September 18, 2013, 11:55 am
A decade ago, in the introduction to my collection The Great Unraveling, I argued that the modern Republican party was a “revolutionary power” in the sense once defined by, of all people, Henry Kissinger — a power that no longer accepted any of the norms of politics as usual, that was willing not just to take radical positions but to act in ways that undermined the whole system of governance people thought they understood.
At the time, I got a lot of grief for being so “shrill”. The accepted thing was to criticize both sides equally, to balance each column saying mean things about Republicans with another attacking Democrats, to insist that any signs of a dysfunctional political system rested on equal degrees of intransigence on both sides.
So, now we face the imminent threat of a government shutdown and/or a U.S. government default because Republicans refuse to accept the notion that duly enacted legislation should be allowed to go into effect, and repealed only through constitutional means. Oh, and the cause for which most of the GOP is willing to threaten chaos is the noble endeavor of ensuring that tens of millions of Americans continue to lack essential health care.
Hmm. Maybe I was right? Nah. GOP craziness may now be obvious, but recognizing it too early still brands you as unreliable and partisan.
It’s true that the situation has changed some from 2003. Back then the Republicans were radical but rational: the Bushies exploited the unwillingness of conventional wisdom to recognize the new asymmetry in American politics to push through things they wanted, like tax cuts and a war on false pretenses. These days GOP leaders are weak, apparently helpless in the face of dingbat Jacobins who imagine that sabotage governing can get Obama to undermine his one major achievement.
But the key point is that we are now in insane political terrain. Pundits dove into the Syria affair with an obvious sigh of relief — this sort of thing, with all the bloviation about presidential leadership and so on, was comfortable territory. But for America at least it was very much a side issue; the political confrontation, which now seems almost guaranteed to produce at least a few weeks of chaos, is the central thing.
I nodi vengono al pettine
Dieci anni orsono, nella mia raccolta The Great Unraveling [1], sostenni che l’odierno Partito Repubblicano era una “potere rivoluzionario”, nel senso in cui una volta aveva sostenuto nientemeno che Henry Kissinger – un potere che non accettava più alcuna delle norme della politica consueta, intenzionato non solo ad assumere posizioni radicali ma anche a metterle in atto in modi che mettevano a repentaglio l’intero sistema delle regole di governo che la gente credeva di conoscere.
A quel tempo, mi procurai un bel po’ di dispiaceri per essere così “disturbante”. La regola accettata era quella di criticare entrambe le parti in modo eguale, equilibrare ogni articolo che diceva cose cattive sui repubblicani con un altro che attaccava i democratici, ribadire che tutti i sintomi di inefficienza del sistema politico dipendevano in egual modo dalla intransigenza di entrambi gli schieramenti.
Dunque, adesso noi siamo di fronte alla minaccia imminente di un blocco delle attività di governo e/o di un default del governo americano perché i repubblicani rifiutano di accettare l’idea che ad una legislazione debitamente deliberata dovrebbe essere consentito di entrare in funzione, e di essere abrogata solo attraverso le vie costituzionali. Aggiungete che la causa per la quale gran parte del Partito Repubblicano ha intenzione di minacciare il caos consiste nella nobile impresa di assicurare che a dieci milioni di americani continui a mancare una assistenza sanitaria essenziale.
Mah. Avevo forse ragione io? Niente affatto. Può darsi che oggi sia ovvio riconoscere la follia del Partito Repubblicano, ma riconoscerla troppo precocemente vi comporta il marchio della inaffidabilità e della faziosità.
E’ vero che la situazione è un po’ cambiata dal 2003. Allora i repubblicani erano radicali ma razionali: i Bush sfruttarono la indisponibilità della presunta convenzionale saggezza a riconoscere la nuova asimmetria della politica americana per far approvare le cose che volevano, come gli sgravi fiscali ed una guerra su false premesse. Questi giorni i dirigenti repubblicani sono deboli, in apparenza impotenti di fronte a pazzeschi giacobini [2] che si immaginano che sabotare il Governo possa costringere Obama a mettere a repentaglio uno dei suoi risultati più importanti.
Ma il punto chiave è che siamo su un terreno politico insano. I commentatori si sono tuffati nella vicenda siriana con un evidente sospiro di sollievo – una cosa del genere, con tutto quel pontificare sul ruolo di guida del Presidente e così via, era un territorio confortevole. Ma, almeno dal punto di vista dell’America, era un tema del tutto secondario; lo scontro politico, che ora sembra quasi garantito produrrà almeno alcune settimane di caos, è la cosa centrale.
[1] Una raccolta di saggi ed articoli di Krugman (letteralmente ‘Il grande disfacimento”, tradotto e pubblicato nel 2004 in italiano con il titolo “La deriva americana”, Laterza.
[2] I “pazzeschi giacobini” sono in particolare ampi settori della base repubblicana e degli stessi dirigenti più estremisti di quel partito. “Dingbat” sta per “suonato, stupido, imbecille”; in questo caso, mi pare, con un accento particolare sulla follia e l’insensatezza.
By mm
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