September 9, 2013, 8:46 am
So far, Abenomics has been going really, really well. By signaling that the Bank of Japan has changed, that it won’t snatch away the sake bottle just as the party gets going, that it’s going to target sustained positive inflation — and also by signaling that some fiscal stimulus is forthcoming despite high levels of debt — Japanese authorities have achieved a remarkable turnaround in short-term economic performance.
But will this short-run success end up being self-defeating? This really worries me:
Japan’s economy expanded at a significantly faster rate in the second quarter than initially reported, increasing the chances that Shinzo Abe, prime minister, will press ahead with a contentious sales tax increase – albeit one that would be offset by more government spending.
Look, maybe Japan can sustain growth in the face of this tax increase. But maybe not. Why not wait until growth is firmly established, and in particular until expected deflation has been solidly replaced with expected inflation?
Delaying the sales tax increase is, I would argue, the prudent thing to do even in purely fiscal terms. One of the serious consequences of Japanese deflation combined with the zero lower bound has been that Japanese real interest rates have until recently been significantly higher than those in other advanced countries — a matter of considerable concern when you have a very large inherited debt. Getting those real rates down (and, to a lesser extent, eroding the real value of existing debt) matters a lot to the long-run fiscal picture; it’s just foolish to endanger progress on that front in the name of fiscal responsibility.
Yes, Japan is going to need more revenue, eventually. But reflation should come first. It’s a really bad sign that this is even being discussed right now.
Fai che il Giappone sia casto e continente, ma non ancora [1]
Sino a questo punto, la politica economica di Abe è andata davvero, ma davvero bene. Segnalando che la Banca del Giappone ha mutato indirizzo, che non intende più allontanare la bottiglia del sakè mentre la festa sta andando avanti [2], che è orientata ad un obbiettivo di inflazione positiva sostenuta – ed anche segnalando che un qualche stimolo di finanza pubblica è in arrivo nonostante gli alti livelli del debito – le autorità giapponesi hanno ottenuto una considerevole inversione di rotta [3] nelle prestazioni economiche a breve termine.
Ma questo successo a breve termine finirà con l’essere controproducente? Quello che realmente mi preoccupa è la cosa seguente:
“L’economia giapponese è cresciuta nel secondo trimestre ad un tasso significativamente più rapido di quanto inizialmente previsto, aumentando le possibilità che Shinzo Abe, il Primo Ministro, proceda con un discusso incremento delle tasse sul valore aggiunto – per quanto non di dimensioni tali da bilanciare la maggiore spesa pubblica.”
Si badi, forse il Giappone può sostenere la crescita a fronte di questo aumento delle tasse. Ma forse no. Perché non attendere che la crescita sia stabilmente consolidata, e in particolare che la deflazione attesa sia solidamente rimpiazzata da una inflazione attesa?
Rinviare l’incremento delle tasse sul valore aggiunto riterrei che sia, persino puramente nei termini di finanza pubblica, la cosa prudente da fare. Una delle serie conseguenze della deflazione giapponese, in combinazione con il limite inferiore dello zero, è stata che i tassi di interesse del Giappone sono stati fino al periodo recente significativamente più alti di quelli degli altri paesi avanzati – aspetto considerevolmente preoccupante quando si ha un grande debito ereditato dal passato. Abbassare quei tassi reali (e, in minore misura, erodere il valore reale del debito esistente) ha molta importanza sul quadro delle finanze pubbliche nel lungo termine; è solo sciocco mettere a rischio il progresso su quel fronte in nome della responsabilità della finanza pubblica.
Si, alla fine il Giappone avrà bisogno di maggiori entrate. Ma la reflazione [4] dovrebbe aver luogo in precedenza. E’ davvero un cattivo segnale persino discutere di questo in questo momento.
[1] E’ un espressione di Sant’Agostino, riferita scherzosamente a se stesso (la scrisse parlando dell’animo umano che non vuole abbandonare le passioni e i piaceri), che Krugman frequentemente applica alle austerità ‘intempestive’.
[2] Versione ‘giapponese’ della espressione che definisce il passaggio alle politiche restrittive da parte delle banche centrali (che tolgono la scodella del ‘punch’ quando la festa comincia a scaldarsi …)
[3] La notizia è stata pubblicata il 9 settembre dal New York Times, da fonte Reuters. Secondo i dati del Governo giapponese, il PIL sarebbe aumentato nel periodo aprile-giugno, passando su base annua dalla previsione precedente di un più 2,6 per cento, ad una previsione di un più 3,8 per cento.
[4] Nel linguaggio economico, la reflazione è una moderata nuova inflazione successiva alla deflazione ed innescata dalla iniezione di una maggior quantità di moneta, e si accompagna solitamente a una ripresa economica.
By mm
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