Blog di Krugman

Svogliati alla Fed (15 settembre 2013)

 

September 15, 2013, 9:31 am

Slackers at the Fed

To taper or not to taper, that is the question. Except it’s actually two questions:

1. Are we getting close enough to “full employment” that it’s time to let up on the gas? How much slack is there in the economy, really?

2. To the extent that the economy still needs a boost, are purchases of long-term Treasuries the way to do this?

The answer to question 2 is probably no — but that’s an argument for replacing the current policy with something better, like purchases of MBS and/or stronger forward guidance, not for a taper all by itself, which serves as a sort of forward anti-guidance: it signals, whether the Fed intends this or not, a general shift toward hawkishness.

But what about question 1? The measured unemployment rate is down a lot — in fact, at 7.3 percent it’s almost exactly the same as it was in November 1984, when Ronald Reagan won big on claims of restored prosperity. But most of the fall in unemployment reflects lower labor force participation rather than job growth. Even if we focus on prime-age workers, so as to net out demographic effects, the employment story is highly unimpressive:

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The question is, how much should we look at the employment versus the unemployment numbers, which are telling different stories?

There’s no question that a weak economy tends to reduce labor force participation — people give up active searching for work when there are few jobs to be had. Jared Bernstein offers some clear cross-state evidence. On the other hand, you can make a case that there has been a secular downward trend in labor force participation, even age-adjusted; Gavyn Davies makes this case, and suggests that the unemployment rate may be a better guide than the employment ratio after all.

I can see Davies’s point. Here’s a picture of labor-force participation of prime-age adults since 2000, where I’ve separated pre- and post-crisis, and plotted the pre-crisis trend:

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Looking at a picture like this, you could conclude that labor force participation isn’t all that depressed, after all.

So why don’t I believe it? One reason is that I suspect that the apparent downward trend in participation actually reflects differences in how boomy different booms have been. The US economy in 2000 had really, really full employment — it was an era when labor was so scarce that McDonald’s was actively trying to recruit senior citizens, when the joke was that you could get a job as long as your breath would fog a mirror, that is, as long as you were actually alive. The peak in 2007 was nothing like that. So what looks like a secular downward trend may in large part reflect instead the extent to which the “Bush boom”, such as it was, fell far short of the Clinton boom.

 

Still, there is some legitimate argument here. What I would say, however, is that the Fed needs to balance the risks here. Inflation is well below target — and there’s good reason to believe that the target is too low. There’s also good reason to believe that sustained high unemployment leaves lasting scars on the economy. Why not wait for clear evidence that the economy is really approaching capacity before doing anything that could be interpreted as tightening?

 

Svogliati  alla Fed

 

Stringere o non stringere, questo è il problema. Sennonché  i problemi sono in realtà  due:

1 – Ci stiamo davvero avvicinando alla “piena occupazione”, che è il momento in cui allentare la pressione sull’acceleratore? Quanta fiacca c’è realmente nell’economia?

2 – Nella misura in cui l’economia ha ancora bisogno di una spinta, gli acquisti dei Buoni del Tesoro a lungo termine sono il modo per fare ciò?

La risposta alla domanda n. 2 è probabilmente no – ma questo è un argomento per rimpiazzare la attuale politica con qualcosa di migliore, come gli acquisti di titoli garantiti da ipoteche e/o un più forte annuncio di indirizzo per il futuro [1], niente affatto per una stretta in sé, che funziona come una specie di contro-annuncio di un indirizzo più forte per il futuro: essa segnala, che la Fed lo condivida o meno, uno spostamento generale verso politiche monetarie da ‘falchi’.

Ma che dire della domanda n. 1? Il tasso di disoccupazione accertato è sceso molto – di fatto, al 7,3 per cento esso è quasi esattamente lo stesso che era a novembre del 1984, quando Ronald Reagan vinse alla grande sulla base della pretesa di una prosperità ritrovata. Ma gran parte della caduta nella disoccupazione riflette  un minor tasso di ‘partecipazione’ della forza lavoro [2] piuttosto che una crescita dei posti di lavoro. Persino se ci concentriamo sui lavoratori nella principale età lavorativa [3], in modo da tener fuori gli effetti demografici, il racconto sull’occupazione è del tutto insignificante:

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La domanda è, quanta occupazione dovremmo constatare in rapporto ai dati sulla disoccupazione, che ci stanno raccontando storie diverse?

