September 26, 2013, 9:52 am
Dean Baker weighs in on my secular stagnation piece, and argues that persistent trade deficits are a big part of the problem.
I don’t disagree, although there are some issues I need to think through.
Here’s the US balance on current account – the trade balance broadly defined — as a percentage of GDP:
Current account as percent of GDP
Leaving aside the large surplus just after World War II, we went from persistent small surpluses before 1980 to persistent large deficits after 1980. This meant that we needed more domestic demand, other things equal, to achieve full employment — and arguably that we needed a series of bubbles and rising leverage, which are no longer forthcoming.
The reason I’m hesitating a bit before simply declaring trade the culprit is the issue of causation, and the related issue of whether those deficits are likely to persist. Why, exactly, did we start running persistent deficits?
After around 2000, you could argue that policies abroad were responsible: China and other developing countries were clearly keeping their currencies undervalued and accumulating large dollar reserves, and the counterpart of that accumulation had to be deficits in the rest of the world, which ended up meaning us. But the deficits began long before that, and some of the biggest surpluses out there are being run by countries that don’t do a lot of foreign exchange intervention (e.g. Germany).
So the causation could run the other way, with deregulation and rising leverage pulling in foreign capital, keeping the dollar overvalued, and producing persistent deficits. And you might therefore argue that we can avoid secular stagnation by letting low interest rates lead to a debased dollar (hi, Congressman Ryan!), more competitive U.S. manufacturing, and balanced trade.
Or maybe not, because who exactly is supposed to be on the receiving end of our improved balance?
I’m still working on this. But Dean is right to say that trade deficits are an important part of the story — and this is, by the way, something I’ve been saying for quite a while.
Commercio e stagnazione secolare
Dean Baker interviene sul mio pezzo sulla stagnazione secolare e sostiene che i persistenti deficit commerciali sono una gran parte del problema.
Non sono in disaccordo, sebbene ci siano alcuni temi che ho bisogno di analizzare a fondo.
Ecco il nostro bilancio di conto corrente – la bilancia commerciale considerata nel suo complesso – come percentuale del PIL:
Conto corrente come percentuale del PIL
Lasciando da parte l’ampio surplus proprio all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, noi siamo passati da persistenti piccoli surplus prima del 1980 a persistenti ampi deficit dopo il 1980. Questo significava che avevamo bisogno di maggiore domanda interna, ferme le altre condizioni, per ottenere la piena occupazione – e probabilmente che avevamo bisogno di una serie di bolle e di rapporti di indebitamento crescenti, che non sono più disponibili.
La ragione per la quale esito un po’ prima di stabilire che il commercio sia il responsabile è il tema della causa di ciò, ed il tema connesso se sia probabile che quei deficit persistano. Perché esattamente, cominciammo a realizzare deficit persistenti?
All’incirca dopo il 2000 si potrebbe sostenere che furono responsabili le politiche delle nazioni estere: la Cina ed altri paesi in via di sviluppo stavano chiaramente mantenendo sottovalutate le loro monete ed accumulando ampie riserve di dollari, e la controparte di quella accumulazione dovevano essere deficit nel resto del mondo, il che finì col significare noi stessi. Ma i deficit cominciarono molto prima di ciò, ed alcuni dei più grandi surplus altrove sono stati realizzati da paesi che non realizzano un grande intervento sui cambi stranieri (ad esempio, la Germania).
Dunque, la causa potrebbe correre per un altro verso, con la deregolamentazione ed il rapporto di indebitamento in crescita che ha mantenuto il dollaro sottovalutato e prodotto deficit persistenti. E si potrebbe di conseguenza sostenere che noi possiamo evitare una stagnazione secolare consentendo a bassi tassi di interesse di portare ad una svalutazione del dollaro (salve, congressista Ryan! [1]), di rendere più competitivo il settore manifatturiero statunitense e di riequilibrare il commercio.
O forse no, giacché chi esattamente riceverebbe un vantaggio dalla nostra migliorata bilancia commerciale?
Sto ancora lavorando su questi aspetti. Ma Dean ha ragione nel dire che i deficit commerciali sono una parte importante di questa storia – e questo, per inciso, è qualcosa che sto dicendo da un po’.
By mm
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