September 12, 2013, 10:28 am
One of the distinguishing features of economic discourse since 2008 has been the remarkably destructive role played by most, though not all, international technocrats. In the face of high unemployment and low inflation, key institutions — the European Commission, the Bank for International Settlements, the OECD — have consistently called for policies that would depress advanced economies even more.
What’s been interesting about these recommendations is that they do not, as you might expect, come from a rigid application of conventional economic models. Conventional models, after all, say that contractionary fiscal policy is contractionary, and should not be undertaken at a time when those adverse effects can’t be offset with looser monetary policy. And for sure, conventional models don’t say that you should raise interest rates in the face of high unemployment and low inflation. Yet somehow people at these institutions decided that tightening both fiscal and monetary policy was the thing to do, making up stories on the fly — I wouldn’t call them models — to justify their demands.
I guess we should just call these people crats, since the techno got thrown out the window and replaced by intuition, or something.
Anyway, the OECD is either the worst or the second-worst offender — the BIS gives it a run for the (tight) money; back in 2010 it was among the most eager pushers of fiscal austerity, even as it also called for a sharp rise in policy interest rates. That didn’t happen, but the austerity did. According to the OECD’s own estimates, the “underlying primary balance” of the eurozone as a whole has gone from significant deficit to significant surplus since 2009, a swing of about 4 percent of GDP. Given what we now know about multipliers, this should have depressed eurozone GDP by at least 5 percent, and probably more, relative to what would have happened without austerity.
And sure enough, the EZ has done very badly, with protracted recession and weak growth even when it’s growing. So what could explain this?
Why, it must be uncertainty, says the chief economist of the OECD. What else could it possibly be?
Incerti all’OCSE
Uno degli aspetti distintivi del dibattito economico a partire dal 2008 è stato il considerevole ruolo distruttivo giocato da gran parte dei tecnocrati internazionali, sebbene non da tutti. A fronte di una elevata disoccupazione e di una inflazione bassa, istituzioni chiave – la Commissione Europea, la Banca Internazionale dei Regolamenti e l’OCSE – si sono costantemente pronunciate per politiche che avrebbero ancor più depresso le economie avanzate.
Quello che è interessante a proposito di queste raccomandazioni è che esse davvero non derivano, come ci si potrebbe aspettare, da una rigida applicazione di modelli economici convenzionali. I modelli convenzionali, dopo tutto, dicono che una politica restrittiva della spesa pubblica è restrittiva, e non dovrebbe essere intrapresa in un periodo nel quale quegli effetti negativi non possono essere bilanciati da una politica monetaria più lassista. E di certo i modelli convenzionali non dicono che si dovrebbero elevare i tassi di interesse a fronte di alta disoccupazione e di bassa inflazione. Tuttavia, in qualche modo le persone di queste istituzioni hanno deciso che una restrizione sia delle politica monetaria che di quella della spesa pubblica erano le cose da fare, inventandosi su due piedi racconti – non vorrei definirli modelli – per giustificare le loro richieste.
Penso che dovremmo proprio chiamarli “burocrati globali” [1], dal momento che buttano la tecnica fuori dalla finestra e la rimpiazzano con le intuizioni, o qualcosa di simile.
In ogni modo, l’OCSE è la peggiore responsabile (o la seconda in graduatoria) – la Banca Internazionale dei Regolamenti gli ha dato una lunghezza per l’aspetto monetario (della restrizione); nel passato 2010 era uno dei più appassionati sostenitori della austerità nelle finanze pubbliche, anche se si era anche pronunciata per un brusca crescita dei tassi di interesse di riferimento. Secondo le stesse stime dell’OCSE, il “bilancio primario sottostante [2]” dell’eurozona nel suo complesso è passato da un significativo deficit ad una significativo avanzo a partire dal 2009, una oscillazione di quasi il 4 per cento del PIL. Dato che ora conosciamo l’effetto dei moltiplicatori, questo avrebbe depresso il PIL dell’eurozona almeno del 5 per cento, e probabilmente di più, in rapporto a quanto sarebbe accaduto senza austerità.
Ed è abbastanza evidente che l’Eurozona ha avuto una pessima prestazione, con una recessione prolungata e con una debole crescita anche ora che sta crescendo. Dunque, cosa potrebbe spiegare tutto questo?
Perché, dice il capo degli economisti dell’OCSE, deve essere l’incertezza. Suvvia, cos’altro potrebbe mai essere?
[1] E’ una delle soluzioni offerte da UrbanDictionary, che più precisamente la definisce come una espressione “proveniente dal linguaggio mondiale della burocrazia, ed indica una persona ossessionata dalle procedure, dai capitoli, mentre tutto intorno le cose non funzionano”. Ma “crat” significa anche più semplicemente “infido e sciocco”, sempre secondo Urban.
[2] Per bilancio primario si intende, proprio su definizione dell’OCSE, l’indebitamento netto di un Governo, esclusi i pagamenti sugli interessi e le passività consolidate.
By mm
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