Non c’è dubbio che un’economia debole tende a ridurre il tasso di partecipazione della forza lavoro – la gente smette di ricercare attivamente lavoro quando ci sono pochi posti di lavoro disponibili. Jared Bernstein offre alcune chiare testimonianze attraverso i vari Stati. D’altra parte, si può fare l’ipotesi di una tendenza secolare al ribasso nei tassi di partecipazione della forza lavoro, anche in quelli corretti in rapporto all’età; Gavyn Davies avanza questa tesi, e suggerisce che dopo tutto il tasso di disoccupazione può fornire un indirizzo migliore di quello sull’occupazione.

Posso comprendere il punto di vista di Davies. Ecco un diagramma sul tasso di partecipazione della forza lavoro nella principale età lavorativa dall’anno 2000, dove io ho separato il periodo precedente e quello successivo alla crisi, ed ho tracciato la tendenza del periodo precedente alla crisi:

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Guardando un diagramma come questo, si potrebbe concludere che il tasso di partecipazione della forza lavoro non sia poi così depresso, dopo tutto [4].

Perché, dunque, non credo in tutto ciò? Una ragione è che ho il sospetto che la apparente tendenza al ribasso nel tasso di partecipazione rifletta differenze su quanto fossero davvero in considerevole crescita diverse fasi di espansione economica. L’economia degli Stati Uniti nel 2000 era per davvero una economia da piena occupazione – era un epoca nella quale la forza lavoro (disponibile) era così scarsa che McDonald’s stava attivamente cercando di assumere cittadini anziani, quando il gioco era che potevate ottenere un posto di lavoro finché potevate appannare uno specchio con un respiro, vale a dire, finché eravate propriamente vivi. Il picco nel 2007 non era niente di simile. Dunque, ciò a cui assomiglia una tendenza secolare al ribasso può in larga parte riflettere la misura in cui il “boom di Bush”, per quello che fu, non fu lontanamente all’altezza del boom di Clinton

Su questo punto, ci sono ancora argomenti validi. Quello che tuttavia vorrei dire è che la Fed in questo caso dovrebbe bilanciare i rischi. L’inflazione è ben al di sotto dell’obbiettivo – e ci sono buone ragioni per credere che l’obbiettivo sia troppo basso. Ci sono anche buone ragioni per credere che un perdurante elevata disoccupazione lasci cicatrici durature nell’economia. Perché non attendere la prova che l’economia si stia effettivamente avvicinando alla sua potenzialità prima di fare qualcosa che potrebbe essere interpretato come restrittivo?



[1] Per “forward guidance” si intende l’indicazione, da parte di una banca centrale, di come saranno modificati i tassi di interesse in futuro. La Bce l’ha introdotta per la prima volta il 4 luglio: con questa svolta, che finora affidava le indicazioni a una sorta di linguaggio in codice per addetti ai lavori, ha reso la comunicazione esplicita, sul modello di quanto fa abitualmente la Federal Reserve. Analoga svolta è arrivata dalla Bank of England …. L’obiettivo delle banche centrali è di indirizzare i tassi di mercato nel momento in cui quelli ufficiali sono già vicini allo zero (Sole 24Ore). .

[2] Il “tasso di partecipazione della forza lavoro” , o anche la “partecipazione della forza lavoro”, misura, secondo la definizione di Investopedia, la ‘porzione attiva’ di una forza lavoro nell’economia di un paese. Esso si riferisce dunque alle persone che sono occupate o che attivamente stanno cercando lavoro. Quando tale dato si abbassa, può dipendere per l’appunto dal fatto che la mancanza di posti di lavoro scoraggia i disoccupati anche dal cercarli.

Preferiamo tradurre con “tasso di partecipazione” anziché “partecipazione della forza lavoro”, perché in italiano dà un’idea più rapida di un concetto connesso con un misurazione economica e non con qualcosa d’altro.

[3] Per “principale età lavorativa” si intende, come si vede nel diagramma, l’età che va dai 25 ai 54 anni.

[4] Nel senso che grosso modo gli anni dal 2008 al 2013 proseguono una tendenza annunciata nel periodo precedente, e visibile nella leggere linea celeste che attraversa l’intero periodo.

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