A proposito della ‘eleganza’ del dibattito tra le diverse scuole economiche, o più precisamente dei modi nei quali una di esse (la si può definire in tanti modi: neoclassica, ‘austriaca’, della teoria del ‘ciclo economico reale’, degli economisti dell’ “acqua dolce” o di Chicago; oppure, per semplicità, conservatrice e talora, più onestamente, reazionaria) tende a seppellire l’altra – quella keynesiana – col silenzio, il caso più sinteticamente paradossale è quello della espressione ‘trappola di liquidità’. Chi legge queste pagine trova di continuo quella espressione. Per una spiegazione, la cosa più sicura è risalire a quella che fornì Krugman nel 1998, nel saggio “La depressione del Giappone ed il ritorno della trappola di liquidità”. Un po’ lunga ma ben comprensibile:
“La ‘trappola di liquidità’ – quella difficile condizione nella quale la politica monetaria perde la sua capacità di presa, perché il tasso di interesse nominale è sostanzialmente pari a zero, e nella quale la quantità di moneta diventa irrilevante, perché il denaro e le obbligazioni sono sostanzialmente perfetti sostituti – ebbe un ruolo centrale nei primi anni della disciplina macroeconomica. John Hicks, nel presentare sia il modello IS – LM che la trappola di liquidità, identificò l’assunto della inefficacia della politica monetaria … come la differenza centrale tra Keynes ed i classici (Hicks 1937). Si è spesso notato come il carattere da ‘Alice nel Paese delle meraviglie’ del primo keynesismo … dipendeva dall’implicito o esplicito assunto di una politica monetaria adeguata ai bisogni; si è meno spesso sottolineato che negli ultimi anni Trenta e nei primi anni Quaranta pareva abbastanza naturale assumere che la moneta fosse in ultima istanza irrilevante. Dopo tutto, alla fine degli anni Trenta i tassi di interesse potevano difficilmente salire oltre il limite zero; il tasso medio dei Buoni del Tesoro americani nel 1940 era lo 0,014 per cento.
Sin da allora, tuttavia, la trappola di liquidità è costantemente regredita, nella memoria come nella ricerca economica. In parte, questo è dipeso dal fatto che in linea generale, nei decenni inflazionistici successivi alla Seconda Guerra Mondiale, i tassi di interesse rimasero confortabilmente sopra lo zero, e di conseguenza le banche non si trovarono più nella condizione di “procedere su un sentiero stretto”. Inoltre, la stessa esperienza degli anni Trenta venne reinterpretata, tra gli altri, in particolare, da Milton Friedman ed Anna Schwartz (Friedman e Schwartz 1963). Ponendo l’accento sugli aggregati generali, piuttosto che sui tassi di interesse o sulla base monetaria, Friedman e Schwartz sostennero, in effetti, che la Depressione fosse stata provocata da una contrazione monetaria; che la Federal Reserve avrebbe potuto prevenirla e che, implicitamente, anche la grande recessione avrebbe potuto essere contrastata con una espansione monetaria sufficientemente aggressiva. Dato che i macroeconomisti odierni non riflettono per niente sulle trappole di liquidità (il data-base informatico di EconLit elenca soltanto 21 saggi con quella espressione nel titolo, nell’argomento e nelle sintesi), il loro punto di vista è fondamentalmente che una trappola di liquidità non può accadere, non accadde e comunque non avverrà di nuovo in futuro.
Ma è successo, per giunta alla seconda più grande economia del mondo ….”
Krugman parlava allora del Giappone. Oggi si può dire che sia successo una terza volta, e questa volta nuovamente su scala globale. La Grande Recessione di questi anni ancora è in corso ed è già stata più lunga della Grande Depressione degli anni Trenta. Dunque, tra tutti i possibili argomenti odierni di economia, sembrerebbe proprio quello principale.
Ma se quella ricerca cui Krugman accenna sul database del dibattito economico, la si ripetesse oggi, il risultato sarebbe il medesimo (si consideri che almeno i keynesiani ogni tanto la citano …). Io non l’ho mai trovata in questi anni, se non, appunto, nei testi di quegli economisti che si affannano a spiegarla. Direi che è una creatura opposta a quella che gli americani chiamano le “idee zombie”: quelle sono idee morte che si rialzano di continuo come se non fossero mai morte, questa è un’idea (purtroppo) vivissima che viene data per inesistente e comunque per seppellita. Censura consapevole o rimozione inconscia?
L’importanza degli andamenti, in questi anni, dei tassi di interesse e dell’inflazione era profondamente connessa con la diagnosi della trappola di liquidità: se, come previsto da tutte le scuole conservatrici, i tassi di interesse e l’inflazione fossero schizzati alle stelle – per i costi delle politiche monetarie e della spesa pubblica – sarebbe stato un guaio, ma non ci sarebbe stata alcuna trappola di liquidità; se fosse avvenuto il contrario, quella analisi avrebbe dovuto essere considerata assolutamente verosimile da parte di tutti.
E’ avvenuto il contrario … eppure: silenzio di tomba. Per smentire una diagnosi, una parte dei medici ha smesso di considerare la malattia.
By mm
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