September 14, 2013, 6:00 pm
Jonathan Chait has a rather discouraging post to the effect that the opponents of austerity have won a decisive intellectual victory, and it has made no difference. Yes, I’d noticed.
Over the course of fall 2012 and spring 2013, the opponents of austerity were vindicated on every intellectual front. Interest rates stayed low despite high debt and deficits (and fell in Europe once the central bank began doing its job as lender of last resort). The evidence became overwhelming that cutting spending and raising taxes in a slump depressed output, and by much more than the IMF had previously assumed. The alleged debt cliff, with growth falling off sharply once debt exceeded 90 percent of GDP, turned out not to exist — and even the mild negative correlation between debt and growth seems to be mainly reverse causation.
But nothing changed in policy — and the austerians may well come out as political winners despite having been wrong about everything. Why?
Well, there are two facts you need to know. One is that economies tend to improve, eventually, even if they’ve been depressed by bad policies. The other is that voters, and to an important extent the chattering classes as well, evaluate politicians not by the absolute level of income, far less by a comparison between how things are with how they should be, but by the recent rate of change.
So in an important sense all the austerians had to do was hang on long enough. Sooner or later there would be an upturn, and they could claim credit.
If you want to see this effect in action, consider the legend of Reaganonomics. This is much-traveled terrain, but I may have something new to contribute: a comparison of what actually happened under Reagan with what the Congressional Budget Office was predicting before he was elected. Back then the CBO only did 5-year projections; still, comparing the CBO’s projections from early 1980 with what actually happened is revealing.
Start with unemployment. CBO knew that a recession was underway, but they didn’t know that a double dip was coming, so they projected substantially lower unemployment than actually happened:
CBO, BLS
What about growth? Again, actual output fell well short of projections in 1982-3, thanks to that double dip. By 1985 the economy was only roughly back on the track CBO expected back in 1980:
CBO, BEA
The one place where the economy in 1985 was significantly better than expected in 1980 was inflation, which CBO expected to be near 8 percent, but was actually below 4 percent. But that was no surprise given the unexpectedly severe slump, which a standard Phillips curve said would reduce inflation, and did.
So a quick summary of what happened during Reagan’s first term is that the U.S. economy experienced a much worse slump than almost anyone expected, then recovered by 1985 roughly to trend, with unemployment still somewhat elevated. On the whole, it was a bad record, with hundreds of billions of potential output wasted and a lot of gratuitous pain for the unemployed.
But that, of course, is not how it played politically. Because output was growing fast and unemployment falling fast in 1984, as the election approached, it was Morning in America! Supply-side economics vindicated, Keynesianism destroyed! And this legend lives on to this day.
Actually, it was kind of a real-world example of Simon Wren-Lewis’s thought experiment of shutting half the economy down — or in this case more like shutting a few percent of the economy down — then starting it up again, and hailing the resulting growth as a policy triumph.
I think we need to face the possibility that something like this may happen in the UK, and maybe even in Europe. But even if it does, the answer is to keep on plugging away at the truth, and remember that the wheel of fortune turns. Remember, it was only 8 years from Morning in America to “It’s the economy, stupid.”
Quando da cattive idee vengono buone cose
Jonathan Chait ha un post piuttosto scoraggiante, nel senso che gli oppositori dell’austerità hanno ottenuto una vittoria intellettuale decisiva, e ciò non ha fatto alcuna differenza. Sì, l’avevo notato.
Nel corso dell’autunno del 2012 e della primavera del 2013 gli oppositori dell’austerità hanno avuto ragione su ogni fronte intellettuale. I tassi di interesse sono rimasti bassi nonostante il debito elevato ed i deficits (e sono caduti in Europa una volta che la banca centrale ha cominciato a fare il suo lavoro come prestatore di ultima istanza). E’ diventata schiacciante la prova che i tagli alla spesa e gli incrementi delle tasse in una crisi deprimono la produzione, e per molto più di quanto il FMI aveva in precedenza considerato. Il preteso precipizio del debito, con un crescita che cadrebbe bruscamente una volta che il debito eccedesse il 90 per cento del PIL, si è scoperto non esistere – e persino una leggera correlazione negativa tra debito e crescita sembra principalmente avere la causa inversa [1].
Ma il politica non è cambiato niente – ed è ben possibile che i filo-austeri emergano come vincitori sul terreno della politica, nonostante abbiano avuto torto dappertutto. Perché?
Ebbene, ci sono due fatti che si devono conoscere. Uno è che le economie tendono a migliorare, alla fine, anche se sono state depresse da politiche negative. L’altra è che gli elettori, e in una importante misura anche i gruppi sociali più attivi sulla scena pubblica [2], valutano i politici non per il livello assoluto del reddito, tanto meno per un confronto tra come le cose sono e come avrebbero potuto essere, ma per la percentuale di cambiamenti più recente.
