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Non c’è spazio per Milton Friedman (11 agosto 2013)

 

Milton Friedman, Unperson

By PAUL KRUGMAN

Published: August 11, 2013

Recently Senator Rand Paul, potential presidential candidate and self-proclaimed expert on monetary issues, sat down for an interview with Bloomberg Businessweek. It didn’t go too well. For example, Mr. Paul talked about America running “a trillion-dollar deficit every year”; actually, the deficit is projected to be only $642 billion in 2013, and it’s falling fast.

 

But the most interesting moment may have been when Mr. Paul was asked whom he would choose, ideally, to head the Federal Reserve and he suggested Milton Friedman — “he’s not an Austrian, but he would be better than what we have.” The interviewer then gently informed him that Friedman — who would have been 101 years old if he were still alive — is, in fact, dead. O.K., said Mr. Paul, “Let’s just go with dead, because then you probably really wouldn’t have much of a functioning Federal Reserve.”

Which suggests an interesting question: What ever happened to Friedman’s role as a free-market icon? The answer to that question says a lot about what has happened to modern conservatism.

For Friedman, who used to be the ultimate avatar of conservative economics, has essentially disappeared from right-wing discourse. Oh, he gets name-checked now and then — but only for his political polemics, never for his monetary theories. Instead, Rand Paul turns to the “Austrian” view of thinkers like Friedrich Hayek — a view Friedman once described as an “atrophied and rigid caricature” — while Paul Ryan, the G.O.P.’s de facto intellectual leader, gets his monetary economics from Ayn Rand, or more precisely from fictional characters in “Atlas Shrugged.”

How did that happen? Friedman, it turns out, was too nuanced and realist a figure for the modern right, which doesn’t do nuance and rejects reality, which has a well-known liberal bias.

One way to think about Friedman is that he was the man who tried to save free-market ideology from itself, by offering an answer to the obvious question: “If free markets are so great, how come we have depressions?”

Until he came along, the answer of most conservative economists was basically that depressions served a necessary function and should simply be endured. Hayek, for example, argued that “we may perhaps prevent a crisis by checking expansion in time,” but “we can do nothing to get out of it before its natural end, once it has come.” Such dismal answers drove many economists into the arms of John Maynard Keynes.

Friedman, however, gave a different answer. He was willing to give a little ground, and admit that government action was indeed necessary to prevent depressions. But the required government action, he insisted, was of a very narrow kind: all you needed was an appropriately active Federal Reserve. In particular, he argued that the Fed could have prevented the Great Depression — with no need for new government programs — if only it had acted to save failing banks and pumped enough reserves into the banking system to prevent a sharp decline in the money supply.

 

This was, as I said, a move toward realism (although it looks wrong in the light of recent experience). But realism has no place in today’s Republican Party: both Mr. Paul and Mr. Ryan have furiously attacked Ben Bernanke for responding to the 2008 financial crisis by doing exactly what Friedman said the Fed should have done in the 1930s — advice he repeated to the Bank of Japan in 2000. “There is nothing more insidious that a country can do to its citizens,” Mr. Ryan lectured Mr. Bernanke, “than debase its currency.”

Oh, and while we’re on the subject of debasing currencies: one of Friedman’s most enduring pieces of straight economic analysis was his 1953 argument in favor of flexible exchange rates, in which he argued that countries finding themselves with excessively high wages and prices relative to their trading partners — like the nations of southern Europe today — would be better served by devaluing their currencies than by enduring years of high unemployment “until the deflation has run its sorry course.” Again, there’s no room for that kind of pragmatism in a party in which many members hanker for a return to the gold standard.

Now, I don’t want to put Friedman on a pedestal. In fact, I’d argue that the experience of the past 15 years, first in Japan and now across the Western world, shows that Keynes was right and Friedman was wrong about the ability of unaided monetary policy to fight depressions. The truth is that we need a more activist government than Friedman was willing to countenance.

The point, however, is that modern conservatism has moved so far to the right that it no longer has room for even small concessions to reality. Friedman tried to save free-market conservatism from itself — but the ideologues who now dominate the G.O.P. are beyond saving.

