Blog di Krugman

L’economia depressa dipende tutta dall’austerità (24 settembre 2013)

 

September 24, 2013, 11:48 am

The Depressed Economy Is All About Austerity

Right now the official unemployment rate is 7.3 percent. That’s bad, and many people — myself included — think it understates the true badness of the situation. On the other hand, there are some reasonable people (like Bob Gordon) arguing that at this point, possibly thanks to long-run damage from the Great Recession, “full employment” is now a number north of 6 percent. So there’s considerable uncertainty about just how depressed we are relative to potential.

But we’re clearly still well below potential. And we’ve also had exactly the wrong fiscal policy given that reality plus the zero lower bound on interest rates, with unprecedented austerity. So, how much of our depressed economy can be explained by the bad fiscal policy?

To a first approximation, all of it. By that I mean that to have something that would arguably look like full employment, at this point we wouldn’t need a continuation of actual stimulus; all we’d need is for government spending to have grown normally, instead of shrinking.

Here’s a comparison of two series. One is actual government purchases of goods and services since the Great Recession began (this is at all levels; most of the fall has been state and local, but the Federal government could have prevented that with revenue sharing). The other is what would have happened if those purchases had grown as fast as they did starting in the first quarter of 2001, i.e., in the Bush years.

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As you can see, the gap is large and has been growing rapidly; it’s currently at about 400 billion 2009 dollars, or more than 2 1/2 percent of GDP. Given reasonable multipliers, this suggests that real GDP is somewhere between 3 and 3.75 percent lower than it would have been without the austerity. And given the usual Okun’s Law rule of half a point of unemployment per point of GDP, this in turn says that without the austerity we’d have an unemployment rate well under 6 percent, maybe even under 5.5 percent.

I don’t want to pretend to spurious precision here. Instead, I just want to make the point that given what we know and have learned about macro these past five years — and given the modest recovery that has taken place — we’re now at a point where, to repeat, to a first approximation the depressed state of the economy is entirely due to destructive fiscal policy.

The austerians have a lot to answer for.

 

L’economia depressa dipende tutta dall’austerità

 

In questo momento il tasso di disoccupazione ufficiale è del 7,3 per cento. E’ una cosa negativa, e molte persone – incluso il sottoscritto – pensano che sottovaluti la reale negatività della situazione. D’altra parte ci sono alcune persone ragionevoli (come Bob Gordon [1]) che sostengono che a questo punto, probabilmente grazie al danno provocato dalla Grande Recessione, la “piena occupazione” sia oggi un numero sopra [2] il 6 per cento. Dunque c’è una considerevole incertezza a proposito di quanto siamo depressi in relazione al nostro potenziale.

Ma è chiaro che siamo ancora ben al di sotto del potenziale. Ed abbiamo anche avuto una politica della finanza pubblica esattamente sbagliata, data quella realtà in aggiunta al limite inferiore dello zero nei tassi di interesse, con una austerità senza precedenti. Dunque, quanto della nostra economia depressa può essere spiegato nei termini di una politica della finanza pubblica negativa?

Ad una prima approssimazione, tutto. Con questo io intendo che per avere qualcosa che verosimilmente assomigli alla piena occupazione, a questo punto non avremmo bisogno di una prosecuzione di effettive misure di sostegno; tutto quello di cui abbiamo bisogno è una spesa pubblica che cresca normalmente, invece di restringersi.

Ecco un confronto tra due serie di dati. Una sono gli effettivi acquisti di beni e servizi dal momento in cui è iniziata la Grande Recessione [3] (si tratta di dati a tutti i livelli; gran parte della caduta è stata ai livelli locali e degli Stati, ma il Governo federale avrebbe potuto impedirla con una condivisione delle entrate). L’altra è quello che sarebbe successo se quegli acquisti fossero cresciuti altrettanto velocemente come cominciarono a fare nel primo trimestre del 2001, cioè negli anni di Bush [4].

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Come si può vedere la differenza è ampia ed è venuta crescendo rapidamente; attualmente è attorno a 400 miliardi di dollari del 2009, ovvero più del 2,5 per cento del PIL. Dati dei moltiplicatori [5] ragionevoli, questo suggerisce che il PIL reale sia qualcosa tra il 3 ed il 3,75 per cento più basso di quello che sarebbe stato senza l’austerità. E data la consueta regola della Legge di Okun [6] di mezzo punto di disoccupazione per ogni punto di PIL, questo a sua volta ci dice che senza l’austerità avremmo avuto un tasso di disoccupazione ben al di sotto del 6 per cento, forse persino al di sotto del 5,5 per cento.

Non voglio far finta di possedere una falsa precisione a questo proposito. Voglio soltanto avanzare il concetto che, dato quello che conosciamo ed abbiamo imparato di macroeconomia in questi cinque anni – e data la modesta ripresa che ha preso piede – siamo adesso ad un punto nel quale, lo ripeto, ad una prima approssimazione le condizioni di depressione dell’economia son interamente dovute ad una politica della finanza pubblica distruttiva.

I sostenitori dell’austerità hanno molto di cui rispondere.


 

 

 


[1] Probabilmente si tratta di Robert J. Gordon Stanley G. Harris, docente in Scienze sociali alla  Northwestern University

[2] In effetti “north” può essere utilizzato come equivalente di “above”, cioè nel senso di ‘sopra’, ma sempre in termini geografici (“Oregon is just above California”, ad esempio). Può darsi che talora si usi in senso più generale, anche se non ho trovato conferme.

[3] Ovvero, la crisi iniziata nel 2008.

[4] Dunque, la linea arancione è quella della crescita ipotetica della spesa con i ritmi che ebbe con Bush; quella blu è quella della crescita, o meglio della stasi se non della diminuzione, effettiva.

[5] Vedi a “multiplier” nelle note sulla traduzione.

[6] La Legge di Okun, così chiamata dal nome di chi la propose in una relazione del 1962 – Arthur Melvin Okun – è appunto una osservazione empirica del rapporto tra crescita della disoccupazione e perdite nella produzione di un paese. Okun (1928-1980) fu un economista americano, presiedette la Conferenza dei Consulenti economici del Presidente negli anni 1968/9 (dunque con Nixon), successivamente fu professore a Yale e socio della fondazione Brookings.

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