che insistono che qualsiasi cosa Windows possa fare, Apple può farla meglio e solo gli idioti acquistano i PC. Può essere giusto. Ma non è importante, perché ci sono molti idioti, incluso il sottoscritto. E Windows domina ancora il mercato dei computer personali.

I guai per Microsoft sono venuti con l’avvento dei nuovi congegni, la cui importanza essa notoriamente non riuscì ad afferrare. “Non c’è alcuna possibilità”, dichiarò Ballmer nel 2007, “che l’iPhone sia destinato ad ottenere una qualche significativa quota di mercato.”

Come ha potuto Microsoft essere così cieca? Ecco il punto in cui entra in scena Ibn Khaldun [3]. Egli era un filosofo islamico del 14° Secolo che fondamentalmente inventò quelle che oggi definiremmo le scienze sociali. E una intuizione che egli ebbe, basandosi sulla storia del suo nativo Nord Africa, fu che c’era un ritmo nella ascesa e nella caduta delle dinastie.

I membri delle tribù del deserto, sostenne, avevano sempre più coraggio e coesione sociale dei popoli stanziali civilizzati, cosicché una volta ogni tanto essi erano destinati ad entrare con irruenza e conquistare le terre i cui sovrani erano diventati corrotti e pigri. Essi creavano una nuova dinastia – e, col tempo, anch’essi diventavano corrotti e pigri, pronti ad essere invasi da un nuovo gruppo di barbari.

Non penso che sia esagerato applicare questa storia a Microsoft, una società che aveva fatto talmente bene col suo monopolio di sistema operativo da perdere la concentrazione,  mentre Apple – ancora vagante in una landa selvaggia dopo tutti quegli anni – era all’erta per nuove opportunità. E così i barbari fecero il loro grandioso ingresso dal deserto.

Talvolta, naturalmente, i barbari sono richiamati da una fazione domestica alla ricerca di una scossa. Può darsi che questo sia quello che è successo a Yahoo: Marissa Mayer [4] non è molto riconoscibile nei panni di una capotribù beduina, ma probabilmente sta ricoprendo lo stesso ruolo funzionale.

In ogni caso, la cosa curiosa è che la posizione della Apple nei congegni mobili oggi assomiglia molto alla precedente posizione della Microsoft nei sistemi operativi. E’ vero, la Apple realizza prodotti di alta qualità. Ma essi sono, da molti punti di vista, appena migliori di quelli dei rivali, nel mentre si vendono a prezzi maggiorati.

Perché, dunque, le persone li comprano? Esternalità di rete: molti altri usano iWhatevers [5], ci sono una varietà maggiore di applicazioni per i congegni della Apple che per gli altri sistemi, cosicché Apple diventa la scelta facile e sicura. Conosci i nuovi capi e scopri che sono uguali ai vecchi! [6]

In questo c’è una morale? Fatemi almeno avanzare un esempio negativo: anche se Microsoft, di fatto, non ha finito con l’impossessarsi del mondo, quelle preoccupazioni sulla creazione di monopoli non erano fuori luogo. Microsoft fu una società monopolistica, estorse una quantità di rendite di monopolio, inibì l’innovazione. La distruzione creativa [7] significa che i monopoli non sono eterni, ma non significa che non sono dannosi finché durano. Questo è stato vero ieri per Microsoft; può esser vero domani per Apple, per Google, o per qualcun altro che ancora non si scorge.



[1] Steven Anthony Ballmer (Detroit, 24 marzo 1956) è un imprenditore e informatico statunitense. È amministratore delegato di Microsoft dal 27 giugno 2008, a seguito delle dimissioni di Bill Gates. Ballmer ha costruito la propria fortuna – stimata in vari miliardi di dollari americani – grazie alle stock options ricevute come dipendente Microsoft, azienda della quale non è stato fondatore (Wikipedia)

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[2] Al giorno d’oggi il termine personal computer è invalso a indicare una specifica fascia del mercato dell’informatica, quella del computer a uso privato, casalingo, per uffici o per la piccola azienda. In alcuni casi, personal computer o PC è usato con un significato ancora più specifico, ristretto alla sola gamma delle macchine IBM compatibili. Infatti, nel gergo informatico più tecnico, si contrappone PC a Mac intendendo, nel primo caso, un computer (IBM compatibile) con sistema operativo Windows e, nel secondo caso, un computer Apple sul quale quindi gira il sistema operativo Mac (Wikipedia).

Quindi, anche nel seguito dell’articolo, per PC si intendono i computers del sistema operativo Windows, della Microsoft.

[3] Ibn Khaldūn, il cui nome completo è Walī al-Dīn ʿAbd al-Raḥmān ibn Muḥammad ibn Muḥammad ibn Abī Bakr Muḥammad ibn al-Ḥasan al-Ḥaḍramī (Template:Berbero; Tunisi, 27 maggio 1332Il Cairo, 17 marzo 1406, equivalenti al 1° Ramadān 732 – 26 Ramadān 808), è stato il massimo storico e filosofo del Nordafrica, e viene considerato un sociologo ante litteram delle società araba, berbera e persiana. E’ uno dei padri fondatori della storiografia[n 1] della sociologia, ed è considerato uno dei primi economisti.

Ha introdotto la nozione di storia ciclica fondata su fattori profani generati dalla naturale tendenza ad indebolirsi delle generazioni sedentarizzate, eredi dei conquistatori nomadi, trascinate però in un ciclo inesorabile di decadenza ad opera della ricchezza e dal modo di vita urbano. Molto apprezzato in Occidente per la modernità delle sue concezioni (ma anche per essere stata tradotta la sua opera fin dal XVIII secolo), ha invece avuto un impatto più modesto sulla cultura e sul pensiero arabo-islamico.

L’attività principale di Ibn Khaldūn fu quella di uomo politico, cortigiano e ministro, al servizio uno dopo l’altro degli Hafsidi tunisini, dei Merinidi di Bugia e di Fez, degli Abdelwadidi di Tlemcen, del Sultano di Granada e di quello d’Egitto. Fu anche ambasciatore presso il re di Castiglia, Pietro I di Castiglia, detto Pietro il Crudele, ed il temibile Timur Lang (Tamerlano). Ebbe così la possibilità di conoscere da vicino e porre a confronto tra loro i diversi modi di esercitare il potere, misurandone la precarietà.

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[4] Marissa Mayer (Wausau, 30 maggio 1975) è un’informatica statunitense. È l’amministratrice delegata di Yahoo dopo essere stata la prima ingegnere donna assunta da Google e una dei primi 20 impiegati della compagnia di cui faceva parte dal giugno 1999. Mayer ha lavorato sulle funzionalità di ricerca di Google e su Gmail, e può essere considerata una parte importante del successo di queste interfacce utente. Viene considerata dalla rivista Fortune una delle 50 donne più potenti, ed è stata la più giovane a entrare in questa classifica. I suoi contributi comprendono, tra gli altri, Google Maps, Google Earth, iGoogle (Wikipedia)

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[5] Dovrebbe trattarsi dei nuovi gadgets della Apple che, come spiega UrbanDictionary, “la gente li possiede solo per il gusto di averli”.

[6] Si tratta di una espressione entrata in particolare nel gergo politico. Il significato è evidente, e deriva da una canzone di una band rack molto famosa (The Who).

[7] Ovvero, il concetto – in particolare della scuola economica ‘austriaca’ – secondo il quale le crisi sono fenomeni di sana distruttività, perché attraverso le crisi si producono assetti migliori.

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