 

Non c’è spazio per Milton Friedman [1], di Paul Krugman

New York Times 11 agosto 2013

 

Di recente il signor Rand Paul, possibile candidato presidenziale ed autoproclamatosi esperto di questioni monetarie, si è concesso una intervista con Bloomberg Businessweek.  Non gli è andata benissimo. Ad esempio, il signor Paul ha parlato di un’America che realizza “un migliaio di miliardi di dollari di deficit ogni anno”; in effetti, è previsto che il deficit sia soltanto di 642 miliardi nel 2013, e sta scendendo velocemente.

Ma forse il passaggio più interessante è stato quando a Paul è stato chiesto chi avrebbe scelto idealmente a guidare la Federal Reserve ed egli ha indicato Milton Friedman [2]– “non è un ‘austriaco’ [3], ma sarebbe meglio di quello che abbiamo”. A quel punto l’intervistatore lo ha gentilmente informato che Friedman – che se fosse ancora vivo avrebbe 101 anni – in effetti era deceduto. E’ vero, ha detto Paul “Convengo proprio sul fatto che sia morto, perché probabilmente poi non avremmo avuto tutto quell’attivismo alla Federal Reserve”.

Il che suggerisce una domanda interessante: cosa è mai accaduto al ruolo di Friedman come icona del libero mercato? La risposta a tale domanda ci dice molto di quello che è successo al conservatorismo contemporaneo.

Perchè Friedman, che era come la massima incarnazione del conservatorismo economico, è fondamentalmente scomparso dal dibattito della destra. E’ vero, il suo nome è stato segnalato qua e là – ma solo per le sue polemiche politiche, mai per le sue teorie monetarie. Piuttosto, Rand Paul si rivolge al punto di vista ‘austriaco’ di pensatori come Friedrich Hayek – un punto di vista che Friedman descriveva come una “caricatura atrofizzata e rigida” – mentre Paul Ryan, di fatto la guida intellettuale del Partito Repubblicano, deriva la sua economia monetaria da Ayn Rand, o più precisamente dai personaggi romanzeschi di “Atlas Shrugged” [4].

Come è successo? Quello che emerge è che Friedman era una figura troppo sottile e realista per la destra contemporanea, che non ama le sfumature e rigetta la realtà, sulla base di un ben noto pregiudizio liberista.

Un modo per pensare a Friedman è considerare che egli fu la persona che cercò di salvare l’ideologia del libero-mercato da se stessa, dando una risposta alla ovvia domanda. “Se il libero-mercato è così potente, perché abbiamo le depressioni?”.

Sino alla sua comparsa, la risposta di gran parte degli economisti conservatori era che fondamentalmente le depressioni svolgono una funzione necessaria e dovrebbero semplicemente essere sopportate. Hayek, ad esempio, sosteneva  che “noi forse possiamo prevenire una crisi impedendo per tempo l’espansione”, ma “non possiamo far niente per sfuggire al suo naturale esito, una volta che è apparsa”. Risposte così sconfortanti spinsero molti economisti tra le fila di John Maynard Keynes.

Friedman, tuttavia, diede una risposta diversa. Egli volle riservare un piccolo spazio, ammettendo che l’azione del Governo era in effetti necessaria per prevenire le depressioni. Ma la necessaria iniziativa del Governo, insistette, doveva essere di natura molto limitata: tutto quello che era indispensabile era una Federal Reserve opportunamente attiva. In particolare, egli sostenne che la Fed avrebbe potuto prevenire la Grande Depressione – senza nessun bisogno di nuovi programmi governativi – se soltanto avesse agito per salvare le banche in fallimento ed avesse riversato risorse sufficienti nel sistema bancario per prevenire un brusco calo dell’offerta di moneta.