Dunque, in un senso importante, tutto quello che i filo-austeri dovevano fare era aspettare a sufficienza. Prima o poi ci sarebbe stato un rialzo, ed essi avrebbero potuto vantare credito.
Se volete vedere questo effetto in azione, considerate la leggenda della reaganomics. E’ un terreno molto arato, ma posso contribuire con qualcosa di nuovo: un confronto tra quello che effettivamente accadde sotto Reagan con quello che il Congressional Budget Office aveva pronosticato prima che fosse eletto. A quei tempi il CBO faceva proiezioni per solo cinque anni; eppure il confronto tra le proiezioni del CBO ai primi anni ’80 e quello che effettivamente accadde è rilevante.
Cominciamo con la disoccupazione. Il CBO sapeva che una recessione era in corso, ma non sapevano che era in arrivo una duplice caduta, cosicché in sostanza pronosticarono una disoccupazione più bassa di quella che effettivamente ebbe luogo:
Congressional Budget Office, Bureau of Labor Statistics
Cosa accadde alla crescita? Ancora, la produzione effettiva fu inferiore delle previsioni nel 1982-3, grazie alla doppia caduta recessiva. Con il 1985 l’economia era grosso modo tornata ai livelli che il CBO si aspettava nel 1980:
Congressional Budget Office, Bureau of Economic Analysis
L’unico aspetto per il quale l’economia era significativamente migliore di quello che ci si attendeva nel 1980 era l’inflazione, laddove il CBO si aspettava di arrivare vicino all’8 per cento, mentre in effetti si era sotto il 4 per cento. Ma questa non era una sorpresa, data la caduta inaspettatamente seria, che secondo una normale curva di Phillips avrebbe ridotto l’inflazione, come in effetti fece.
Dunque una rapida sintesi di quello che accadde durante il primo mandato di Reagan è che l’economia statunitense conobbe una crisi peggiore di quella che ognuno si aspettava, poi si riprese con il 1985 grosso modo sino al normale andamento, con una disoccupazione in qualche modo ancora elevata. Nel complesso, fu una prestazione negativa, con centinaia di miliardi di prodotto potenziale sprecati ed un bel po’ di sofferenza gratuita per i disoccupati.
Ma sul piano della politica, ovviamente, le cose giocarono in altro modo. Poiché il prodotto stava crescendo velocemente e la disoccupazione stava calando velocemente nel 1984, quando si approssimarono le elezioni fu il “Buongiorno America!” [3]. L’economia dell’offerta era stata risarcita, il keynesismo era stato distrutto! E questa leggenda è rimasta in vita sino ad oggi.
In sostanza, fu una specie di esempio nella realtà dell’esperimento teorico di Simon Wren-Lewis del chiudere la attività economica per metà dell’economia – o in questo caso chiuderla più precisamente per pochi punti percentuali – per poi ripartire, e salutare la crescita risultante come un trionfo politico.
Penso che ci si debba preparare alla possibilità che qualcosa del genere possa accadere in Inghilterra e forse persino in Europa. Ma se anche accadrà, la risposta è continuare a lavorare intensamente sulla realtà, e ricordare che la ruota della fortuna gira. Si rammenti, ci furono soltanto 8 anni dal “Buongiorno America!” e l’altro felice slogan “E’ l’economia, stupido!” [4]
[1] Ovvero, il debito sarebbe provocato dalla lenta crescita e non il contrario.
[2] Traduzione infinitamente lunga per la arguta e sintetica espressione “chattering classes”, coniata dal giornalista inglese Auberon Waugh (1939/2001), che letteralmente significa “classi chiacchieranti”, e si riferisce ai settori più istruiti ed attivi della classe media metropolitana.
[3] Lo slogan di una fortunatissima rubrica radiofonica di quegli anni di Ronald Reagan.
[4] L’espressione “E’ l’economia, stupido!” viene attribuita a Bill Clinton (anche se effettivamente era stata in precedenza pensata dal suo esperto di comunicazioni James Carville), e, in sostanza, non mi pare che significasse molto di più che una risposta piuttosto diretta ad un suo interlocutore che sollevava qualche obiezione. Divenne però anche il simbolo della campagna elettorale vinta nel 1992 contro Bush padre, che pure aveva, nel 1991, concluso la guerra di invasione dell’Iraq con il consenso della grande maggioranza degli americani. Dalla parte di Clinton giocò la situazione di prevalente recessione nei mesi precedenti alla elezione.
By mm
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