Come ho detto, questa era un’apertura verso il realismo (sebbene appaia sbagliata alla luce dell’esperienza recente). Ma non c’è posto per il realismo nel Partito Repubblicano odierno: sia Paul che Ryan hanno ferocemente attaccato Ben Bernanke per aver risposto alla crisi finanziaria del 2008 facendo esattamente quello che Friedman diceva che la Fed avrebbe dovuto fare negli anni Trenta – consiglio che egli ripeté alla Banca del Giappone nel 2000. “Non c’è niente di più insidioso che un paese possa fare ai suoi cittadini”, ha sentenziato Ryan rivolto a Bernanke, “che svalutare la moneta”.

E si badi, visto che siamo in tema di svalutazione delle monete: uno dei contributi più duraturi di corretta analisi economica di Friedman fu il suo argomento a favore dei tassi di cambio flessibili, con il quale sostenne che i paesi che si trovavano con prezzi e salari eccessivamente alti rispetto ai loro partners commerciali – come oggi le nazioni dell’Europa Meridionale – avrebbero avuto un miglior servizio dalla svalutazione delle loro monete che non da anni prolungati di elevata disoccupazione “finché la deflazione non avesse fatto il suo spiacevole corso”. Ancora, non c’è spazio per questo genere di pragmatismo per un Partito nel quale molti membri ambiscono al ritorno al gold standard [5] .

No, non voglio mettere Friedman su un piedistallo. Vorrei, in effetti, sostenere che l’esperienza dei 15 anni passati, dapprima in Giappone ed oggi in tutto il mondo occidentale, mostrano che sulla possibilità di combattere le depressioni con la sola politica monetaria Keynes aveva ragione e Friedman torto. La verità è che abbiamo bisogno di governi con una maggiore iniziativa di quella che Friedman era disponibile a tollerare.

Il punto, tuttavia, è che il conservatorismo moderno si è talmente spostato a destra che non c’è più spazio neppure per minime concessioni alla realtà. Friedman cercò di salvare il libero mercato da se stesso – ma gli ideologi che oggi dominano il Partito repubblicano sono al di là di quel salvataggio.


 


[1] “Unperson”  è un termine che allude ad una condizione di mancanza di diritti, di perdita di uno statuto di cittadinanza.  Dunque, qualcosa di più del semplice “essere dimenticati”.

[2] Milton Friedman (Brooklyn, 31 luglio 1912San Francisco, 16 novembre 2006) è stato un economista statunitense, di area neoliberista, esponente principale della scuola di Chicago. Il suo pensiero ed i suoi studi hanno influenzato molte teorie economiche, soprattutto in campo monetario. Fondatore del pensiero monetarista, è stato insignito del Premio Nobel per l’economia nel 1976.

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[3] Ovvero, un esponente della scuola economica cosiddetta “austriaca” o marginalista (vedi note sulla Traduzione).

[4] Ayn Rand fu una scrittrice-filosofa americana, di origini russe. Il suo pensiero – oggi molto in voga tra i repubblicani americani – non è facilmente definibile con categorie a noi note: una sorta di radicalismo liberista (il termine è “libertarianism”), dove il liberismo è davvero l’idea di una libertà assoluta dell’impresa e dove gli imprenditori – come nel romanzo succitato, che significa “Atlante scosse le spalle” – sono personaggi quasi eroici nella loro missione antiburocratica. Diciamo che, rispetto alla predilezione di Paul Rand per filosofi conservatori, Paul Ryan ha ua maggiore propensione per una ‘cultura’ al limite del ‘fumetto’.

[5] Il gold standard  è un sistema monetario nel quale la base monetaria è data da una quantità fissata d’oro. Si possono distinguere tre casi:

  • nel primo l’oro viene usato direttamente come moneta      (circolazione aurea);
  • nel secondo viene usata cartamoneta      totalmente convertibile in oro, dal momento che il valore in oro della moneta      complessivamente emessa è pari alla quantità di oro conservata dalla banca      centrale (circolazione cartacea convertibile totalmente in oro);
  • infine, nel terzo caso, le banconote      sono convertibili solo parzialmente, risultando il valore della quantità      di banconote emessa un multiplo del valore dell’oro posseduta dallo stato      (circolazione cartacea convertibile parzialmente in oro).

Nel caso una moneta sia convertibile in un’altra moneta, a sua volta convertibile in oro, si parla di gold exchange standard (Wikipedia).

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